Dopo aver consultato gli ultimi sondaggi Benjamin Netanyahu ha offerto un ministero importante, quello delle finanze, al rivale Moshe Khalon, fuoriuscito del Likud per fondare il partito (centrista) Kulanu. Una mossa in extremis per cercare di risollevarsi, visto che a due giorni dal voto i sondaggi per il primo ministro sono tuttaltro che buoni. Isaac Herzog con il suo "Campo sionista" punta a sfondare nell'elettorato moderato e liberal, congelando gli insediamenti e ricucendo lo strappo con Obama. Qualcuno lo chiama già l'uomo qualunque, un politico "normale" che, alleandosi con l'ex pupilla di Sharon, Tzipi Livni, con un ticket di centrosinistra può conquistare il paese. "Se toccherà a me formare il governo, Kahlon farà parte della coalizione e a prescindere dal numero dei seggi che avrà otterrà il ministero delle Finanze", ha detto Netanyahu alla radio israeliana. Khalon ha subito detto di no, parlando di "manovra pre elettorale". Ma i sondaggi cosa dicono? L’Unione Sionista di Herzog e Livni dovrebbe conquistare tra 24 e 26 seggi alla Knesset, mentre il Likud di Netanyahu ne avrà 20-22 e Kulanu 10. Il partito di Khalon, in una situazione in cui nessuno avrebbe la maggioranza per governare, potrebbe rivelarsi l’ago della bilancia.
La destra è in seria difficoltà. Stasera a Tel Aviv, in Piazza Rabin, grande raduno del Likud in sostegno della "Terra d’Israele e per la vittoria elettorale delle forze nazionali". Si spinge forte sull'acceleratore del nazionalismo. Lo slogan, come anticipato dla ministro Israel Katz, è questo: "Non possiamo restare a casa!". La scorsa settimana l’ex capo del Mossad, Meir Dagan, sullo stesso luogo ha radunato oltre 30 mila simpatizzanti di centrosinistra, attaccando duramente Netanyahu, accusato di essere un pericolo. La carta di Netanyahu è speculare: se dovessero vincere Herzog e Livni Israele tornerebbe pericolosamente vulnerabile su due punti essenziali: l’Iran e i negoziati con i palestinesi.
All'Huffington Post Tzipi Livni dice che la propria coalizione ha tradotto in ebraico le parole di Obama, speranza e cambiamento: "Credo che noi sappiamo come lavorare meglio con la comunità internazionale nel prevenire che l’Iran ottenga le armi nucleari. E questo significa parlare in maniera profonda con gli Usa. Questo è qualcosa che noi possiamo fare e che invece Netanyahu non può, lui che ha portato ai livelli più bassi le nostre relazioni con l’America e il presidente Obama".
Netanyahu punta tutto sulla sicurezza, cercando di non prestare troppa attenzione all'economia tuttaltro che rosea, anche se il premier promette il risanamento dei conti pubblici. Parola d'ordine: rassicurare. Da qui l'idea del Bibi-sitter nei manifesti e negli spot, l'uomo giusto a cui affidare i bambini, totalmente diverso da Livni: "Preferite sia lei a badare ai vostri figli? Tra due ore sarebbe da un'altra parte...". La frase cerca di rafforzare l'idea che la leader centrista sia inaffidabile.
L'uomo che può mandare a casa il premier, come dicevamo, è Herzog. Cinquantacinque anni, figlio del sesto presidente della Repubblica e membro di una famiglia aristocratica e molto rispettata, è chiamato il "piccolo Kennedy". A dispetto del carattere mite e riservato, ha fatto parte di un importante reparto di elite dell'intelligence israeliana, l'Unità 8200. Quattro volte ministro, da due anni leader dell'opposizione di HaAvoda, il partito che fu di Moshè Dayan, Golda Meir, Yitzhak Rabin e Shimon Peres, alla Knesset dispone di un'esigua forza (15 deputati), una piccola barchetta rispetto al grande vascello che un tempo avevano i laburisti. Però, grazie all'alleanza con Tzipi Livni (che uscendo da Kadima, di Sharon, nel 2012 a fondato un suo partito (HaTnuah), punta ad attirare il voto dei moderati. E il progetto piace anche fuori da Israele. I palestinesi mettono le mani avanti dicendo che non si fanno troppe illusioni. Moustafa Barghouti (Olp) da Ramallah sottolinea che Herzog e Livni hanno lo stesso progetto coloniale sionista del Likud. Anche se tra gli obiettivi di "Campo sionista" c'è l'immediato congelamento degli insediamenti. I palestinesi da parte loro sperano nel miglior risultato possibile per la terza forza, la Lista araba unita, guidata da Ayman Odeh. Stando ai sonbdaggi potrebbe ottenere almeno 13 seggi. Se così fosse potrebbe essere ago della bilancia. Odeh, avvocato 41enne, non vuol scoprire troppo le carte: dice di puntare in alto, al 20%, e nega che la sua lista sia l'alleato naturale dei laburisti. Al limite potrebbe mettersi a bordo campo e, in caso di bisogno, far pesare i suoi voti, con un appoggio esterno a un governo di minoranza.
Novità importante: i seggi della Knesset (120) sono distribuiti con un sistema proporzionale. Quest'anno, per la prima volta, è prevista una soglia di sbarramento del 3,25%. Rischia di non farcela Avigdor Lieberman, leader del partito di estrema destra Israel Beitenu. Il paradosso è che proprio lui aveva ideato e spinto per l'inserimento della soglia, per lasciare a casa i tanti gruppi filo arabi. Ma questi ultimi almeno stavolta si sono presentati insieme, mettendo insieme ben quattro formazioni sotto la guida di Odeh.
Bibi-sitter riuscirà a rassicurare i genitori israeliani? Lui, che in un video autoironico si presenta come l'unico adulto tra ministri bambini, martedi si gioca il tutto per tutto. La partita, anche se in salita, è ancora aperta. Nel 1996 Shimon Peres era in vantaggio, secondo tutti i sondaggi, ma alla fine perse. A vincere fu proprio Netanyahu. Questa volta è difficile che arrivi primo, ma mettendo insieme Likud, ultradestra e partiti religiosi, potrebbe portare a casa oltre 50 seggi.
A quel punto gli basterebbe un accordo con uno solo dei partiti centristi ex alleati e il gioco (di prestigio) sarebbe fatto. Tornerebbe di nuovo al centro della politica israeliana, per di più risultando come il più "moderato" della coalizione.
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