L'ambasciatore libico a Roma e altri cinque fra funzionari e consulenti delle sedi diplomatiche di Tripoli in Italia e nella Santa Sede sono stati sospesi dall'incarico per presunti danni all'erario.
La notizia curiosamente è arrivata via Facebook dalla Ragioneria di Stato libica che con un decreto del presidente dell'organismo equivalente alla nostra autorità anticorruzione accusa alcuni funzionari di alto e medio rango di aver "assunto comportamenti che hanno arrecato un danno consistente all'erario pubblico".
Nel mirino sono finiti l'ambasciatore a Roma Ahmad al Mabruk Safar e altri funzionari impiegati all'ambasciata nella Città del Vaticano e al consolato di Milano. In particolare nella poco onorevole lista vi sarebbero anche l'incaricato d'affari Mukhtar Saleh Salem Mahmud e il revisore dei conti dell'ufficio meneghino, Mahmud Miftah al Tarhuni.
L'ambasciatore di Roma, però, non ha incassato passivamente e anzi è passato al contrattacco, parlando di "manovre politiche per screditare potenzial candidati per assumere cariche politiche nel contesto del dialogo patrocinato dalle Nazioni Unite per formare un nuovo governo secondo la road map di Ghassan Salamè", l'inviato dell'Onu in Libia.
In effetti quello che è certo è che il corpo diplomatico e la classe politica libica sono stati attraversati recentemente da più di uno scandalo relativo di corruzione: a maggio 13 ambasciatori erano stati sostituiti negli uffici di mezzo mondo, sia pure con accuse assai meno gravi di quelle rivolte ai diplomatici di stanza nello Stivale.
Secondo la stampa del Paese
nordafricano negli ultimi anni il corpo diplomatico libico si è "arricchito" di personaggi senza un curriculum all'altezza ma fedeli a questa o a quella consorteria politica, piazzati nei posti di potere a seconda delle convenienze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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