Tunisia, il ministro in lacrime: "Il coronavirus potrebbe dilagare"

Allarme in Tunisia, in diretta nazionale il ministro della salute si commuove e lancia un appello ai cittadini per rispettare le distanze di sicurezza

Tunisia, il ministro in lacrime: "Il coronavirus potrebbe dilagare"

Lacrime in diretta tv ed un appello che sa più quasi di implorazione ai propri cittadini affinché si attengano alle disposizioni anti Covid: è accaduto nella serata di ieri in Tunisia, dove il ministro della salute Abdellatif Mekki ha denunciato pubblicamente il mancato rispetto da parte di alcuni cittadini delle regole volte al contenimento del coronavirus.

Da qui le lacrime, mentre il rappresentante del governo spiegava come senza la collaborazione dei cittadini l’epidemia potrebbe dilagare ed avere effetti catastrofici nel Paese nordafricano: “La mancanza di collaborazione dei cittadini con le autorità renderà vani i nostri sforzi per isolare il virus”, ha dichiarato commosso Mekki.

Il pianto in diretta televisiva ha ben fatto intuire quella che è l’attuale tensione in Tunisia e tra i tunisini: qui le notizie provenienti dall’Italia arrivano più velocemente che altrove, e non solo per un fatto di vicinanza geografica, il timore è che quanto visto nel nostro Paese possa verificarsi anche da queste parti. E tutti hanno più o meno presente l’arretratezza del sistema sanitario locale e le difficoltà che, soprattutto nelle province più remote, affrontano quotidianamente gli ospedali.

Dallo scorso 19 marzo, il governo ha messo in campo diverse iniziative volte al contenimento del virus, a partire dalla chiusura di locali, negozi e bar. Nei giorni successivi, è stato imposto anche il coprifuoco dalle 18:00 alle 6:00 del mattino.

Forse però, a giudicare anche dall’appello molto sentito del ministro Mekki, non tutti stanno rispettando queste normative: “Se si continua così – ha dichiarato il titolare del dicastero della salute – la situazione potrebbe diventare fuori controllo”.

Attualmente in Tunisia i casi di coronavirus registrati sono 625, con 23 decessi ufficialmente dichiarati. Ma c’è chi è convinto di come in realtà i contagiati siano molti di più, con il Paese che deve necessariamente rispettare in maniera rigida il contenimento per evitare che il virus si propaghi.

Nessuna regione tunisina si salverebbe: a Tunisi, come nelle altre città e così come anche nelle zone più remote, gli ospedali non reggerebbero il carico di decine di ricoverati per problemi respiratori causati dal Covid-19.

E la situazione non può non interessare anche l’Italia: il nostro Paese, che in questo momento sta assistendo ad una positiva discesa del numero dei contagi e che ha superato oramai la fase del picco, dovrà fra qualche settimana affrontare la cosiddetta “fase 2” e stare attenuto soprattutto ai contagi di ritorno. Ossia, alla possibilità che l’infezione venga portata da persone che arrivano da quelle nazioni dove invece il contagio è ancora nella sua fase di crescita esponenziale.

La Tunisia è molto vicina all’Italia e, soprattutto, proprio da questo Paese sono arrivati gli ultimi migranti approdati lungo le nostre coste. Lunedì sera ad esempio, sono sbarcati 36 migranti a Lampedusa, a metà marzo complessivamente più di 150. Tutti sono arrivati con dei barconi partiti dalla Tunisia.

In caso di esplosione dell’epidemia, paventata dallo stesso ministro della salute, il pericolo per l’Italia sarebbe ben evidente, con

decine di migranti potenzialmente contagiati in territorio tunisino che verrebbero a contatto con i nostri militari e soccorritori e con, sotto il profilo logistico, la difficoltà di trovare luoghi adatti alla quarantena.

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