L'irruzione nella stanza, poi kalashnikov puntati e urla: terrore per l’inviata Rai

Gruppo di militari ucraini ha fatto irruzione nelle stanze della troupe Rai nel Donbass: temevano che tra loro si nascondessero i russi

L'irruzione nella stanza, poi kalashnikov puntati e urla: terrore per l’inviata Rai

La guerra è guerra e chiunque può essere un nemico sotto mentite spoglie. Solo partendo da questo presupposto si può provare a spiegare quanto è accaduto alla troupe Rai di Stefania Battistini, in questi giorni a Dnipro, in Ucraina. Poco prima che la giornalista si collegasse con "Uno mattina" per fornire aggiornamenti in diretta sulla notte appena conclusa, un gruppo di uomini ha fatto irruzione nella stanza d'albergo in cui soggiornano. A raccontare il tutto è stata proprio Stefania Battistini, al termine della perquisizione. Durante il collegamento si vede la giornalista che, su cenno di un militare, passa davanti alla telecamera con le mani in alto. Poi di lei non hanno più notizie.

Alcuni degli uomini che hanno fatto irruzione nella stanza d'hotel erano in divisa blu, quella della polizia, altri invece indossavano una mimetica. Erano tutti armati fino ai denti e per tutto il tempo che sono rimasti all'interno della stanza d'albergo della troupe Rai, come raccontato dall'inviata, hanno tenuto puntati sui giornalisti i loro kalashnikov e le pistole. Urlavano frasi in russo incomprensibili per il gruppo Rai. I due cameramen, a furia di spintoni, sono stati costretti a sdraiarsi sul pavimento in posizione tale da non poter rappresentare un pericolo per i militari, mentre questi puntavano le armi contro le loro nuche. Trattamento simile è stato riservato agli altri due operatori che si trovavano nella stanza accanto, che ancora scalzi sono stati trascinati sotto la minaccia delle armi.

Ovviamente, durante l'operazione sono stati perquisiti e sono stati loro sequestrati i telefoni cellulari, che sono stati controllati e tenuti sotto custodia dai militari, che hanno così impedito alla troupe di effettuare telefonate. L'incomunicabilità è stata alla base dei rapporti durante la prima mezz'ora, finché non è intervenuto un altro militare, probabilmente un ufficiale, con un po' di dimestichezza di inglese. Da quanto hanno potuto intuire i giornalisti, i militari hanno ricevuto una segnalazione da parte dell'hotel circa persone soggette che rientravano in hotel solo al momento del coprifuoco. La paura che il gruppo potesse essere formato da spie russe ha spinto qualche lavoratore dell'albergo alla segnalazione.

"La paura per agenti russi infiltrati, il rischio che qualcuno organizzi attentati alle spalle della linea del fronte...

Qui c’è guerra, metà della popolazione combatte, l’altra metà cerca di aiutare, come ha fatto chi, in buona fede, ha pensato di denunciarci", ha poi spiegato la giornalista, che ha aggiunto: "Alla fine la cosa che conta è che si sia tutto chiarito. Hanno fotografato i documenti e restituito le attrezzature. Si sono anche scusati. Possiamo continuare a lavorare".

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