La grande opportunità (energetica) dell'Unione Europea si chiama Kazakistan

L'Unione Europea ha soltanto un modo per fronteggiare – e superare – la doppia sfida della crisi energetica e del disaccoppiamento dalla Russia: accelerare la transizione verde e diversificare il portafoglio dei fornitori. Ed è in questo contesto che entra in gioco il Kazakistan.

La grande opportunità (energetica) dell'Unione Europea si chiama Kazakistan

Il più grande terremoto geopolitico del XXI secolo – la guerra in Ucraina – ha scosso il sistema internazionale liberale, destabilizzandone le fondamenta come nessun altro evento era stato in grado di fare sino ad oggi – neanche l'11 settembre –, e sta costringendo potenze di ogni taglia a fare i conti con la crisi delle catene del valore globali, l'inflazione, i contraccolpi della "guerra economica totale" dell'Occidente alla Russia e il progressivo crollo della possibilità del non allineamento.

L'Unione Europea, che insieme agli Stati Uniti sta portando avanti il grosso del "Blocco (inter)continentale 2.0", ha deciso di avventurarsi in una rischiosa missione: il disaccoppiamento multisettoriale dalla Russia. Ed è precisamente in questo contesto, di rottura di equilibri consolidati e di riscrittura di nuovi micro- e macro-ordini, che entra in gioco il Kazakistan. Multinazione che, in virtù della propria posizione geografica e della propria politica estera improntata alla multivettorialità, potrebbe fare la differenza nelle relazioni (e nello scontro) tra UE e Russia.

Stazione centrale dell'Eurasia

Non si può comprendere a fondo la centralità del Kazakistan nelle relazioni internazionali e, più nello specifico, nel quadrante eurasiatico, ignorando la prima legge della geopolitica: la geografia è destino. E il fato del Kazakistan, una volta conseguita l'indipendenza dall'Unione Sovietica, è stato chiaro fin da subito: essere il ponte dell'Eurasia. Un fato che la guerra in Ucraina, qualora la presidenza Tokayev dovesse giocare bene le carte a propria disposizione, potrebbe portare a compimento.Sino ad oggi, valorizzando e capitalizzando sapientemente la geografia, la classe dirigente kazaka è riuscita a non farsi schiacciare dai colossi che la circondano e a muoversi con relativa agevolezza all'interno dei tre più grandi progetti di integrazione che stanno ridisegnando volto e anima del supercontinente: il Consiglio Turco di Ankara, le Nuove Vie della Seta di Pechino e l'Unione Economica Eurasiatica di Mosca. Agevolezza che ha permesso a Nur-Sultan di cristallizzare lo status di potenza-guida dell'Asia centrale postsovietica e di diventare la fermata indispensabile di 11 dei più importanti corridoi traversanti l'Eurasia, ovvero il punto di transito del 70% dell'intero traffico commerciale Cina-UE.

Ucraina, tra opportunità e rischi

Lo scoppio della guerra in Ucraina, che sta inevitabilmente comportando dei mutamenti all'interno degli schieramenti esistenti e in divenire, potrebbe rivelarsi un'opportunità irripetibile e una sfida esiziale per il Kazakistan. Una sfida per via dei disaccordi con Mosca in materia di multivettorialità, che è un altro modo per dire autonomia strategica. Un'opportunità per via dello stesso motivo: aprirsi all'UE oggi apporterebbe tanti benefici al Kazakistan quanti alla Russia, che in esso potrebbe trovare, un domani, un'utile porta sul Vecchio Continente.

Il Kazakistan è il ponte di cui UE e Russia hanno bisogno per perseguire le loro agende – commerciali, continentali, energetiche –, una cosa di la cui presidenza Tokayev ha piena cognizione e che, con elevata probabilità, proverà a capitalizzare con un obiettivo: massimizzazione del profitto ottenibile dalle opportunità sbloccate dalla guerra in Ucraina.

La Russia abbisogna del Kazakistan per mantenere in piedi l'UEE, di cui esso è una colonna portante, e creare nuovi corridoi terrestri attraverso i quali inviare i propri prodotti nel Sud globale. L'UE può trovare in una cooperazione più stretta col Kazakistan un palliativo con cui drenare (in parte) l'emorragia energetica, poiché trattasi di un paese ai vertici della classifica dei maggiori produttori-esportatori di gas naturale – 24esimo –, petrolio – 11esimo –, carbone – ottavo –, uranio – primo – e altre risorse strategiche – come le terre rare. E il Kazakistan, infine, non può e non vuole fare a meno né dell'una né dell'altra, perché altrimenti verrebbe meno lo status di ponte e tutto ciò che ne consegue – dalla sicurezza ai profitti.

Nella risorgente era della sovranità limitata e dei blocchi contrapposti, un déjà-vu di guerrafreddesca memoria, al Kazakistan spetterà l'onere-onore (non semplice) di dimostrare che è e sarà ancora possibile portare avanti la multivettorialità e

l'equilibrismo pragmatico. Una sfida da cui dipendono il futuro politico di Tokayev e della sua visione sul "Nuovo Kazakistan", il ruolo dell'Asia centrale nel Grande Gioco 2.0 e, non meno importante, le relazioni UE-Russia.

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