L’Argentina si prepara al voto per eleggere il nuovo presidente che, in ogni caso, sarà un italiano. Ed in ogni caso il peronismo sarà, ancora una volta, determinante. In corsa, per il primo turno di domenica, ci sono Daniel Scioli, Mauricio Macri e Sergio Massa. Il primo – che guida il Frente para la victoria – è il favorito ed è il candidato ufficiale dei peronisti, l’uomo destinato a proseguire la politica interna ed estera di Nestor Kirchner prima e della moglie Cristina Fernandez Kirchner dopo. Ma visto che fidarsi è bene e non fidarsi è meglio, anche a Buneos Aires, Cristina ha imposto come eventuale vicepresidente (in caso di vittoria) il fedelissimo Carlo Zannini.
Sempre in nome della fiducia limitata, Cristina ha fatto varare dal Parlamento una legge che impedisce di vendere azioni delle aziende pubbliche o nazionalizzate senza il consenso dei due terzi del Congresso. Onde evitare il ripetersi della disastrosa politica economica di Menem, corruzione compresa.
Il principale avversario di Scioli dovrebbe essere Macri, alla guida di Cambiemos. Espressione degli ambienti ultra liberisti e filo statunitensi, è appoggiato dalla borghesia di Buenos Aires e dai grandi editori argentini. Negli ultimi tempi, però, i sondaggi lo hanno dato in calo e Macri è corso ai ripari, allentando il programma di privatizzazioni e di riforme del mercato del lavoro. E tanto per chiarire che, in Argentina, si deve comunque essere peronisti, è andato a Cordoba ad inaugurare un monumento dedicato a Juan Domingo Peron.
Ed arriva dalle fila del peronismo anche il terzo candidato con possibilità di successo, Sergio Massa, a capo della coalizione Unidos por una nueva alternativa. Massa era il delfino della Kirchner ma si era poi allontanato per fondare il Frente Renovador. Si è caratterizzato per un notevole trasformismo, passando dall’ala più conservatrice e liberista del peronismo a quella più progressista della famiglia Kirchner. Rimanendo, tra un cambio e l’altro, all’interno del movimento. E ancora oggi dichiara che il suo partito rientra nell’alveo del grande fiume peronista. “Todos peronistas”, aveva d’altronde affermato il general Peron a proposito della situazione politica argentina. Un partito che vede al suo interno posizioni estremamente variegate, sia in politica interna sia per quella estera.
Ma se Scioli non dovesse farcela al primo turno, il rischio per lui è che Macri e Scioli possano allearsi in vista del ballottaggio del 22 novembre. I sondaggi assegnano a Scioli tra il 35 ed il 40% dei voti, contro il 25-30% di Macri ed il 21-26% di Massa. Per vincere al primo turno serve almeno il 45% dei suffragi, oppure il 40% ma con almeno 10 punti di vantaggio sul secondo candidato.
Alessandro Grandi
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