I vescovi Usa con i figli dei clandestini: "Decisione di Trump inaccettabile e riprovevole"

Dopo l'annuncio dell'abrogazione del Daca i vescovi statunitensi tendono la mano ai "dreamers". La decisione di Trump? "Inaccettabile e riprovevole"

I vescovi Usa con i figli dei clandestini: "Decisione di Trump inaccettabile e riprovevole"

Sono scesi in piazza a New York, Washington, Miami, Los Angeles. Hanno sfilato dalla East alla West Coast con le lacrime agli occhi, rivendicando di aver contribuito anche loro a rendere l’America “great”, grande. “Non si possono deportare gli ideali”, scrivono sui cartelloni esposti sotto la Trump Tower. Loro sono i “dreamers”, i figli degli immigrati entrati illegalmente negli Stati Uniti. Quelli arrivati in America, la terra promessa per i loro genitori, quando erano solo dei bambini. Ieri, il presidente, Donald Trump, ha abrogato il Deferred action for childhood arrivals (Daca), il programma pensato per loro da Barack Obama, che prevedeva la concessione di un permesso di soggiorno biennale, rinnovabile per motivi di studio o di lavoro.

Prima viene “la sicurezza per i lavoratori americani e per le loro famiglie”, ha spiegato ieri il presidente americano, perché “anche i giovani americani hanno sogni”. Così, il sogno americano di 780mila dreamers si è trasformato in un incubo. E al fianco di quegli ex bimbi figli di immigrati, ormai diventati adulti, si sono schierati i vescovi statunitensi con una dichiarazione congiunta firmata dal presidente della Conferenza episcopale americana Daniel Di Nardo, dall'arcivescovo di Los Angeles, José Horacio Gomez, dal presidente della commissione delle Migrazioni Joe Vásquez e da monsignor Joseph Tyson, presidente della sottocommissione per la Cura pastorale dei migranti. È una condanna durissima, quella della Chiesa statunitense, che definisce "indebita” la cancellazione del programma di protezione dei figli degli immigrati irregolari”. La decisione di Trump, secondo i vescovi Usa, “provoca paure inutili nei giovani e nelle famiglie e non riconosce il contributo alla società statunitense dato da questi ragazzi che continuano a lavorare e a servire il Paese anche attraverso il servizio militare".

“Una decisione inaccettabile e riprovevole, un passo indietro nel progresso del Paese, un'azione che mostra assenza di misericordia e una visione ristretta del futuro", scrivono i rappresentanti della Conferenza episcopale americana. Quanto annunciato ieri dal ministro della giustizia, Jeff Session, continuano i presuli nella dichiarazione citata dall’agenzia Sir, “non riflette chi siamo come americani". I “dreamers”, sottolineano i vescovi, sono a tutti gli effetti “giovani americani”. Giovani “intrecciati al tessuto della nostra Chiesa e della nostra società”, che, precisano i rappresentanti del clero statunitense, “non hanno ricevuto aiuti governativi o status giuridici particolari ma semplicemente sono stati autorizzati temporaneamente a lavorare e studiare negli Usa, rinunciando in tal modo alla deportazione”.

Ed è proprio questo, scrivono i vescovi, che ora va evitato. L'auspicio della Chiesa locale è quindi che il Congresso possa trovare una soluzione che scongiuri il rimpatrio di circa 780mila studenti e lavoratori entro marzo 2018, data in cui decadranno i benefici del programma.

E mentre i deputati statunitensi si preparano a mettere a punto una nuova legislazione in materia, la Chiesa degli Stati Uniti tende una mano ai giovani colpiti dalla decisione di Trump, annunciando la propria disponibilità a supportarli "qualunque sia il loro stato di immigrazione".

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