Entro qualche giorno, in Indonesia, ogni rapporto sessuale consumato fuori dal matrimonio potrebbe essere classificato come un "crimine". Anzi, per la precisione, ogni forma di "relazione sessuale" tra due persone. Secondo quanto riportato da Repubblica, la nuova proposta di legge è destinata ad andare al voto tra circa una settimana e le probabilità che passi sono tante. Preoccupati i tanti esponenti di associazioni a difesa dei diritti umani, allarmati che le modifiche al vecchio codice penale (risalente al periodo coloniale) ne cambino la struttura. Che, nonostante i limiti, tendeva a salvaguardare alcune libertà messe in discussione.
Reato e pena
Il reato, infatti, punibile con il carcere o con delle multe in denaro, riguarderebbe il sesso consensuale e tutti i cittadini, compresi i turisti. Anche se per gli stranieri che andranno a visitare il Paese a maggioranza musulmana e faranno sesso senza essere sposati, le autorità hanno promesso di riservare un trattamento di favore, a condizione che però non si venga a sapere del rapporto sessuale. Secondo uno studio dell'Ong Institute for Criminal Justice Reform, negli "adulteri conclamati" risulterebbero anche tanti giovani e ragazzi adolescenti, il 40% dei quali "è impegnato in attività sessuali prematrimoniali". Senza contare, poi, la comunità omosessuale, a cui è vietata ogni forma di unione matrimoniale. Per i trasgressori che "vivono insieme (o agiscono) come marito e moglie" la pena potrebbe essere il carcere fino a sei mesi o una multa "massima" di 10 milioni di rupie, che corrispondono a 700 euro e a tre mesi di stipendio medio di un indonesiano.
Chi controlla le coppie
Le denunce contro le coppie potrebbero partire sia dai familiari più stretti, ma anche dal capo del villaggio, il cosiddetto "banjar", il quale sovrintende su poche case fin dai tempi precoloniali, o un "kelat", responsabile del territorio sul modello del sistema di Giava. Sebbene il loro status risulti il più basso tra i ranghi dell'amministrazione pubblica, l'influenza di questi capi è destinata, con il nuovo ordinamento, a crescere notevolmente: a loro, infatti, vengono affidate maggiori libertà di introdurre punizioni specifiche e tradizionali per chi viola le "leggi consuetudinarie" non contemplate dal codice penale.
L'obbligo dell'hijab
Tra i 400 regolamenti locali considerati dagli attivisti contrari alla libertà d'espressione e ai diritti civili, c'è l'uso obbligatorio dell'hijab, il velo islamico per le donne, e il divieto assoluto di avere rapporti omosessuali (punibile con carcere e fustigazione, come avviene a Banda Aceh dove, di recente, alle donne viene impedito di cenare insieme ad altri uomini che non siano padri, fratelli o mariti).
Detenzione per le donne che hanno abortito
Tra le novità delle nuove norme penali, anche una detenezione "massima" di quattro anni per le donne che hanno interrotto la gravidanza (tranne in casi di emergenza medica). Rischia sei mesi di carcere per "promozione non autorizzata di strumenti di aborto" chi prescrive o propaganda, a voce e per iscritto, la contraccezione tra i minorenni. Nasir Djamil, politico del Partito per la "Giustizia e prosperità", per giustificare questa ondata di restrizioni ha dichiarato: "Lo Stato deve proteggere i cittadini da comportamenti contrari ai supremi precetti di Dio".
Violati i diritti (di tutti)
Per Andreas Harsono, di Human Rights Watch,
"l'attuale disegno di legge contiene articoli che violeranno i diritti delle donne, delle minoranze religiose e delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, nonché la libertà di parola e associazione".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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