“Mirmillon”. È il nome in codice dell’operazione militare segreta, pianificata nel settembre 1984, destinata a ribaltare il governo libico di Muammar Gheddafi. A rivelarlo trent’anni dopo durante un incontro pubblico a Parigi è stato Jacques Lanxade, allora membro del Comando della Marina militare per il Mediterraneo, divenuto poi Capo di Stato maggiore del governo socialista di François Mitterrand tra il 1989 e il 1991, ed infine Capo di Stato maggiore dell’esercito tra 1991 e il 1995. Nell’agosto del 1983, la Francia aveva impiegato 3300 soldati nel Ciad, lungo il 15esimo parallelo, per impedire ai ribelli del governo di transizione, appoggiati dai militari di Muammar Gheddafi, di conquistare la capitale N’Djamena e ribaltare il regime di Hisséne Habré, alleato dei francesi e degli statunitensi. Dopo mesi di conflitto indiretto al nord del Ciad, la Francia e la Libia raggiunsero un accordo nel settembre dell’anno successivo che sanciva “l’evacuazione totale e concomitante” delle loro truppe, armi ed equipaggiamenti dal Paese centrafricano, mantenendo segreta la data dei ritiri paralleli. Fu in questo contesto internazionale che l’operazione preventiva “Mirmillon” venne lanciata.
“Mitterand - racconta l’ammiraglio Jacques Lanxade all’autorevole rivista settimanale Jeune Afrique nell’edizione di questa settimana – contava molto sull’esercito, per lui rappresentava un elemento necessario per valere al livello internazionale. Governava in un’epoca dove la Francia aveva un peso maggiore rispetto ad oggi. Il dispiegamento di truppe in Africa o altrove, nel mare ad esempio, aveva il compito di dissuadere gli altri Paesi”. “Non avevamo fiducia in Gheddafi, gli obiettivi della missione dovevano essere la base aerea di Tripoli e le navi da guerra nel porto di Tripoli”, spiega. Ma l’operazione venne messa da parte qualche settimana dopo. “La minaccia libica si è progressivamente allontanata, le nostre paure non furono confermate dai fatti, il governo evacuò le zone come da accordo”, conclude Lanxade. Due mesi dopo a Creta, in presenza e sotto gli auspici del premier greco Andrea Papandreu, Mitterrand e Gheddafi raggiunsero un accodo di pace in Ciad e il miglioramento delle relazioni tra i due Paesi. Eppure l’isolamento del Raìs da parte dell’Occidente si verificò due anni dopo, nel 1986, quando fu ritenuto colpevole, senza nessuna prova, dell’attentato in una discoteca di Berlino. La reazione statunitense arrivò immediatamente: furono bombardate Tripoli e Bengasi con l’obiettivo di colpire Gheddafi che si salvò miracolosamente ma perse la figlia adottiva. Qualche anno dopo si venne a sapere che il Colonnello fu avvertito delle intenzioni del governo americano da Bettino Craxi, allora presidente del Consiglio italiano. La tutela dell’integrità territoriale libica rientrava negli interessi strategici, economici e geopolitici dell’Italia.
L’ex presidente dell’Eliseo Nicolas Sarkozy è così riuscito laddove François Mitterand e Ronald Reagan hanno fallito. Tuttavia ancora oggi paghiamo l’operazione “Odyssey Dawn – Harmattan” (due nomi diversi – il primo angloamericano, il secondo francese – per la stessa missione), diventata poi Unified “Protector” con il cappello Nato. Sembra ieri quando gli aerei “Rafale” e “Mirage 2000” bombardavano le città libiche consegnando la Grande Jamahiriya ai movimenti radicali locali che messi fuori legge da Gheddafi si sono velocemente ricostituiti, beneficiando di un appoggio interno, in Cirenaica e nel Fezzan, quanto esterno.
Tra tutti i gruppi emerge Ansar Al Charia, autore dell’attentato al consolato statunitense a Bengasi dove perse la vita l’ambasciatore Chris Stevens, il quale alleandosi con il Califfo Al Bagdadi nell’ottobre del 2014, si è esteso nell’Est del Paese, da Sirte a Derna passando per Ajdabiya e Bengasi.Così nel grande gioco delle cancellerie occidentali l’Italia è sempre rimasta a guardare, anche quando i piani degli altri andavano contro i nostri interessi. Nel 1984 come nel 2011.
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