"L'Isis è arrivato nella tua casa". E così diventiamo tutti obiettivi sensibili

L’Isis ridotto ad una manciata di villaggi nel deserto siriano mentre il califfato virtuale continua a combattere.

"L'Isis è arrivato nella tua casa". E così diventiamo tutti obiettivi sensibili

L’Isis ha ripreso a pubblicare i comunicati in lingua inglese sospesi dallo scorso settembre, mentre i simpatizzanti del movimento hanno dato il via ad una nuova fase di guerriglia mediatica. Nelle ultime settimane i simpatizzanti hanno immesso sulla rete diversi messaggi con l’intento di incitare i seguaci dell’Isis nel compiere attacchi nei luoghi simbolo delle principali città occidentali. Molti di questi messaggi recitavano la frase "We are in your home". Fisicamente l’Isis è ormai ridotto ad una manciata di villaggi nel deserto siriano, tuttavia il califfato virtuale nelle sue diverse entità continua a combattere.

La fine del ciclo fisico

Non è corretto affermare che le perdite territoriali in Iraq e Siria hanno interrotto la produzione jihadista sulla rete. E’ invece cambiato il registro mediatico per sostenere la transizione da organizzazione ribelle con sede fissa a rete terroristica clandestina dispersa in tutto il globo. Fin dal 2014 l'Isis ha pianificato la perdita dei suoi territori conquistati per concetti che richiamano chiaramente la tattica asimmetrica applicata ad una guerra lampo di conquista contro preponderanti forze nemiche (quindi l’incapacità di materiale di mantenere nel tempo i territori). Per il terrorismo jihadista il territorio fisico in senso stretto è un’idea, mentre le sconfitte sono semplicemente prove per determinare la fede di un vero credente. La realizzazione delle aspirazioni ideologiche sono molto più importanti della gestione permanente di qualsiasi pezzo di terra. Gli atti ritenuti controintutivi dall'Isis sono ingranaggi di una strategia guidata che privilegia la longevità concettuale alla presenza fisica. E’ altresì sbagliato, infine, considerare l’eliminazione fisica delle figure principali del movimento come essenziale per interrompere la profondità strategica digitale. La sfera di influenza della strategia del terrorismo è nel campo psicologico.

Il testamento strategico dell'Isis

Il 13° ed ultimo numero di Rumiyah è ritenuto il testamento strategico dell’Isis che ha consacrato la fine del ciclo fisico in vista della prossima mutazione geo-localizzata. Rumiyah è la mutazione editoriale di Dabiq il cui ultimo numero è stato pubblicato il 31 luglio del 2016. Il primo numero di Rumiyah è stato identificato sulla rete il 5 settembre del 2016, nell’ultimo mese lunare del calendario islamico Dhul-Hijjah 1437. Il tredicesimo ed ultimo numero di Rumiyah è stato pubblicato esattamente un anno dopo, il 9 settembre del 2017. Settembre rappresenta il periodo dell’espletamento dei riti del pellegrinaggio. Da rilevare che l’Isis ha decontestualizzato le classiche prescrizioni del Corano per garantire un supporto religioso ad omicidi e missioni di martirio. La reinterpretazione della teologia islamica risale al 2014, durante i primi sermoni di Abu Mohammed al-Adnani, portavoce del gruppo e del califfo autoproclamato Abu Bakr al-Baghdadi. Il linguaggio jihadista non va inteso come letterale, ma interpretato ed incastonato in un preciso contesto con un chiaro obiettivo strategico. L’Isis si definisce come il ramo puro dell’Islam nella sua forma più vera. Non a caso il tredicesimo ed ultimo numero di Rumiyah è dedicato alla la dottrina islamica della migrazione, una forma di jihad senza armi.

I diversi significati della dottrina della migrazione

Emigrare per predicare la parola di Allah è considerato nell’Islam come uno degli atti più nobili. Il concetto di Hijrah va inteso come una chiamata alle armi per unirsi alla causa dei mujahedin. A distanza di un anno, la dottrina islamica della migrazione ha assunto due diversi significati temporalmente localizzati. Nel primo numero di Rumiyah pubblicato nel settembre del 2016 il concetto di Hijrah era inteso come obbligo per i musulmani così da rinfoltire i ranghi in Siria ed in Iraq. Nell’ultimo numero, invece, il concetto di Hijrah assume una diversa interpretazione: non più migrazione, ma lotta interna e nelle regioni dove la penetrazione jihadista è stata relativamente debole. Il 13° numero di Rumiyah è dedicato interamente alla dottrina islamica della migrazione, argomento perfetto per chiudere il ciclo fisico in Siria ed Iraq in vista della prossima mutazione (che richiederà altri strumenti narrativi). Qualsiasi tipo di vittoria non si basa sulla conquista fisica del territorio, ma sulla volontà di piegare la forza di volontà ed il desiderio di combattere del nemico. La visione del mondo salafita jihadista è sia transnazionale che transgenerazionale: l'ideologia non può essere sconfitta militarmente.

Amaq riprende le pubblicazioni in inglese

Il ramo mediatico dell’Isis (Alhayat Media Center nel caso di Rumiyah) non va inteso come fisicamente stabilito. E’ stato questo il primo errore di valutazione: considerare le agenzie di stampa Isis alla stregua di quelle occidentali. Durante la presenza fisica del Califfato in Siria ed Iraq, Rumiyah aveva un definito, ma transitorio scopo narrativo. Il secondo errore è stato quello di credere che le perdite fisiche in Iraq e Siria avrebbero interrotto le pubblicazioni jihadiste (ci riferiamo soltanto alla narrativa pubblica e non a quella parallela privata). E’ senza dubbio vero che l’agenzia Amaq ha ridotto i suoi contributi sulla rete negli ultimi mesi, continuando comunque a diramare comunicati e bollettini di guerra su diverse piattaforme. La scorsa settimana Amaq ha ripreso i comunicati in lingua inglese, sospesi dallo scorso settembre poco prima della caduta di Raqqa. Il ramo mediatico dell’Isis non ha mai interrotto le sue produzioni per la radicalizzazione a distanza. I media center di ogni provincia virtuale del Califfato continuano ad immettere video sulla rete. Alcuni sono amatoriali realizzati da blogger e volontari lontanamente affiliati al movimento. Tuttavia la profondità strategica digitale si nutre di tali piattaforme indipendenti, in grado di lanciare appelli mirati in decine di lingue. I testi di riferimento come il “Media Operative, You Are a Mujahid, Too” garantiscono la consulenza strategica per gli operativi dei media. Testi come il Media Operative, You Are a Mujahid, Too, rappresentano un cambiamento nella strategia di comunicazione salafita-jihadista per tutte le future operazioni di informazione strutturate su tre linee guida. La propaganda è essenziale per la persistenza temporale dell’Isis sia come gruppo che come idea per coltivare quella profondità strategica digitale. È un meccanismo prezioso con il quale far valere l’acquiescenza nel suo proto-Stato ed un’arma penetrante con cui affermare la propria egemonia terroristica all’estero. Negli anni a venire, servirà come bandiera attorno alla quale i veri credenti del califfato si raduneranno, una volta perduti i territori.

La nuova campagna mediatica dell’Isis: “Noi siamo a casa vostra”

Il collasso fisico del califfato non ha influenzato la macchina di propaganda del gruppo, forza trainante dietro l'ascesa dello Stato islamico. I terroristi utilizzano una guerriglia mediatica sfruttando diverse piattaforme social e coltivando una rete globali di simpatizzanti per amplificare i messaggi ufficiali e pubblicare i propri contenuti filo-islamici. Dopo la caduta di Raqqa, i Media Operative sparsi per il globo hanno intensificato la produzioni dei messaggi per sopperire alla ridotta produzione mediatica ufficiale. La macchina mediatica dell’Isis è stata progettata per garantire una persistenza temporale anche dopo la fine del ramo principale. Il selfie del jihadista a New York ad esempio, faceva parte di una campagna di incitamento (tradotta in diverse lingue) iniziata nelle settimane precedenti il ​​Natale e proseguita fino ai primi di gennaio. Frasi come “Noi siamo a casa vostra” rientrano nella tipica narrativa utilizzata dai terroristi con duplice obiettivo di rafforzare la coesione del gruppo e creare un imperativo morale per il cambiamento, inquadrando esattamente gli avversari. L'obiettivo principale di un attentato è quello di suscitare la paura nella popolazione colpendo un target. I terroristi instillano la paura sfruttando la copertura mediatica intesi come moltiplicatori di forze nel tempo. L’obiettivo di un attacco terroristico è quindi simbolico, raramente strategico. La violenza intenzionale è utilizzata per pubblicizzare l’attentato, concentrare l'attenzione sui problemi sostenuti da un gruppo che sono stati ignorati o meno apprezzati dagli altri. Il terrorismo funge quindi da atto comunicativo.

Aumentare la coesione organizzativa

Caratterizzare i membri del terrorismo come vittime di una società ingiusta ne aumenta la coesione organizzativa, mentre nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. L'identità del gruppo è fondamentale per la formazione, l'assunzione e il funzionamento delle organizzazioni terroristiche. Le narrazioni strategiche impiegate dalle organizzazioni terroristiche seguono una precisa struttura progettata per mostrarsi idealizzata e non contraddittoria. Obiettivo della propaganda è il rafforzamento dell'identificazione negativa di coloro che non sono conformi agli ideali del gruppo. In sintesi, le comunicazioni terroristiche celebrano e definiscono l'identità dei militanti, definendo quali azioni devono essere adottate o evitate per preservare l'integrità dell'appartenenza al gruppo. Uno spiccato senso di vittimismo si traduce in un potente motivatore per giustificare la violenza e l'ideologia estremista. L’obiettivo è quello di scatenare una dissonanza cognitiva per azioni religiosamente, politicamente ed eticamente non giuste, ma idealmente necessarie per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Tale giustificazione è essenziale per razionalizzare il coinvolgimento contro i gruppi percepiti come negativi. Le narrazioni strategiche sono strutturate per giustificare nel terrorista un’azione che si discosta dalla propria identità religiosa, culturale e politica. Le costanti informazioni stereotipate contribuiscono ad una distorta attribuzione dell’errore ed alla de-umanizzazione dell’avversario, inglobato in un’unica categoria.

De-umanizzare il nemico

Riscrivendo la percezione di un nemico lo si colloca al di fuori di un gruppo. Non riconoscendo nell’avversario alcun tipo di diritto, si elimina qualsiasi tipo di preoccupazione e rimorso nel compiere azioni efferate contro soggetti che non dispongono di caratteristiche umane. La retorica delle organizzazioni terroristiche impiega spesso linguaggi e immagini per ritrarre i nemici con spiccate caratteristiche negative a svariati livelli (affettivi, culturali, intellettivi). Enfatizzando la percezione di un nemico non umano infine, si annulla qualsiasi tipo di negoziazione pacifica. Il terrorismo è un fenomeno lucidamente razionale, all'interno di una più ampia strategia di comunicazione politica coercitiva, dove la violenza viene usata nella deliberata creazione di un senso di paura per influenzare un comportamento e un determinato gruppo di destinatari.

L'illusione di una tattica indiscriminata è essenziale per colpire psicologicamente coloro che sono sfuggite alle conseguenze fisiche di un attacco terroristico. Queste risposte comportamentali per massimizzare l'utilità negli ambienti strategici dinamici, sono riconducibili ad una logica strumentale alla base dei piani di azione.

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