Gli attacchi della notte scorsa a Parigi - che hanno causato la morte di oltre cento persone e il ferimento di quasi duecento - più che dei veri e propri attentati, sembrano azioni di guerriglia. Un modus operandi che è molto simile a quello condotto dai miliziani del Califfo e che sta insanguinando da tempo la Siria e l’Irak.
La guerriglia è nata dall’esigenza di non poter sostenere uno scontro in campo aperto contro un nemico più forte e militarmente meglio organizzato. Una condotta militare che ricorda la strategia dei ghazi, un termine di radice araba che indica quei combattenti che storicamente facevano rapide incursioni in territorio ostile.
Più azioni di disturbo fatte da piccole unità mobili che hanno lo scopo di destabilizzare e creare il caos. Proprio come successo ieri sera poco dopo le nove a Parigi. Gli attacchi, infatti, hanno colpito quasi contemporaneamente diversi luoghi affollati, mandando in tilt le autorità francesi, che sono state costrette ad operare in diverse zone nello stesso momento.
Il primo attacco è avvenuto allo Stade de France, nella periferia della capitale francese, allontanando così la polizia dalle azioni avvenute poco dopo. I killer hanno usato fucili d’assalto Kalashnikov, pistole e ordigni esplosivi, ma si sono fatti esplodere solo alla fine, quando ormai stava intervenendo la polizia per catturarli. Il risultato è stato una carneficina di persone innocenti.
Questo tipo di azioni sono facili da attuare. Ma hanno comunque bisogno di essere ben organizzate e coordinate. E, soprattutto, hanno bisogno di una adeguata preparazione militare. Quella che i centinaia di foreign fighter rientrati in Europa dal fronte siriano ed iracheno, sicuramente hanno. Ed è proprio questo il pericolo più grande.
Un pericolo che i servizi di sicurezza francesi ben conoscevano. A fine ottobre, France Info ha rivelato - dopo essere riuscita a visionare una relazione confidenziale dei servizi segreti francesi - della concreta possibilità di attacchi multipli. Ma c’è di più. Secondo il rapporto la nuova strategia sarebbe stata quella di far agire persone provenienti da altri Paesi europei.
Estremisti islamici francesi che fanno azioni terroristiche in Germania o in Italia, mentre quelli tedeschi in Francia o in Inghilterra. La strategia è abbastanza chiara: un cittadino francese che è recentemente tornato dalla Siria o dall’Irak e vuol compiere un attentato in Francia rischia di essere individuato molto più facilmente perché monitorato dai servizi d’intelligence. Ma se lo fa in Germania o in Belgio? Il rischio è sicuramente più basso.
Il controllo da parte degli 007 di un altro Paese è minore, anche perché la condivisione di informazioni tra i servizi di sicurezza europei sembra essere molto limitata.Quest’Europa distratta continua a fare errori. E l’Isis sta scommettendo proprio su questo.
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