La polemica non si spegne. Anzi, si infiamma di nuovo. Ad alzare di nuovo i toni dello scontro è proprio il presidente turco Recep Tayyp Erdogan minacciando di cacciare dal Paese tutti gli armeni. "Gli oltre 100mila armeni che lavorano in Turchia non sono cittadini turchi - ha tuonato a Today's Zaman e Hurriyet - li potremmo espellere anche se ancora non lo abbiamo fatto". La minaccia di espulsione non è nuova: Erdogan l'aveva paventata già nel 2010.
Padre Federico Lombardi ha spiegato che le parole di papa Francesco sul genocidio armeno si inseriscono in "una linea precisa e coerente, nel solco del dialogo". "Quello che ha detto il Papa mi sembra chiaro come il sole - ha spiegato il portavoce della Santa Sede - lo ha detto, lo ha articolato, ha fatto riferimento alla citazione della Dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e di Karekin. Ha usato, quindi, il termine 'genocidio' nell’ambito della citazione di questo, mettendosi in continuità con un uso già compiuto di quella definizione, di quella parola, che dice anche 'generalmente ritenuto il primo del secolo'". Le giustificazioni del Vaticano, però, non piacciono affatto a Erdogan che, parlando all'aeroporto di Ankara prima della partenza per una missione in Kazakistan, ha ricordato che, oltre ai cittadini turchi di origini armene, ci sono circa 100mila lavoratori immigrati e che lo Stato "non ha mai discriminato il popolo armeno". La Turchia "si comporta generosamente" non espellendo i 100mila lavoratori armeni, anche se "potrebbe farlo" se volesse. "Le posizioni della comunità internazionale nei confronti della Turchia, sul tema del genocidio degli armeni - ha affermato Erdogan - non sono accettabili per un Paese che ha offerto tutti questi servizi".
Intanto nella sessione plenaria a Bruxelles l’Europarlamento dovrebbe chiedere alla Turchia di "continuare nei suoi sforzi per il riconoscimento del genocidio armeno" e anche "l'apertura degli archivi per accettare il passato". Il testo sostiene che per l’Europa i turchi ottomani commisero un genocidio ai danni degli armeni anche se non pone il riconoscimento turco del genocidio armeno come una pre-condizione per l’adesione della Turchia all’Ue. Anche gli Stati Uniti hanno sottolineato che il massacro di un milione e mezzo di armeni è "un fatto storico", ribadendo che il chiarimento di quel periodo storico è nell’interesse di tutti, "della Turchia, dell’Armenia e dell’America". "Le nazioni - ha detto la portavoce del Dipartimento di Stato, Marie Harf - sono più forti e possono progredire riconoscendo e facendo i conti con elementi dolorosi del loro passato".
Nel frattempo, un gruppo di hacker turchi ha rivendicato di aver attaccato nella notte tra lunedì e martedì il sito ufficiale della Santa Sede, messo fuori gioco per alcune ore e tornato alla normalita martedì mattina.
Secondo la testata specializzata Techworm, si è trattato di una rappresaglia - ufficiosa - di Ankara alle parole del Papa. La rivendicazione è arrivata sul profilo YouAnonGlobal2, che fa riferimento a una delle tante sigle dell’organizzazione Anonymous, che sul sito ha presentato anche una nuova minaccia: "Continueremo".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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