Un'altra esecuzione pubblica. Una donna è stata "giustiziata" in piazza a La Mecca, con sentenza eseguita tramite decapitazione.
Laila Bint Abdul Muttalib Basim, una donna birmana residente in Arabia Saudita, è stata condannata a morte per abusi sessuali ed omicidio della propria figliastra. L'esecuzione, che ha suscitato le proteste delle associazioni per i diritti umani, è stata particolarmente brutale: la donna è stata trascinata in strada e costretta a terra da quattro agenti di polizia e quindi decapitata con una spada.
Inoltre, per rendere ancora più dolorosa la morte, alla donna sono stati negati gli analgesici, somministrati invece a diversi condannati a morte. Un video dell'esecuzione è stato postato su Internet, venendo però rimosso poco dopo.
Nel regno saudita il numero di esecuzioni è in continuo aumento. Nelle prime due settimane, racconta The Eye of Middle East, di quest'anno sono già quindici. Nel 2014 sono state 87, quattordici in più dell'anno precedente.
Nel frattempo continua la pena di Raif Badawi, il blogger condannato a mille frustate per aver accusato - ma in circostanze ancora non chiare - un'università saudita di
vicinanza con Al Qaeda. Cinquanta frustate ogni venerdì, per altre diciotto settimane.In Arabia Saudita è prevista la pena di morte per crimini come omicidio, adulterio, rapina a mano armata e violenza sessuale.
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