Mosca svela i droni che hanno attaccato le basi russe in Siria

L'attacco in Siria possibile test per impieghi urbani. Tranne pochissime eccezioni, le città europee non sono protette contro i droni

Mosca svela i droni che hanno attaccato le basi russe in Siria

“Se il conflitto siriano è una vetrina per le tecnologie esistenti ed emergenti, la minaccia di uno sciame UAV è estremamente seria. Sfruttando i droni i terroristi possano colpire qualsiasi parte del mondo, sono necessarie determinate misure per la sua neutralizzazione. La minaccia di attentati che coinvolgono i velivoli senza pilota richiede a tutte le parti interessate di cooperare a livello internazionale. Il fatto che i militanti abbiano ricevuto tecnologie per assemblare e programmare i droni dall'estero dimostra che la minaccia non è limitata alla Siria. I terroristi possono utilizzare droni micidiali anche in altri paesi e non solo contro strutture militari”.

Questa la conclusione del generale Alexander Novikov, a capo del programma russo per lo sviluppo degli UAV, durante un briefing pubblico (streaming disponibile) che si è svolto poche ore fa presso il Ministero della Difesa.

Al di là delle presunte intromissioni estere (non dimostrate, droni e bombe sembrerebbero provenire direttamente dal mercato nero), l’alterazione del paradigma nella minaccia terroristica è già avvenuta.

13 droni attaccano le basi russe in Siria

Il sei gennaio scorso le forze militari russe presso la base aerea di Hmeymim ed il centro logistico di Tartus in Siria sono state attaccate da uno sciame di droni ad ala fissa decollati dalla regione sud-occidentale di Idlib. L’attacco ha coinvolto tredici piccoli velivoli senza pilota: dieci rivolti verso Hmeymim e tre contro Tartus. Secondo Mosca, i droni di presunta fabbricazione indigena sono stati costruiti con l’aiuto di un paese sviluppato. Sei droni sono stati intercettati dai sistemi di guerra elettronica russi, gli altri sette sono ingaggiati e distrutti dai Pantsir-S1. Mosca non segnala alcun danno a persone o cose. Si tratta del primo assalto documentato di un piccolo sciame robotizzato contro due strutture militari fisse.

L’analisi preliminare dei droni catturati dai russi

Poco minuti dopo aver rilasciato le prime immagini dei droni che hanno attaccato Khmeimim e Tartus, abbiamo analizzato gli UAV catturati dai russi. Un occhio non allenato potrebbe trarre in inganno, come quel carrello in legno ad esempio (ovviamente inserito successivamente per l'esposizione). Ad essere sinceri quei droni sembrano giocattoli radiocomandati, straordinariamente rozzi. Tuttavia questi “giocattoli” hanno volato per 50 km seguendo una rotta prestabilita su coordinate GPS con delle bombe a frammentazione sotto le ali. Mosca parla di un ipotetico raggio di 100 km.

Andiamo alla configurazione del drone: design unico, apparentemente improvvisato. Fusoliera squadrata coperta da un involucro di plastica verde e nastro adesivo. Non sembra provenire da modelli o kit commerciali noti. Il drone sembrerebbe essere stato assemblato usando prevalentemente parti in legno e del nastro adesivo. Servo e motore a combustibile liquido (falciatrice da prato?) forse acquistati online. Forse. Tutti i droni erano dotati di GPS, trasduttori di pressione e servo-attuatori ed armati con proiettili che ricordano le bombe da mortaio. Questi ultimi sono degli involucri semi-trasparenti con alette di plastica bianca stampate in 3D. Sembrano dei gusci in plastica aerodinamica con all'interno forse resina epossidica attorno ad un nucleo esplosivo. Progettati certamente per la frammentazione. Un grosso gancio di metallo consente di collocarle sotto le ali. Fino a poche ore fa non conoscevamo il carico utile dei droni e se questo fosse stato concepito per essere rilasciato o solo in variante kamikaze. Adesso sappiamo che ogni UAV era armato con otto/dieci granate per un carico utile massimo di dieci chili. In ogni caso la tecnologia necessaria per costruire tali asset è disponibile sul mercato. Ovviamente molti sono i punti oscuri come quella tattica utilizzata (non proprio da sciame) o l’altitudine degli UAV, nel raggio delle difese aeree. Fin dal 2015 l'Isis ha immesso sulla rete numerosi guide per la riconversione offensiva dei droni commerciali. Per l’attacco sono stati utilizzati dei droni fatti in casa, non dei quadricotteri, i medesimi utilizzati dall’Isis in diverse occasioni. Come è noto tutti le componenti UAV sono facilmente accessibili per una tecnologia non più esclusiva degli attori statali. Con poche centinaia di euro chiunque può acquistare un drone stabilizzato dotato di telecamera HD, GPS e con una minima capacità di carico. La pronta disponibilità di questo tipo di tecnologia offusca la linea tra elettronica militare e commerciale. Nel contesto urbano, tale minaccia potrebbe avere effetti devastanti. Infine un dettaglio, non di poco conto: nonostante l'evidente potenziale propagandistico, nessuno ha rivendicato l'attacco.

Nel momento in cui scriviamo, Mosca non da credito al Free Alawites Movement, unico gruppo che ha rivendicato l'attacco. Il gruppo alawita fino ad oggi sconosciuto potrebbe anche non esistere.

L’analisi dello Stato Maggiore russo

“I sistemi di sicurezza della base aerea russa di Khmeimim e Tartus hanno respinto con successo un attacco terroristico avvenuto con l’applicazione massiccia di veicoli aerei senza equipaggio (UAV) nella notte tra il 5 e il 6 gennaio scorso. Poche ore dopo il tramonto le forze di difesa hanno rilevato tredici sconosciuti bersagli aerei di piccole dimensioni, identificati a una distanza significativa che si avvicinavano alle basi militari russe. Dieci droni d’assalto si stavano avvicinando alla base aerea di Khmeimim e altri tre verso Tartus. Sei UAV sono stati intercettati dalle unità EW russe. Tre di loro sono atterrati nell’area controllata all’esterno della base e altri tre UAV sono esplosi mentre toccavano il terreno. Sette UAV sono stati eliminati dai complessi missilistici antiaerei Pantsir-S1. Gli esperti militari russi hanno analizzato la costruzione, il grado tecnologico e gli esplosivi improvvisati rinvenuti sugli UAV catturati. Dopo aver decodificato i dati registrati sui droni, gli specialisti hanno scoperto il sito di lancio localizzato nell'area di Muazzar, nella parte sud-occidentale della zona di de-escalation di Idlib, detenuta dai gruppi armati della cosiddetta opposizione moderata".

“La rotta di volo dei droni era stata programmata esattamente su precise coordinate non disponibili su internet. Anche il rilascio del carico utile era stato programmato. Uno dei droni era stato equipaggiato con una videocamera così da monitorare e regolare l’attacco se necessario”.

Abbiamo già rilevato che i tredici droni rivolti contro due diversi obiettivi pesantemente difesi non hanno compiuto delle tattiche da sciame robotico (tre UAV contro Tartus non sono uno sciame). Con questo passaggio i russi intendono suggerire l'esistenza di una seconda e massiccia ondata di UAV? Eppure Mosca ha immediatamente smentito le precedenti indiscrezioni su uno sciame formato da ben 31 droni.

“I militanti in Siria hanno utilizzato in passato i quadricotteri di fabbricazione straniera solo per la ricognizione, anche se sono stati registrate operazioni offensive. Il Ministero della Difesa monitora costantemente tutti i tipi di armamenti e hardware militari utilizzati in Siria. E’ impossibile creare questi droni in maniera improvvisata. Sono stati coinvolti specialisti con formazione specifica nei paesi produttori dei sistemi aerei senza equipaggio. L'assemblaggio è un compito ingegneristico difficile che richiede una formazione speciale, know-how in varie aree scientifiche ed esperienza pratica nella creazione di questi dispositivi. E’ necessario anche un software speciale per utilizzare questi droni. Per un rilascio efficiente delle munizioni sulla posizione esatta del bersaglio, sono necessari vari parametri come l'altitudine, la velocità di volo e del vento. Questa informazione non può essere ottenuta da Internet. La costruzione di questi droni richiede un periodo di tempo significativo e una conoscenza speciale dell'aerodinamica e della radioelettronica”.

Il carico utile dei droni: esplosivo e cuscinetti a sfera

“Ogni drone era armato con dieci piccole bombe. L'esplosivo principale utilizzato è il tetranitrato di pentaeritrite. Tutte le munizioni custodivano una carica esplosiva 400 grammi e cuscinetti a sferra come shrapnel preformati per un raggio mortale di 50 metri. Ogni munizione aveva un peso finale di quasi un chilo”.

Le forze militari di tutto il mondo così come le compagnie minerarie commerciali utilizzano il PETN, sviluppato dagli scienziati tedeschi nel 1894. Relativamente facile da ottenere, è stato particolarmente popolare tra i terroristi a causa della difficoltà nel rilevarlo dalle tipiche macchine a raggi X degli aeroporti. Più sensibile del TNT, il PETN è utilizzato come carica primaria nei detonatori. Essendo economico viene utilizzato anche dalle imprese di demolizione. Largamente impiegato come esplosivo durante la Seconda guerra mondiale, è uno degli esplosivi più potenti finora prodotti, paragonabile all’RDX e all'HMX. Relativamente stabile, non richiede particolari precauzioni come quelle necessarie per la glicerina. Nel fallito attentato sul volo Delta Amsterdam-Detroit nel dicembre del 2009, il nigeriano Umar Faruk Abdulmutallab trasportò a bordo diversi flaconi di PETN.

Droni per terroristi

Gli UAV che hanno attaccato Khmeimim (risorsa strategica essenziale per gli aerei che partecipano all'offensiva su Idlib) e Tartus sono un esempio di tecnologia commerciale ampiamente disponibile al pubblico. Il punto è proprio questo: dispositivi e tecnologie possono essere ottenuti facilmente. Tuttavia per i russi, senza assistenza significativa quei droni non avrebbero potuto mai raggiungere le loro basi in Siria.

“Le coordinate pre-programmate sono più accurate di quelle disponibili su Internet. Non sono stati programmati sui canali aperti”. Il Cremlino ha fornito scarse prove a sostegno delle sue affermazioni sul coinvolgimento straniero. Lo sciame UAV che ha attaccato le basi russe in Siria potrebbe essere un test per possibili impieghi urbani. Da rilevare che l’Improvised Air Threat non deve essere necessariamente concepita soltanto come armata, poiché l’implementazione degli esplosivi sui dispositivi a basso costo, in alcuni casi rappresenta soltanto un dettaglio.

Le nostre città non avrebbero difesa contro uno sciame UAV

Lo sciame robotico improvvisato diventerà principale asset per eserciti regolari, terroristi ed insorti. Nel contesto urbano, un attentato combinato potrebbe avere effetti devastanti. Storia insegna che le armi utilizzate sul campo di battaglia, approdano sempre nel contesto civile. In quest’ultimo caso, è proprio la componente psicologica ad alimentare la natura stratificata del terrore. Ad oggi, i droni civili sono stati utilizzati per la ricognizione e la sorveglianza, ma semplici modifiche li potrebbero trasformare in sistemi d’arma in grado di sferrare attacchi informatici (già testato Snoopy), cinetici (in atto) e chimici. L’Isis ha utilizzato principalmente i quadricotteri a causa della loro maggiore stabilità e capacità di carico come durante la battaglia di Mosul. I droni armati di agenti chimici o biologici come il Sarin rappresentano una possibilità. Sarebbe opportuno rilevare che la letalità di un drone sarà sempre e comunque proporzionale alla sua limitazione operativa. Parliamo, quindi, più di effetti psicologici (alla base del terrorismo) che fisici, ma che richiedono contromisure specifiche. Alcune, come ad esempio il Geo-fencing (confine virtuale sulle aree geografiche), lo Spoofing (false coordinate GPS) e l’attacco elettronico (come ICARUS della Lockheed Martin), hanno dimostrato una certa efficacia nel disabilitare i droni ostili. Le aquile corazzate in servizio in Francia, Inghilterra e Olanda, hanno dimostrato la loro efficacia sul campo. Le flying squad hanno già protetto il Festival di Cannes ed alcuni eventi in Inghilterra. Anche le semplici armi da fuoco sono ritenute l’ultima difesa contro i droni (munizionamento a frammentazione), mentre la contromisura missilistica potrebbe essere efficace in un contesto operativo (economicamente insostenibile, strategia di logoramento Enormous overkill), ma del tutto impraticabile in un ambiente domestico. Sono già in atto dei programmi paralleli come l’Aerial Combat Swarms, che prevede l’impiego di sciami per autodifesa contro altri droni nemici. Ci vorranno anni, infine, per ottimizzare le griglie laser come Athena. La particolare natura asimmetrica, altera il concetto standard di difesa. La minaccia attuale è ben più complessa rispetto a quelle percepite nel 2010, a causa delle tecniche di occultamento creative associate ai nuovi dispositivi esplosivi improvvisati e non.

Le attuali contromisure a difesa delle grandi città europee sono scarse poiché la minaccia è relativamente nuova e non ancora ben definita. Per dimensioni e materiali (molti dei quali non riflettenti), i droni sono difficilmente rilevabili dai sistemi convenzionali di tracciamento. Una ottimale rete di difesa urbana dovrebbe implementare diverse misure di rilevamento radar ed individuazione (acustica, emissione radio, elettro-ottica) così da migliorare la capacità di tracciamento. Tranne pochissime eccezioni in aree sensibili, le città europee non sono protette da un sistema stratificato di difesa contro uno sciame robotizzato.

Nel 2013, un drone gestito dal German Pirate Party, riuscì ad atterrare vicino il cancelliere tedesco Angela Merkel, durante un evento sportivo a Dresda. Nell’aprile del 2015, un drone che trasportava sabbia radioattiva proveniente dalla centrale nucleare di Fukushima riuscì ad atterrare sul tetto degli uffici del primo ministro giapponese a Tokyo.

Il 15 ottobre del 2016, l’Air Force ha disattivato per la prima volta un drone dello Stato islamico con un'arma elettronica. Si sarebbe trattato di uno dei primi impieghi operativi per il DroneDefender, un fucile d'assalto provvisto di un jammer o disturbatore di frequenze. La sua portata utile è di 400 metri.

Una volta individuata la minaccia UAV, agisce interrompendo il contatto radio tra il drone e l’operatore in remoto. Il sistema DroneDefender ha un peso di sette chili ed è alimentato da una batteria di 4,5 chili, solitamente trasportata in uno zaino.

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