Nuovo caso di eutanasia choc in Olanda, alcolista 41enne decide di togliersi la vita perché stufo di continuare a vivere senza riuscire a liberarsi dalla sua dipendenza. Il caso apre un nuovo fronte di polemiche sul discusso tema dell’accesso legale alla dolce morte e sul concetto di sofferenza insopportabile, requisito necessario per ottenere il suicidio assistito.
Si chiamava Mark Langedijk e ha deciso di farla finita a luglio, nella casa dei suoi genitori. Da otto anni lottava contro l’alcolismo e tutti i tentativi di riabilitazione erano andati falliti. Ci aveva provato ventuno volte a ricoverarsi, mai era riuscito a liberarsi del mostro che lo divorava dall’interno. Aveva annunciato ai suoi la decisione di farla finita, ma non gli avevano mai creduto davvero. Pensavano, o meglio speravano, che si trattasse solo di uno sfogo dovuto alla frustrazione, che prima o poi sarebbe riuscito a sconfiggere la sua dipendenza, che sarebbe uscito dal tunnel dell'alcolismo e finalmente sarebbe tornato a essere un uomo felice.
Eppure, dopo l’ultimo pranzo a base di sandwich e polpette, si è presentato a casa loro il dottore per l’iniezione letale. Il caso l’ha portato alla ribalta il fratello dell’uomo che ne ha scritto per il magazine olandese Linda, così come riporta The Independent. E che ne ha raccontato così gli ultimi istanti: “Abbiamo iniziato a piangere tutti, anche Mark. Il dottor Marijke gli ha somministrato la terza puntura. Il suo viso è cambiato, ha perduto colore. Il mio fratellino se n’era andato”.
Quello del 41enne olandese è
l'ultimo episodio di eutanasia "slegata" da condizioni mediche terminali. In Olanda la legislazione sull'eutanasia è stata approvata sedici anni fa e ogni anno sono più di 5500 le persone che scelgono il suicidio assistito.
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