Il Papa nella nuova Corea: ogni anno 100mila battesimi

Dopo un secolo di persecuzioni, il cattolicesimo ha fatto breccia a Seul anche tra i ceti più abbienti: un terzo della popolazione si è convertita

Il Papa nella nuova Corea: ogni anno 100mila battesimi

Al via il viaggio di Francesco in Corea, il primo in Asia del Papa che qui avrebbe voluto venire missionario da giovane. Cinque giorni per battere strade che parlano di sofferenza e di speranza, di martirio e di rinascita. Ogni luogo che toccherà Francesco (i santuari Solmoe, Haemi e Seo So-mun, la porta Gwanghwanum e il castello di Haemi) ha visto cadere i propri figli a motivo della loro fede: se ne contano almeno 10mila nella storia di questa giovane Chiesa (nata alla fine del XVIII secolo) che ha subito cruente persecuzioni nei suoi primi cento anni di vita. Sabato il Pontefice beatificherà 124 di loro, tra cui alcuni di primissima generazione. Tra loro sono pochi sacerdoti e missionari, e tantissimi laici, altro «unicum» nel panorama del cattolicesimo, nato e cresciuto in questa terra ad opera di padri e madri di famiglia, spesso convertiti da adulti da un annuncio che ha «sovvertito» la società dal di dentro, scardinando il rigido sistema di classi sociali proprio dell'impostazione confuciana: Cristo qui ha fatto breccia anche tra le classi dirigenti. Una eredità che, in un contesto sempre più secolarizzato, ha bisogno di essere rivitalizzata.

Per questo il Papa incontrerà e parlerà innanzitutto ai giovani asiatici, il cui raduno, sul tema «Gioventù dell'Asia, alzati! La gloria dei martiri brilla su di te» è il motivo ufficiale della sua visita. Sono loro la speranza e il futuro di un Paese in cui la Chiesa come ha detto il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha dimostrato «la fecondità del Vangelo per l'uomo e per la società». Oggi non ci sono più persecuzioni, i rapporti tra governo e Santa Sede sono stabili da 50 anni, ma un pericolo più sottile - intrecciato di consumismo, materialismo ed edonismo - minaccia la società. Il ritmo sempre più frenetico della vita, la competitività sociale, la logica del profitto, lo sgretolarsi delle famiglie, sono temi che a queste latitudini non sono retorica: l'impatto è devastante. Dilagano fenomeni come depressione e alcolismo, il tasso di suicidi è altissimo, ogni anno vengono praticati 1,5 milioni di aborti (dati della Chiesa coreana), il tasso di natalità è tra i più bassi del mondo e gli anziani sono sempre più abbandonati.

In questa situazione si osserva il fenomeno di una Chiesa in rapida e costante espansione (al ritmo del 2% l'anno), forse la più dinamica dell'Asia, dopo le Filippine (dove il Papa sarà a gennaio) e anche per questo scelta da Francesco come trampolino di lancio verso il Continente più vasto e popoloso, anche verso quella Cina che ha potuto sorvolare (fu negato due volte a Giovanni Paolo II). Oggi i cristiani in Corea sfiorano il 30% della popolazione; i cattolici sono oltre 5 milioni (il 10,7%) e puntano al raddoppio nel 2020, al ritmo sorprendente di centomila battesimi l'anno. Un obiettivo ribattezzato «twenty-twenty» e che la dice lunga sull'euforia che circonda il diffondersi del Vangelo. Ma i toni trionfalistici si scontrano con un drammatico calo della frequenza alla Messa domenicale e un imborghesimento della fede. Campanelli d'allarme. Ecco perché Papa Francesco chiamerà i giovani coreani e asiatici a «diventare evangelizzatori dei loro coetanei».

E chissà che questo stesso entusiasmo non possa fare breccia un giorno anche nella «cortina di bambù» come è stata ribattezzata la barriera di separazione tra le due Coree. Dal Nord non sono stati concessi permessi per la partecipazione alle cerimonie con il Papa, ma la sua presenza sarà un incoraggiamento anche per i fedeli di Pyongyang.

A questo si volgerà l'attenzione di Francesco, sia negli incontri istituzionali, sia con la celebrazione di una «Messa per la pace e la riconciliazione» lunedì prossimo nella Cattedrale di Myeong-dong. Il Papa non si risparmierà: visiterà cinque città percorrendo quasi 2.000 km, pronuncerà undici discorsi. E quel che non potrà osare a parole, lo faranno - come sempre - i gesti.

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