Tra ricchezza e fatalismo nella Russia di Putin

Bellezza e malinconia si intrecciano tra le cupole di San Basilio, in un Paese che soffre ancora di una certa alienazione figlia degli anni del comunismo

Tra ricchezza e fatalismo nella Russia di Putin

Le cupole di San Basilio si attorcigliano su se stesse come meringhe dai colori ipnotici e folli. L'esterno è tipicamente russo, l'interno, con i suoi giochi geometri tipici delle moschee è profondamente centro-asiatico. Lo stacco con il cielo grigio metallico non potrebbe essere più netto. Attorno la neve ricopre i marciapiedi della Piazza Rossa. A pochi passi da dove riposano Stalin e Lenin, svettano le torri e le chiese di quello che da secoli è uno dei massimi centri di potere della Russia.

Il Cremlino nacque come fortificazione sul fiume Moscova nel 1156. Nei secoli fu ricostruito moltissime volte, dagli edifici in legno si passò ai magnifici palazzi costruiti dagli architetti italiani Aristotele Fioravanti, Marco Ruffo e Pietro Antonio Solari, che seppero fondere lo stile russo con le innovazioni del rinascimento italiano. Il cielo grigio crea un'atmosfera un po' malinconica, o forse è la Russia a esserlo. Difficile capirlo, sicuramente il paese, dalla forte cultura cristiana ortodossa e che per primo portò al potere il comunismo, sembra ben lontano dai sogni di uguaglianza e felicità.

Mosca è una splendida città, nelle zone centrali basta notare il parco macchine per intuire la ricchezza che gira, eppure qualcosa non convince del tutto. Non che nella capitale si vedano particolari segni di povertà, ma e' sufficiente andare in un ristorante nelle zone chic per accorgersi di come i prezzi siano del tutto insostenibili in un paese dove lo stipendio medio spesso non supera i 700 euro.

Nelle vie del centro quasi tutte le autovetture valgono due o tre anni di salario di un russo, solo scendendo nella magnifica metropolitana sovietica si incontra davvero il popolo. Non ha un aspetto povero, ma anche in questo caso rimane profonda l'impressione di qualcosa di sfuggente. Il popolo sottoterra, nella cornice trionfale della metropolitana, i ricchi nel mondo di sopra con la macchina guidata dall'autista. I due mondi sembrano sfiorarsi, ma non toccarsi. Ognuno sta al suo posto. Non si vede povertà, ma un certo fatalismo. I russi accolgono le decisioni del potere o della burocrazia con rassegnazione. Non sembrano un popolo triste, così come triste non e' la città. La malinconia non è priva di una certa dose di bellezza e vitalità.

San Basilio non è l'unica chiesa del Cremlino, all'interno delle mura le cupole d'oro di molti altri edifici di culto svettano verso il cielo invernale metallico. La cattedrale dell'Arcangelo, luogo in cui vennero seppelliti moltissimi degli zar russi, con i suoi conchiglioni rinascimentali bianchi sulla facciata, è certamente una delle più belle. Le sue mura custodiscono le tombe di Ivan il Grande e di Ivan il Terribile Meditando di fronte a esse non si può non cadere nella facile suggestione di paragonare gli zar di un tempo a Putin. La Russia sembra cercare ancora un padre della patria forte che sappia con una mano tirare un pugno e con l'altra accarezzare. Putin viene considerato da molti in occidente un presidente autoritario, ma secondo alcuni osservatori, considerata la realtà russa, è un moderato che governa un paese in cui vi sono spinte nazionalistiche e poteri mafiosi piuttosto estremi. Secondo il loro pensiero Putin viene percepito dal popolo come colui il quale ha posto fine agli anni anarchici di Boris Eltsin, periodo dove sotto a una parvenza di politiche liberali, il paese è stato depredato dagli oligarchi e ha rischiato il tracollo. Le opposizioni liberali e democratiche sono ancora una minoranza esigua che vedono il loro consenso prevalentemente nelle città della Russia europea e ancora penetrano poco nel paese profondo. Inoltre, soffrono ancora del fallimento delle politiche liberali mal applicate durante gli anni di Eltsin. Molti russi hanno idee invece estremamente nazionalistiche o votano ancora per il partito comunista.

Una delle politiche poco conosciute di Putin è stata quella della Russia multiculturale, formata da più popolazioni e religioni. Anche in questo caso, il presidente ha utilizzato la tecnica del bastone e della carota, se da una parte ha riconosciuto una certa autonomia a regioni che prima non l'avevano, dalla altra ha utilizzato i carri armati per sedare la ribellione separatista cecena o gruppi terroristici islamici.

Attorno al Cremlino si incontra qua e la qualche anziana signora chiedere l'elemosina, non sono più numerose che in una qualunque città europea. Rimane però la strana sensazione di un paese considerato uno dei maggiori centri del cristianesimo ortodosso e per decenni del comunismo mondiale, in cui regnano disuguaglianze sociali e in cui la democrazia di stampo occidentale sembra non interessare molto la maggioranza della popolazione. Come se l'uguaglianza proposta dal cristianesimo e dal marxismo e l'umanesimo tipico della cultura occidentale, solo sfiorassero un paese che non ha un vero stato sociale e dove ognuno sembra destinato a badare a stesso.

Se le mura del Cremlino potessero parlare, racconterebbero delle tantissime congiure di palazzo e omicidi che per secoli hanno visto. Gli omicidi politici restano in Russia un problema irrisolto. I mandanti reali rimangono sempre oscuri e le accuse al potere come responsabile di queste uccisioni all'ordine del giorno. Difficile capire se siano omicidi ordinati dall'alto o da frange del sistema fuori controllo che pensano di fare un piacere al potere. L'uccisione di pochi giorni fa di Boris Nemtsov davanti alla Basilica di San Basilio è uno dei casi più eclatanti di questa oscura realtà. Sicuramente l'ostilità di Putin verso le opposizioni e verso i giornalisti rende più facile un certo clima di omertà verso chi compie questi delitti, solo la storia riuscirà a chiarire i tanti omicidi oscuri di questi anni.

Le iconostasi, pareti divisorie che separano nelle le chiese gli spazi aperti ai fedeli e quelli destinati al clero, presenti nelle chiese del Cremlino sono quasi un vortice pop di volti della Madonna, di Gesù e dei Santi. Dal 1300 tutti i secoli sono rappresentati in questo turbinio sacro. I volti rassicuranti del cristianesimo guardano dalle chiese di un mondo ortodosso dove le istituzioni cristiane non fanno beneficenza o stato sociale, ma parlano semplicemente di una giustizia dopo la morte. La chiesa russa, dopo gli anni bui del comunismo, ha intrapreso una politica di riavvicinamento al potere molto forte. Putin ha favorito questo incontro, non ultimo con la legge che vieta la propaganda gay nei confronti dei minori, una legge ambigua che non proibisce i locali per gli omosessuali, ma che ne facilita una profonda ghettizzazione. Quella chiesa che durante gli anni del comunismo vide radere al suolo conventi come quello dell'Assunzione che fu distrutto da Stalin per costruire il Soviet Supremo, è tornata alla tradizionale politica di vicinanza con il potere terreno.

Sulle torri delle fortificazioni vicino alla piazza Rossa sventolano ancora le stelle rosse sovietiche. Quello tra la Russia e il comunismo è un rapporto molto complesso, i Russi non sembrano aver vissuto la caduta del regime come una liberazione, ma piuttosto come l'evoluzione di un sistema politico. Pur non negando i crimini compiuti negli anni sovietici, sembrano però rimpiangere il loro status di super potenza mondiale. I ragazzi sono felici del nuovo mondo capitalista, mentre i più anziani sembrano rimpiangere lo stato sociale di un tempo. La Russia d'oggi è un paese dove non si produce più molto, dove l'aspettativa di vita è appena di settant'anni e dove ricchi e poveri pagano sempre il 10 per cento di tasse. Quello che appare evidente è che del sogno industriale comunista è rimasto molto poco, oggi le grandi imprese di stato, escluso il settore petrolifero, sono in gran parte chiuse e il paese dipende dalle importazioni di quasi tutti i beni o dalla vendita di petrolio e gas. Anche nel settore agricolo le cose non cambiano. Tutto questo rende la Russia molto vulnerabile alle sanzioni economiche internazionali per il conflitto ucraino.

I russi sembrano vivere alla giornata, risparmiando poco e consumando la maggior parte del loro salario. Un mese magari vanno in vacanza in Italia, il mese dopo hanno difficoltà ad acquistare prodotti alimentari nei supermercati di Mosca diventati carissimi a seguito delle oscillazioni del rublo.

Per alcuni la Russia soffre ancora di una certa alienazione figlia degli anni del comunismo. Il concetto di famiglia sembra quasi assente e i matrimoni sono spesso un contratto economico, questo nonostante la capitale sia piena di romantiche coppie di giovani ragazzi. Un apparente contraddizione viene che spiegata da queste persone non come una libera scelta figlia della cultura laica, ma come una conseguenza di un certo sospetto che il comunismo aveva per le famiglie. Nei grandi palazzoni sovietici nei primi anni della rivoluzione si mangiava spesso tutti insieme alla mensa perché il permettere alle famiglie di mangiare da sole nelle proprie case avrebbe potuto favorire la nascita di cospirazioni.

Le sale dell'Armeria del Cremlino oggi custodiscono un incredibile varietà di opere d'arte di ogni genere, dagli stupendi oggetti religiosi medioevali, all'argenteria di corte, alle famosissime uova Fabergé. Nel piano terra vi sono le carrozze, i troni reali, tra cui alcuni in stile russo e altri, capolavori persiani di epoca safavide tempestati di turchesi e oro, regalati dallo Shah di Persia allo zar Boris Godunov. Non lontano trionfano le armature. Oggi come allora non vi è potere effettivo senza un esercito o una burocrazia che si estenda su tutto il territorio nazionale. La Russia di oggi ha una burocrazia elefantiaca ed estremamente corrotta che viene sopportata come in India si accetterebbero le angherie di una casta superiore. Questo mondo è rappresentato perfettamente dal film russo "Leviathan" di Andrey Zvyagintsev, opera ambientata nella penisola di Kola, dove Kolya e la sua famiglia si trovano di fronte alla perdita della loro casa e della terra, per via di un sopruso del sindaco corrotto del loro piccolo paese.

Caduto il comunismo molti paesi dell'Europa orientale come la Polonia e la Repubblica Ceca hanno fatto di tutto per recuperare il tempo perduto e oggi sono tra i paesi più virtuosi in europa. La Russia pur essendo poco abitata, piena di risorse minerarie e petrolifere, avendo un arsenale atomico e una popolazione colta, non è riuscita a diventare una democrazia dagli standard europei. Il rapporto tra la cultura russa e l'umanesimo rimane a volte oscuro. Mosca sembra smentire che una cultura diffusa porti per forza a una società in cui vi sia un equilibrio tra le libertà individuali e una società inclusiva. Alcuni sostengono che questo sia dovuto al fatto che la Russia è passata da un regno con contadini ancora simili ai servi della gleba direttamente al comunismo, senza conoscere, se non in minima parte, il mondo borghese ottocentesco tipico di tutte le società occidentali.

Le differenze tra il mondo degli Zar e quello del popolo nell'ottocento russo erano simili a quelle che vi erano in molti paesi asiatici. Questo equilibrio e' durato secoli. Per capire lo sfarzo e l'eleganza della nobiltà russa basta fare un giro nella sezione del museo dell'Armeria del Cremlino dedicata agli abiti. Se nel settecento la moda era influenzata da quella delle corti europee, già nel secolo prima è evidente che il paese guardava invece verso il centro asia. La mitologia persiana trionfa per esempio nello splendido abito confezionato per lo zar da artisti safavidi. Un uomo a cavallo con turbante galoppa tra i boschi pieni di selvaggina. La seta blu e i ricami d'oro parlano di oriente.

La Russia, nazione chiusa in se stessa in un metaforico autismo, dove quasi nessuno parla inglese e dove tutto è sempre scritto solo in cirillico, è da sempre un paese cerniera tra occidente e oriente ed è da questa scontata verità che bisognerebbe iniziare se si vuole capirla. Mai come oggi, per cercare di risolvere guerre civili come quella in Ucraina e avere un futuro meno conflittuale, servirebbe, sia da parte europea che russa, una maggiore conoscenza della storia reciproca.

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