I militari sulla Piazza rossa. E Putin svela i motivi della guerra

A Mosca la parata del 9 maggio. Salta la parte aerea a causa delle condizioni meteo. Putin: "L'orrore della guerra globale non deve ripetersi"

I militari sulla Piazza rossa. E Putin svela i motivi della guerra

La sera dell'8 maggio del 1945, Berlino è ridotta a un cumulo di macerie. I carriarmati sovietici sono riusciti, dopo mesi di piombo e fuoco, ad entrare nella capitale del Reich. Adolf Hitler non c'è più. Si è ammazzato la settimana prima, il 30 aprile, nel suo bunker. La sera di quell'8 maggio (il 9, secondo il fuso orario di Mosca), la Germania firma la capitolazione. È la fine. Non solo di un conflitto che ha insanguinato il mondo, ma anche di una ideologia, quella nazionalsocialista, che ha condotto l'Europa alla distruzione e portato l'orrore all'umanità.

Il 22 giugno del 1945, il maresciallo Georgy Zukov, per celebrare la vittoria (a lui era stata affidata l'operazione militare per sconfiggere i nazisti), conduce dei cavalli bianchi sulla Piazza rossa. Iosip Stalin apprezza. È l'inizio di un rito. I soldati della Nkvd sfilano davanti al mausoleo di Lenin, dove depongono le bandiere della Wermacht catturate in battaglia.

Zukov alla Parata della vittoria

"Era uno spettacolo indescrivibile. Non c'era nessuno nella piazza che non avesse le lacrime agli occhi", scrive il fotografo Yevgeny Khaldei sul suo diario. La parata della vittoria venne celebrata nel 1965, nel 1985 e nel 1990. Poi l'Urss sparisce. Al suo posto, la Federazione russa che fa del 9 maggio una data da celebrare ogni anno.

Il discorso di Putin

"Cari cittadini, russi, cari veterani, soldati, marinai, sergenti, maggiori, sottotententi e marescialli, rivolgo i miei auguri per il giorno della grande vittoria in difesa della Patria". Inzia così il discorso del presidente Vladimir Putin. "Con questi profondi sentimenti di patriottismo, i nostri compatrioti hanno lottato a Leningrado, Mosca, Sebastopoli. Proprio come oggi. Voi combattete per la sicurezza della nostra patria". Storia e attualità si mischiano subito nelle parole del leader russo. "Il 9 maggio del 1945 è una data che rimane nella nostra storia di popolo unito. I cari di tutti noi erano al fronte. In questo giorno, i nipoti e i pronipoti tengono vicino le foto di coloro che hanno combattuto contro i nazisti e dei veterani che ci hanno lasciati. Siamo orgogliosi delle nostre lontane generazioni e ringraziamo coloro che hanno sconfitto il nazismo e sono riusciti a vincere".

Dopo il quadro storico, Putin cerca di spiegare i motivi che lo hanno condotto a ordinare l'"operazione speciale", ovvero la guerra, contro l'Ucraina: "La Russia ha sempre fatto in modo che esistesse un sistema di sicurezza uguale e indivisibile. Lo scorso dicembre abbiamo cercato di aprire un dialogo sincero per trovare delle soluzioni di compromesso. Gli altri Paesi non hanno voluto ascoltarci. Avevano altri piani. Volevano distruggere le nostre terre. Kiev ha parlato della possibilità di prendere le armi nucleari. Era una minaccia inaccettabile. Tutto diceva che lo scontro con i seguaci di Bandera (politico e militare ucraino che collaborò con i nazisti, Ndr) non poteva essere evitato. La Nato ha fornito armi pericolose. La Russia si trovava potenzialmente sotto una aggressione. Era necessario prendere una decisione unica ed inevitabile. L'Occidente preparava l'invasione dei nostri territori". Ma assicura: "L'orrore della guerra globale non deve ripetersi".

Putin, questa è la versione del Cremlino, sarebbe stato spinto ad agire perché sotto pressione. "Gli Usa, dopo lo smembramento dell'Urss, hanno umiliato tutti i loro satelliti. Ma noi siamo un altro Paese. La Russia ha un altro carattere. Abbiamo valori che sono esistiti per secoli e che si è tentato di eliminare. Oggi, nel Donbass, le forze armate russe stanno lottando per il loro territorio, proprio nel luogo dove i nostri eroi della guerra patriottica hanno combattuto. Voi state lottando per la patria e per il suo futuro affinché nel mondo non ci sia più posto per il nazismo. Noi chiniamo il capo di fronte a tutti i combattenti che hanno perso la vita per difendere la Russia. Chiedo un minuto di silenzio. Cari compagni, la morte di ogni compagno rappresenta una perdita. Garantiamo un supporto particolare ai bambini e ai soldati feriti. Auguro loro di guarire presto. Ora qui, sulla Piazza rossa, soldati e ufficiali di molte regioni della nostra vasta Patria sono spalla a spalla, compresi quelli che sono arrivati direttamente dal Donbass, dalla zona di combattimento. Hanno provato a distruggerci, ma non ci sono riusciti".

Presente Kirill, assente Gerasimov

In celebrazioni come questa, non contano solo le presenze (scontata quella del patriarca Kirill, che ha sposato la linea del Cremlino sulla guerra in Ucraina), ma anche (e soprattutto) le assenze. Alla parata, infatti, non si è visto il generale Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore delle forze armate russe. La sua assenza rafforza i rumors di fonte ucraina, impossibili da verificare, che lo danno per ferito in un attacco, compiuto il primo maggio scorso, nell'area di Izyum. Il New York Times, però, fornisce una versione alternativa: al momento del raid, Gerasimov non si trovava più all'interno dello stabile colpito dagli ucraini perché già in viaggio verso Mosca.

La bandiera rossa a Kherson

Nella storia russa, seppur macchiata di sangue ed eccidi (si pensi allo sterminio della famiglia Romanov, consumato nella notte tra il 16 e il 17 luglio del 1918), non ci sono fratture. È un continuum. La falce e il martello si affiancano alle nostalgie imperiali. È quello che è successo a Kherson, nell'area ucraina occupata dalle truppe di Mosca.

Nella città fondata nel 1778 da Caterina la Grande, infatti, sono stati ripristinati i simboli imperiali ed è stato annunciato che sulla bandiera dell'oblast tornerà l'aquila bicipite. Nella stessa città, come testimonia un video diffuso sui social, diverse persone hanno sventolato la bandiera rossa dell'Urss.

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