I riscatti sono un business: così l'Ue finanzia Al Qaida

Dal 2008 a oggi versati nelle casse dei gruppi dell’estremismo islamico almeno 125 milioni di dollari, 66 milioni solo nel 2013

I riscatti sono un business: così l'Ue finanzia Al Qaida

Il business dei riscatti è diventata la principale fonte di sostentamento di al Qaida. E le responsabilità maggiori sono dell’Europa che finisce così per finanziare involontariamente il terrore. È pesante l’accusa che arriva dagli Stati Uniti dove un'inchiesta del New York Times svela quello che le cancellerie del Vecchio Continente continuano a negare: dal 2008 a oggi quasi tutti i principali governi europei (ma anche il Canada e alcuni Paesi del Golfo Persico) per liberare gli ostaggi rapiti dai terroristi hanno versato nelle casse dei gruppi dell’estremismo islamico almeno 125 milioni di dollari, di cui 66 milioni lo scorso anno. Ma la cifra probabilmente è molto più elevata. Questo nonostante gli Stati Uniti e il Regno Unito abbiano più volte invitato i propri alleati, anche in seno al G8, ad abbandonare tale approccio.

"I riscatti sono oramai la principale entrata nel bilancio dei gruppi legati ad al Qaida in Yemen e in Nord Africa, e una fondamentale risorsa per sostenere i gruppi jahdisti in Siria ed in Iraq", denuncia il sottosegretario al Tesoro americano con delega al terrorismo, David Cohen. Insomma, se il Califfato può comprare armi, mezzi e attrezzature militari lo deve anche e soprattutto ai soldi arrivati dai riscatti pagati dai Paesi occidentali. Un circolo vizioso che per Washington andrebbe assolutamente spezzato. Quello che emerge dalle decine di interviste realizzate dal Times a ex ostaggi, ex mediatori ed ex 007 occidentali e mediorientali è un quadro allarmante. Se nel 2003 l’ammontare di un riscatto era in media di 200mila dollari ad ostaggio, oggi si è giunti a cifre ben più elevate: 5 milioni di dollari in media per liberare una persona rapita di Nord Africa, con punte fino a 10 milioni di dollari. Un affare per molti: per i gruppi criminali, a cui i vertici jahdisti appaltano i rapimenti per non mettere a rischio i propri guerriglieri, e per i mediatori a cui normalmente va un 10% di commissione su ogni riscatto pagato. Ecco perchè non conviene più a nessuno eliminare gli ostaggi, a differenza di una decina di anni fa, quando spesso i rapimenti finivano con uccisioni brutali postate su internet.

Sulla propaganda prevale oramai la necessità di ottenere sempre più denaro. E dal Mali allo Yemen, dalla Siria all’Iraq, passando per la Somalia, tutti i gruppi dell’estremismo islamico seguono ormai un protocollo comune sul fronte dei rapimenti, coordinando i loro sforzi. "Degli almeno 125 milioni di dollari pagati in sei anni soprattutto dalle cancellerie europee - spiega ancora il New York Times - 91,5 milioni sono andati ai gruppi di al Qaida del Maghreb, 5,1 milioni a quelli del Shabab, e 29,9 milioni a quelli della Penisola Arabica".

Tra i Paesi "pagatori" in testa c’è la Francia con 58,1 milioni, seguita da Qatar e Oman (20,4 milioni), Svizzera (12,4 milioni), Spagna (11 milioni) e Austria (3,2 milioni). Nel caso della liberazione di un ostaggio italiano e due spagnoli nel 2011 e 2012, costata complessivamente circa 10,8 milioni di dollari, non è stato invece possibile determinare chi abbia versato la somma.

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