No, non stiamo parlando delle trame romane del Russiagate e del misterioso Joseph Mifsud ma di teorie, ad oggi prive di fondamento, che incolpano l'Italia accusandola di aver interferito nelle recenti elezioni americane a favore di Joe Biden. Come riporta Il Messaggero, mentre a Washington Dc si stanno radunando i supporter di Donald Trump, su Twitter spopola l'hashtag #ItalyDidIt, ovvero: l'Italia ha cospirato contro Trump. A divulgare questa teoria è stato l'ex agente della Cia, Bradley Johnson, secondo il quale l'Italia sarebbe direttamente responsabile dell'hackeraggio dei dati durante il conteggio dei voti negli Stati Uniti. Secondo Johnson il luogo dove si sarebbe compiuto il misfatto è l'ambasciata americana a Roma, in via Veneto (per la verità già al centro delle cronache del Russiagate-Spygate). Secondo altre teorie più bizzarre, un'altra prova del coinvolgimento dell'Italia nel grande complotto contro il tycoon sarebbe il recente hackeraggio ai danni di Leonardo.
Secondo la versione di Bradley Johnson un gruppo d’assalto delle forze speciali dell'esercito americano avrebbe dato vita ad un vero e proprio blitz nel tentativo di recuperare i server che custodiscono la prova inconfutabile dell’hackeraggio: dati hackerati da Francoforte, in Germania, che poi sarebbero stati trasmessi a Roma, proprio all’ambasciata americana di via Veneto. Come riportato lo scorso 2 dicembre da InsideOver, l’accusa contro il nostro Paese era stata avanzata dal team legale di Donald Trump, secondo cui anche Roma sarebbe potenzialmente coinvolta nei presunti brogli denunciati dal partito repubblicano che avrebbero consentito a Joe Biden di vincere le ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti.
Come spiegava La Verità, la pista investigativa che riguarderebbe il nostro Paese sarebbe concernente parte del presunto switch elettorale, cioè del meccanismo per spostare voti manipolando i risultati, che sarebbe stata pensata (forse sin dalla primavera scorsa) e poi realizzata anche dall’Italia, attraverso una triangolazione tra un officiale statunitense operante presso l’ambasciata Usa a Roma (ipotesi che, se confermata, non rimarrebbe ovviamente priva di conseguenze), figure militari di altissimo livello, e la collaborazione tecnica di una società italiana nel settore della difesa. Tutto sarebbe avvenuto attraverso quella che viene chiamata una military encryption, quindi codici e crittografie militari per proteggere certe operazioni e renderle difficilmente decodificabilii.
Su Youtube, l’avvocato di Trump ed ex sindaco di New York Rudy Giuliani ha illustrato nelle scorse settimane – a suo dire – il funzionamento di Dominion. Quest’ultima società, afferma Giuliani, “ha un contratto con una compagnia chiamata Smartmatic, che ha sede a Francoforte, in Germania e a Barcelona, Spagna. E quando i voti vengono conteggiati vengono dunque inviati, la maggior parte di essi, a Francoforte. Questi software sono particolarmente vulnerabili agli hacker aggi ed estremamente vulnerabili da manipolare”. Smartmatic, afferma l’ex primo cittadino della Grande Mela, “è una compagnia che ha le sue origini intorno al 2004 circa, 2005. È stata fondata da due venezuelani molto vicini al dittatore Chavez.
Ed è stata fondata con l’obiettivo specifico di essere in grado di commettere brogli nelle elezioni”. Ad oggi va comunque precisato che del presunto coinvolgimento del nostro Paese nelle elezioni Usa non c'è alcuna prova.
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