Nel marzo del 2011, Shahbaz Bhatti, ministro pakistano delle Minoranze relgiose, veniva assassinato da fondamentalisti islamici ad Islamabad. La sua "colpa": gli sforzi politici in favore dell’abolizione della legge sulla blasfemia in Pakistan, che dal 1986 punisce chiunque pronunci invano il nome del profeta Maometto o profani, anche solo in modo accidentale, il Corano con il carcere a vita, nel migliore dei casi, e nel peggiore con la morte. Una legge, quella sulla blasfemia, che è frutto della radicalizzazione dell’Islam in Pakistan, e che spesso viene usata in modo improprio, come strumento di vendetta, soprattutto verso le minoranze religiose ed in particolar modo verso i cristiani. Un caso su tutti, il più famoso, è quello di Asia Bibi, in carcere dal 2009 perché accusata di aver nominato il profeta Maometto durante una lite nei campi per delle brocche d’acqua.
“Quello di Asia Bibi è il caso più conosciuto perché è stato politicizzato, ma ci sono tantissimi altri casi come quello di Asia Bibi in Pakistan”, ha dichiarato l’Arcivescovo di Karachi e presidente della Conferenza Episcopale del Pakistan, Monsignor Joseph Coutts, a margine della conferenza stampa organizzata al Senato da Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia, dall’Associazione Pakistani Cristiani in Italia e promossa da Pier Ferdinando Casini, per fare il punto della situazione sulla condizione delle minoranze religiose in Pakistan a cinque anni dall’assassinio di Shahbaz Bhatti. Una condizione che dopo la morte di Bhatti, secondo quanto afferma il prof. Shahid Mobeen, docente di pensiero e religione islamici presso la Pontificia Università Lateranense, “è nettamente peggiorata, sia per il maggior numero di attacchi ai loro danni, sia per la mancanza di rappresentanza a livello federale”. Il ministero delle Minoranze presieduto dal ministro ucciso ora, infatti, è stato “declassato a semplice dipartimento del Ministero per gli Affari religiosi”.
La causa principale del peggioramento delle condizioni di vita dei cristiani e delle altre minoranze religiose, è in primis la legge sulla blasfemia, “frutto di una mentalità fanatica, pericolosa anche per i musulmani di buona volontà”, secondo monsignor Coutts. Secondo i dati forniti dall’arcivescovo, nel corso dell'anno 2010, 38 persone, di cui 14 cristiani, sono stati uccisi a seguito dell'accusa di blasfemia, mentre sarebbero 1438 le vittime di questa legge dalla sua entrata in vigore nel 1986, fino alla fine del 2014. Quasi sempre le vittime sono condannate per futili motivi e non hanno diritto ad un equo processo.
Ma non solo. Fra le fonti di persecuzione verso i cristiani e le altre minoranze religiose in Pakistan vi sono anche il comune sentire dei musulmani, che considerano i cittadini che professano altre religioni e i non-musulmani in generale come cittadini di serie b, e la crescita del radicalismo islamico nel Paese. “Una conseguenza della guerra nel vicino Afghanistan è stata la crescita dei gruppi islamici radicali di ispirazione wahabita”, ha spiegato monsignor Coutts. In più, ha continuato l'arcivescovo di Karachi, “la presenza delle forze NATO in Afghanistan fu percepita come un attacco Cristiano ad un paese musulmano e alcuni imam hanno diffuso l’idea che i Cristiani in Pakistan fossero agenti dell’Occidente cristiano e quindi nemici dell’Islam”.
Tra gli attacchi più efferati compiuti dagli estremisti islamici legati ad Al Qaeda e all’Isis ci sono quello del settembre 2013 in una chiesa cattolica di Peshawar, dove hanno perso la vita più di cento fedeli a seguito dell’attentato suicida di due kamikaze, e il più recente, nel marzo scorso, quando due chiese nel quartiere cristiano di Youhanabad a Lahore sono state attaccate durante la Messa domenicale. Nella rivendicazione, gli attentatori chiedevano agli Usa di “cessare gli attacchi con i droni” altrimenti avrebbero attaccato altre chiese cristiane. Anche i rapimenti di bambine e ragazze cristiane, e le loro conversioni forzate, sono episodi molto comuni, ha spiegato monsignor Coutts.
Cattolico, laico consacrato, e vittima del fondamentalismo, Shahbaz Bhatti, quindi, a cinque anni dalla sua morte è considerato un martire ed un’icona della lotta per i diritti
dei cristiani e di tutte le minoranze religiose presenti in Pakistan. Tanto che la Conferenza Episcopale Pakistana, ha già chiesto alla Santa Sede di aprire nei suoi confronti una causa di canonizzazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.