L'abc della cucina mongola

Venite ad assaporare il gusto selvaggio del cibo e della cucina di un popolo libero

L'abc della cucina mongola

L’ Ode alla prateria di Chile, canto folcloristico risalente al periodo delle Dinastie del Nord, recita: “sotto le montagne di Yinshan ecco la prateria di Chile. Sopra la terra è appeso il cielo come un’enorme yurta. Il cielo è azzurro e la prateria sconfinata, quando l’erba si inchina al vento, cavalli e pecore appaiono ai tuoi occhi. Il cielo è terso, le nuvole bianche e lunghe, mucche e greggi sull’erba verde e le yurte sparse…”. La visione grandiosa evocata da questo canto popolare si tramanda da secoli e porta alla mente lo splendido paesaggio della prateria mongola, il cui fascino attrae viaggiatori da tutto il mondo. La cucina tipica delle praterie della Mongolia interna è ricca di piatti semplici e rustici proprio come il carattere del suo popolo: le pietanze non sono in genere abbellite da elementi decorativi ma il sapore è unico grazie al particolare ambiente naturale.

I segreti della cucina mongola

Nel tempo si è sviluppata una scuola di cucina tradizionale mongola, estremamente affascinante, all’interno della più ampia cultura culinaria cinese. “Bicchieri d’oro e argento riempiti fino all’orlo; mani protese sopra la testa. Chaomi, tè col latte e Shoubarou, oggi beviamo a volontà…”, questa canzone di brindisi, con la quale l’etnia mongola suole accogliere gli ospiti, incarna perfettamente la cultura culinaria di questa terra. Il croccante e dolce Chaomi (miglio saltato in padella col burro), lo squisito tè col latte e la celeberrima Shoubarou (letteralmente “carne che si mangia con le mani”) sono i piatti più noti della cucina tradizionale mongola, rappresentati rispettivamente dai colori giallo, bianco e rosso.

GIALLO COME IL CHAOMI

Di Chaomi esistono molti tipi ma solo quello preparato col miglio bollito - a fuoco lento fino a metà cottura e poi saltato in padella - è l’autentico, tanto amato dal popolo mongolo. Il chaomi è croccante e dolce e viene cucinato in una infinità di modi, ad esempio mescolato con burro, tè al latte, zucchero di canna, formaggio e altri ingredienti. In passato il chaomi, facile da trasportare e conservare, era il cibo prediletto dai pastori nomadi, costretti a continui spostamenti tra i pascoli con pecore e buoi. Ancora oggi questo piatto, dopo aver nutrito il popolo mongolo per generazioni, detiene un posto speciale all’interno della gastronomia mongola.

BIANCO COME IL TÈ COL LATTE

Tra le vaste praterie del nord della Cina i pastori dell’etnia mongola custodiscono gelosamente la ricetta di una delle bevande più deliziose del paese: il Tè col latte della prateria, padre di tutti i diversi tipi di tè al latte. Per prepararlo si mescolano scaglie di “tè-mattone” (tè pressato a formare una sorta di mattonella) con del buon latte fresco e con acqua, a cui si aggiungono un pizzico di sale, pezzi di montone essiccato, chaomi, formaggio e burro. Con questo squisito tè al latte i pastori mongoli iniziano e terminano ogni giornata trascorsa nella vasta prateria.
Componenti fondamentali dell’alimentazione del popolo mongolo sono il tè col latte, il tofu di latte e l’urum (“scaglie di latte” ottenute dalla bollitura e successiva essiccazione del latte vaccino): questi latticini forniscono il necessario apporto di vitamine e minerali in sostituzione di frutta e verdura, così scarse nella prateria. Il latte fermentato, molto nutriente, è la principale fonte di nutrimento dei pastori e, in particolare durante i freddi inverni nelle praterie del Nord, i latticini caldi contribuiscono a riscaldare corpo e cuore del cordiale popolo mongolo.

ROSSO COME IL SHOUBAROU

Lo Shoubarou, letteralmente “carne mangiata con le mani”, è piatto tradizionale millenario dell’etnia mongola ed è chiamato così perché, come è facile intuire, va mangiato rigorosamente con le mani. Lo shoubarou è il piatto preferito dei pastori e immancabile pietanza con la quale accogliere gli ospiti. Lo shoubarou si prepara tagliando la carne di montone in tanti pezzi con l’osso, cotti nel loro stesso sugo senza l’aggiunta di sale o spezie: la carne è deliziosa e succulenta. Il popolo mongolo ha l’abitudine di consumare questo piatto tenendo in una mano il coltello tradizionale e nell’altra un pezzo di carne: dopo aver tagliato la carne in piccoli pezzi e averla separata con gran perizia dall’osso, viene presa a mani nude, intinta prima in un trito d’aglio e poi nella salsa di soia e infine mangiata in un sol boccone. Grande è la passione del popolo mongolo per la carne mangiata con le mani e per il liquore bevuto in grandi ciotole: il carattere verace e quasi primitivo della cucina della Mongolia Interna si esprime così, pienamente. La cucina mongola è tra le migliori espressioni della gastronomia del Nord della Cina e mantiene un forte colore locale che la differenzia dall’arte culinaria delle civiltà contadine. Grazie ai suoi piatti tipici, il popolo mongolo ha mantenuto un fisico sano e possente e un temperamento libero e fiero. Oltre allo Shoubarou un altro piatto “rosso” allieta le tavole della prateria: il cosciotto d’agnello arrosto.

COSCIOTTO D’AGNELLO ARROSTO

È un altro delizioso piatto le cui radici risalgono al periodo delle campagne militari di Gengis Khan - il Gran Khan dell’Impero Mongolo - ed è anch’esso spesso utilizzato dai pastori per accogliere gli ospiti. Nasce come evoluzione della ricetta del già noto montone intero arrosto: durante il processo di cottura, grazie all’aggiunta di una grande varietà di spezie, il cosciotto assume uno splendido colore dorato ed il suo profumo di arrosto un po’ selvatico stuzzica l’appetito molto prima di averlo assaporato. La pelle croccante che ricopre la carne tenera e succulenta fa del cosciotto di montone arrosto uno dei piatti più apprezzati della cucina mongola.

CARNE ESSICCATA

La verde prateria, ricca di erba e corsi d’acqua, è l’ambiente ideale per pascolare e allevare in modo naturale bovini e ovini. I pastori che vivono in questi luoghi si tramandano da generazioni le tecniche utilizzate per essiccare la carne di manzo.

La migliore carne bovina viene lasciata congelare all’aperto per lungo tempo durante i freddi inverni della prateria e infine appesa in ambienti ventilati per 4-5 mesi: questo processo permette allacarne di perdere liquidi e grassi in eccesso, di assumere la tipica consistenza lievemente croccante e di mantenere la sua tipica ricca fragranza.

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