Il ruolo centrale del Kazakistan: così ha messo in contatto Vaticano e Pechino

Nel dietro le quinte del palcoscenico di Astana, tetto della settima edizione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, dove gli addetti ai lavori del Papa e di Xi hanno discusso della rivoluzione geopolitica più ambiziosa del secolo: l'asse Vaticano-Pechino.

Il ruolo centrale del Kazakistan: così ha messo in contatto Vaticano e Pechino

La settima edizione dell'evento ecumenico più importante del pianeta, il Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, si è conclusa nel pomeriggio del 15 settembre. Si è trattato di una due-giorni intensa, già entrata nella storia – i capi dei tre giganti abramitici (cattolicesimo, ebraismo, islam sunnita) seduti allo stesso tavolo –, che ha trasformato Astana nella capitale del mondo per quarantotto ore e che costituirà ulteriore medaglia da aggiungere alla (vasta) collezione della diplomazia kazaka.

Ma non è il Congresso l'unico grande evento che ha avuto luogo tra il 14 e il 15 settembre. Negli stessi giorni, invero, nella capitale kazaka si trovava Xi Jinping, il presidente della Repubblica Popolare Cinese, nella sua prima visita all'estero da due anni e mezzo. Visita che potrebbe incidere sulla traiettoria di futuri eventi e aumentare ulteriormente la centralità del Kazakistan nel grande scacchiere globale.

Nessuna alternativa ad Astana

Xi avrebbe potuto cominciare l'atteso tour dell'Asia centrale da Samarcanda, centro nevralgico dell'antica Via della seta e sede dei lavori dell'ultimo vertice dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai nel cui contesto, peraltro, ha avuto in agenda una bilaterale con Vladimir Putin. L'agenda di Samarcanda era fitta, importante, ma Xi le ha preferito una curiosa toccata e fuga ad Astana. E i perché sono diversi.

Dal palcoscenico della capitale kazaka, tornata a chiamarsi Astana alla vigilia del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, Xi ha voluto inviare dei messaggi indicativi del peso rivestito dal paese all'interno dell'agenda estera di Pechino. La Cina, ha detto Xi, supporta e difende "l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza" del Kazakistan e "si oppone categoricamente alle interferenze di qualsiasi forza" nei suoi affari interni. Destinatario ignoto, perché non nominato, eppure intuibile.

La cordialità ha permeato il fugace incontro tra Xi e Kassym-Jomart Tokayev, che hanno conversato in cinese mandarino e fatto il punto delle relazioni bilaterali. Relazioni alle quali la Cina "presta grande attenzione", perciò il monito con destinatario ignoto di Xi, e che hanno (molto) a che fare con la geografia. Perché il Kazakistan, in virtù della propria posizione geostrategica, è una fermata imprescindibile e indispensabile della Belt and Road Initiative – ben 11 le rotte terrestri Cina-Europa che lo attraversano. Così come per la Russia, invece, è la colonna portante che sorregge l'intero impianto dell'Unione Economica Eurasiatica. Avere un rapporto di buon vicinato con Astana, in sintesi, è fondamentale per chiunque aneli a contare in Eurasia.

Un incontro col Papa?

Le voci di corridoio vogliono che Xi abbia insistito per una breve sosta ad Astana per ragioni di diplomazia segreta. Spiegato altrimenti: avrebbe incontrato il pontefice. Perfetto il contesto – il neutrale Kazakistan. E ideali le tempistiche – le trattative per il rinnovo dell'accordo sulla nomina dei vescovi.

Regola non scritta del codice inesistente della diplomazia segreta è che gli incontri di questo genere restino avvolti dall'ombra per molto tempo, a meno che una gola profonda non squarci il velo d'omertà. Perciò, se anche fosse vero che Xi e papa Francesco si sono visti, non se ne troverebbe conferma da nessuna parte. Soltanto delle briciole da seguire. E due briciole, ad Astana, sembra che siano state lasciate. Il 14, durante la prima giornata di lavori del Congresso, il Papa dedicava un passaggio del suo sermone a quel che resta delle ideologie atee, invitando coloro che continuano a farsi loro portavoce ad abbandonarle "nei libri di storia". Un chiaro messaggio, tra gli altri, a Xi.

La mattina del 15, mentre Xi si recava a Samarcanda e il Papa si preparava per la chiusura del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali, la portavoce del ministero degli esteri della Repubblica Popolare Cinese, Mao Ning, comunicava di aver preso atto del desiderio pontificio di un viaggio apostolico in Cina. Aggiungendo che le due potenze "mantengono e salvaguardano un continuo dialogo e cooperano per un costante miglioramento delle relazioni". Una briciola grossa come una mollica.

Se il disgelo definitivo tra Vaticano e Pechino dovesse avere luogo, e si sta procedendo lentamente verso quella direzione, la settima edizione del Congresso delle religioni mondiali e tradizionali potrebbe essere ricordata, oltre che per i traguardi numerici e simbolici, come la fermata fondamentale nel lungo percorso per la materializzazione del progetto

geopolitico (e georeligioso) del secolo: l'asse tra Papato e Impero celeste nel nome della transizione multipolare. E come il compimento di un destino, preconizzato da Giovanni Paolo II, del Kazakistan quale "terra di incontro".

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