"Vietato criticare l'immigrazione". Così post sui social fa scattare i controlli

Criticare l'immigrazione in Norvegia sui social network può costare una visita della polizia o una convocazione in questura. Rivolta dei giuristi contro la liberticida legge del 2015

"Vietato criticare l'immigrazione". Così post sui social fa scattare i controlli

Qual è il confine fra una critica legittima e un'espressione che incita all'odio e alla violenza? Spesso stabilirlo non è così facile come sembra e introdurre leggi che contrastano l'odio in rete può portare a una seria minaccia alla libertà di espressione e di pensiero a causa di interpretazioni nebulose. Caso emblematico quello della Norvegia, dove criticare apertamente l'immigrazione sui social network può costare una convocazione in questura o addirittura la visita a casa degli agenti di polizia. Come spiega Libero, l’applicazione da parte delle autorità dell’articolo 185 del codice penale sulle "espressioni discriminatorie e di odio", adottato nel 2008 ed entrato in vigore nel 2015, ha fatto sì che in Norvegia venga violato l’articolo 100 della Costituzione che sancisce e tutela il diritto alla libertà di espressione. Di fatto, secondo alcuni giuristi, la legge contro l'odio è diventata a sua vola uno strumento di repressione del pensiero.

Norvegia, la legge liberticida sui crimini d'odio

Criticare l'immigrazione di massa diventa dunque uno "psicoreato", proprio come nel romanzo distopico di George Orwell, 1984. Anche se in quel caso chi lo compie viene arrestato dalla Psicopolizia e portato nel ministero dell'Amore, ricevere a casa una visita delle forze dell'ordine per un post su Facebook non è proprio il massimo. Anche perché il rischio concreto è che si criminalizzino le opinioni per pura partigianeria politica, come hanno peraltro sottolineato alcuni giornalisti e giuristi norvegesi sul quotidiano nazionale più noto, l'Aftenposten. Replicando a tali osservazioni, come riportato da Libero, il direttore del Dipartimento nazionale di polizia, Bjørn Vandvik, ha assicurato che è stato svolto un lavoro per mettere a punto delle linee guida, nelle quali fosse reso chiaro qual è il limite entro il quale gli agenti potranno e dovranno muoversi in futuro. E in passato? Vandvik tuttavia ammette di non poter escludere che "in passato si siano verificati casi in cui la polizia ha commesso errori in tale materia".

L'integrazione nel Paese scandinavo

Le critiche all'immigrazione e al multiculturalismo non sono certo campate per aria. Dal 1993 in poi la Norvegia è diventata una società molto più eterogenea etnicamente e culturalmente rispetto a prima. Nel 1993, riporta l'Aftenposten, c'era poco più di un decimo dei comuni in cui, secondo la Statistics Norway (SSB), non c'erano immigrati o figli di immigrati dall'Africa, dall'Asia o dall'America Latina. La quota maggiore in un singolo comune (Oslo) con il 9%. Dal 2015 non esistono più comuni senza immigrati. A Oslo la percentuale è salita al 20 per cento e in alcuni distretti ha superato il 40. Oltre a polacchi, lituani e svedesi, in Norvegia vi sono migliaia di immigrati somali, iracheni, siriani, pakistani ed eritrei. E non sempre la convivenza fra norvegesi e immigrati è stata idilliaca. Anzi.

Nel 2014, secondo un rapporto della direzione norvegese per l'immigrazione, i richiedenti asilo e gli immigrati clandestini erano accusati di compiere un numero doppio di reati rispetto ai cittadini norvegesi.

Un altro rapporto, questa volta del 2019, confermava che il 70 per cento dei condannati per crimini violenti a Oslo sono immigrati. Insomma, qualche problema d'integrazione nel Paese c'è. E forse era meglio cercare di risolverlo piuttosto che introdurre controverse leggi sui crimini d'odio.

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