Il Libano è al buio. Un blackout sta interessando il Paese dei cedri e la situazione non sembra destinata a migliorare nelle prossime ore. Infatti a causare l'interruzione di elettricità è stata la chiusura delle due principali centrali libanesi, quella di Al Zahrani e quella di Deir Amar. Entrambe sono rimaste a secco di carburante, risorsa sempre più rara nel Libano di oggi. Riattivare la linea a questo punto, hanno dichiarato fonti ufficiali alla Reuters, è un'impresa molto difficile e che potrebbe richiedere diversi giorni.
Libano senza carburante
Il Paese con il blackout odierno sta scontando un'altra delle conseguenze indirette della tremenda esplosione che il 4 agosto 2020 ha reso inagibile il porto della capitale Beirut. Da allora l'approvvigionamento via mare delle principali materie prime è diventato sempre più complesso. Di carburante in Libano se n'è iniziato a vedere sempre di meno, fino alla penuria drammatica degli ultimi mesi.
Già da settimane l'allarme per la tenuta della linea nazionale elettrica era stato lanciato. Non è un caso che negli ultimi mesi buona parte dei libanesi ha avuto luce nelle proprie case grazie ai generatori a diesel. L'erogazione dell'energia da parte della rete nazionale mediamente, soprattutto dall'estate appena trascorsa, durava non più di due ore al giorno. Fino al totale blackout odierno.
Adesso il problema è che il carburante sta iniziando a scarseggiare anche per i generatori, i cui prezzi sono alle stelle vista l'alta domanda e l'offerta sempre più assottigliata. Da Beirut a Tiro, passando per Sidone, Tripoli e le altre principali città, tutto il territorio libanese è alle prese con la mancanza di luce ed energia elettrica.
Una situazione destinata a pesare come un macigno nella già disastrata economia. Dal 2019 infatti il Libano è sull'orlo del collasso economico. Le banche hanno iniziato ad erogare sempre meno soldi, le famiglie hanno perso buona parte del loro potere di acquisto, i prezzi dei beni di prima necessità sono schizzati alle stelle. La pandemia ha poi acuito il disastro. Il governo ha visto ridimensionarsi anche le riserve dello Stato e così ha dovuto tagliare su molte spese. A un certo punto sono mancati i soldi per pagare i fornitori di energia dall'estero.
L'esplosione del porto ha fatto il resto. Oggi le autorità locali sono alla ricerca di fonti di approvvigionamento di carburante. Mentre per strada la gente prova ad accaparrarsi quanto possibile tra i generi di prima necessità per non rimanere a secco anche di cibo.
Un problema anche politico
Il Libano ha un disperato bisogno di soldi. Per questo si è arrivati al varo di un nuovo governo, entrato in funzione il 10 settembre scorso e guidato dal magnate Najib Mikati. Non proprio una persona gradita dalla folla che da due anni a intermittenza scende per le strade di Beirut per protestare contro il fallimento dell'attuale classe dirigente. Tuttavia il suo esecutivo ha il compito di riavere credibilità internazionale e, soprattutto, introitare svariati miliardi di Dollari di prestiti dal Fondo Monetario Internazionale.
Impresa non semplice. A Mikati sono state richieste riforme corpose dell'economia libanese e il premier deve anche vedersela con le divisioni settarie e politiche interne. La questione della mancanza di carburante, già prima del blackout, era un delicato tema politico. Hezbollah, il partito sciita filo iraniano, ha finanziato l'arrivo proprio dall'Iran di una petroliera per sopperire alla penuria di carburante.
Una mossa guardata con sospetto dagli Usa e
giudicata, da molti attori interni, come il tentativo della formazione sciita di guadagnare consensi nell'attuale delicata fase. Intanto però il Libano è a secco e milioni di abitanti per giorni non avranno erogato alcun servizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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