Nove giorni al voto. E la Scozia separatista fa crollare la sterlina

Londra adesso teme la sconfitta bruciante, e insiste con promesse di devolution. Ma per gli avversari sono "tangenti dell'ultimo minuto"

Il premier indipendentista scozzese Salmond
Il premier indipendentista scozzese Salmond

Londra - Anche la sterlina risente dell'avvicinanrsi del referendum scozzese. Gli ultimi sondaggi che hanno dato per vincenti gli indipendentisti hanno determinato il calo peggiore degli ultimi dieci mesi nel valore della moneta inglese contro il dollaro che ieri ha fatto registrare un brusco -1,3%. Pollice verso anche per le quotazioni di alcune aziende con base in Scozia come la Standard Life, la società energetica SSE e il gruppo Aberdeen Asset Management, che hanno sperimentato cadute fino al 3%. Non è andata meglio alle banche: la Royal Bank of Scotland è scivolata verso il basso del 2,4% e il gruppo bancario dei Lloyds ha registrato uno slittamento del 2,7%. Insomma, ai mercati l'aria che tira a nove giorni dal voto non garba per nulla, e c'era d'aspettarselo. Niente più dell'incertezza sul futuro mina la stabilità economica e in questo caso l'incertezza regna sovrana.

Gli unionisti iniziano veramente a temere una sconfitta bruciante e nel tempo che rimane tirano fuori i pezzi da novanta per recuperare i favori perduti. Dopo l'annuncio di domenica del Cancelliere Osborne sull'offerta di una devolution in cambio della rinuncia all'indipendenza, ieri è sceso in campo anche l'ex Primo Ministro laburista Gordon Brown che ha illustrato per grandi linee la proposta da parte laburista. Brown, che guarda caso è scozzese, ha detto: «L'alternativa ad un'irreversibile separazione può essere solo maggiore potere al Parlamento scozzese e una tabella di marcia per metterlo in pratica. Molto semplicemente chi deve votare si merita di conoscere nel dettaglio quali e quanti poteri verranno trasferiti al Parlamento e con quali tempistiche». Sul fronte governativo Osborne aveva promesso che un piano sarebbe stato annunciato questa settimana e riguardo alle dichiarazioni di Brown da Downing Street hanno fatto sapere che «non sono lontanissime dal nostro pensiero», affermazione che conferma lo sforzo comune di tutti i maggiori partiti di trovare un accordo per scongiurare la secessione.

Alistair Darling, che guida la campagna pro Unione, ha tentato di gettare acqua sul fuoco ammettendo che un testa a testa è ormai inevitabile ma non bisogna farsi prendere dal panico. «In questo momento ogni votante può cambiare le sorti di questo referendum - ha dichiarato - ma rimango fiducioso nella nostra vittoria perché noi abbiamo una visione molto forte e positiva di quello che la Scozia può essere in termini di opportunità e di sicurezza. Opportunità e sicurezza che derivano dall'essere parte del Regno Unito e da un Parlamento rafforzato con maggiori poteri, questo è quello che la gente vuole e può avere senza dover spezzare in due il Paese». Darling ha anche confermato che il piano per il trasferimento di nuovi poteri al Parlamento scozzese verrà illustrato questa settimana come promesso da tutti i leader politici. «Dobbiamo però ricordarci che questo è un referendum con cui si decide se rimanere o no nel Regno Unito - ha sottolineato - non un per decidere quali ulteriori poteri possiamo ottenere. Li avremo comunque se restiamo uniti».

Gli Indipendentisti scozzesi però non si fanno abbindolare da quello che liquidano come «tangente dell'ultimo minuto», un tentativo di comprare i voti dettato dalla disperazione perché di fatto loro hanno già la vittoria in pugno.

«In realtà non ci è stato offerto nulla di nuovo questa settimana - ha replicato il ministro delle Finanze scozzese John Finney alla proposta di Osborne - forse potremo vedere una tabella di marcia ma nella sostanza, per quanto riguarda i veri poteri, Darling ha fatto capire chiaramente, contraddicendo Osborne, che non c'è nulla di nuovo da aspettarsi». Siamo da capo, muro contro muro mentre la data del voto incombe come una spada di Damocle.

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