In questi giorni, l’ex candidata democratica alla Casa Bianca Hillary Clinton è divenuta oggetto di un’indagine ufficiale da parte del dipartimento di Giustizia Usa, in quanto accusata di avere ricevuto aiuti da un Paese straniero: l’Ucraina.
Secondo William Barr, procuratore generale federale, l’aiuto straniero alla Clinton sarebbe stato concesso in occasione delle ultime presidenziali americane e si sarebbe concretizzato in un sostegno economico e propagandistico. Gli accertamenti disposti dal dipartimento in questione avrebbero già fatto emergere, a detta di Barr, “diverse prove” dei legami tra i “servizi segreti” del Paese est-europeo e l’entourage dell’esponente liberal.
In primo luogo, stando alle ultime dichiarazioni del procuratore generale, sarebbero state rinvenute dagli inquirenti tracce di finanziamenti erogati nel 2016 direttamente dalle autorità ucraine a vantaggio della campagna presidenziale della candidata dem. I funzionari di Washington sarebbero infatti entrati recentemente in possesso di documenti attestanti un “significativo esborso” deciso in quell’anno dai servizi di sicurezza della nazione slava verso i conti correnti della Clinton e di numerosi suoi strateghi elettorali. Barr però, nelle sue ultime interviste ai media statunitensi, non ha precisato l’ammontare di denaro erogato complessivamente da Kiev a beneficio dell’ex first lady, puntualizzando che gli accertamenti sulle relazioni tra quest’ultima e le autorità ucraine sarebbero ancora “alla fase embrionale”.
Il rappresentante dell’amministrazione Trump ha comunque affermato che le indagini, pur essendo appena iniziate, avrebbero portato alla luce anche le prove di una “macchina del fango” allestita dall’intelligence dello Stato est-europeo per infamare Donald Trump. In base alle rivelazioni fornite in questi giorni alla stampa da Barr, l’intelligence dello Stato est-europeo, sempre nel 2016, avrebbe infatti confezionato dei “finti dossier compromettenti” sul tycoon e li avrebbe allora inviati allo staff della Clinton e ai network americani di sinistra per aiutarli a montare un’aggressiva propaganda diffamatoria contro il magnate. Alla base dei molti scandali rinfacciati a Trump dalla leadership e dai media “progressisti” durante le ultime presidenziali vi sarebbe, di conseguenza, esclusivamente lo zampino dei servizi di sicurezza ucraini.
Il procuratore generale, dopo avere fornito agli organi di informazione alcuni dettagli di quanto è finora emerso dalle indagini sulla Clinton, ha azzardato un’ipotesi sui motivi dell’attivismo anti-Trump delle autorità del Paese slavo. Secondo Barr, il sostegno dato da tale nazione nel 2016 alla candidata democratica sarebbe stato diretto a impedire a Trump di imprimere alla politica estera americana una linea filo-Putin, intesa a legittimare le aspirazioni territoriali russe in Ucraina.
Il titolare del dipartimento di Giustizia federale ha quindi dichiarato che le indagini a carico dell’ex first lady sarebbero partite in seguito a sollecitazioni da parte dell’ambasciatore americano a Kiev, Marie Yovanovitch, e da parte del procuratore generale anticorruzione ucraino, Yuriy Lutsenko.
Le rivelazioni fornite da Barr ai media Usa sono state subito rilanciate dall’inquilino della Casa Bianca.
Trump, in una recente intervista a Fox News, ha infatti denunciato la presenza di “prove gravi e inequivocabili” alla base dello “scandalo Ukrainegate” da poco abbattutosi sulla Clinton. Egli ha poi bollato come “disgustoso” il contributo finanziario e propagandistico messo in campo nel 2016 dal Paese est-europeo a sostegno dell’esponente liberal.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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