Un vescovo vuole la pena di morte per i trafficanti di droga

Il cardinale Malcolm Ranjith ha espresso il suo sostegno, con qualche riserva, alla decisione del governo dello Sri Lanka di introdurre la pena di morte per trafficanti di droga e capi delle organizzazioni criminali

Un vescovo vuole la pena di morte per i trafficanti di droga

Sul tema della pena di morte si continuano a registrare, all’interno della Chiesa Cattolica, posizioni diversificate. Se nei giorni scorsi tre vescovi del Tennessee, Mark Spalding (Nashville), Richard Stika (Knoxville) e Martin Holley (Memphis) hanno scritto al governatore Bill Haslam per chiedergli di fermare una lista di esecuzioni pianificate perchè la pena di morte "piuttosto che servire da via per la giustizia", contribuirebbe alla "crescente mancanza di rispetto per la vita umana", di segno opposto è stato l'intervento del cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo.

L’alto prelato cingalese, già allievo del cardinale Carlo Maria Martini, ha espresso il suo sostegno, con qualche riserva e poi con un ulteriore chiarimento, alla decisione del governo dello Sri Lanka di introdurre la pena di morte per i trafficanti di droga e i capi delle organizzazioni criminali organizzate.

"Sosterremo la decisione del presidente dello Sri Lanka Maithripala Sirisena di assoggettare alla condanna a morte coloro che organizzano il crimine mentre sono in carcere, ma sentiamo anche che c'è ancora molto altro da fare" aveva detto Ranjith ai media locali.

Il cardinale qualche giorno dopo ha chiarito di avere sostenuto che "per fermare, se possibile, le menti criminali che cercano di distruggere la pace sociale e danneggiare centinaia di altre persone, mettendo in ridicolo la legge e l’ordine e sfidando l'umanità, questi criminali non dovrebbero rimanere impuniti per il loro comportamento criminale, anche dopo essere stati condannati. I nostri giovani sono troppo preziosi per essere sacrificati sull'altare di sofismi e argomenti filosofici. Sarebbe come se Nerone suonasse il violino mentre Roma brucia".

Ranjith ha spiegato che il suo sostegno all'annuncio del governo non era una "carta bianca" per la pena di morte. "Il Santo Padre, Papa Francesco, non l'accetta ed è anche la mia posizione invariabilmente. Non sono per un ritorno generalizzato della pena capitale. Dovrebbe essere l'ultima opzione. Infatti, il Catechismo della Chiesa cattolica afferma al n. 2267 che 'l'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani'".

Il cardinale cingalese ha dichiarato di "non volere chiudere gli occhi e non fare nulla" davanti ai terribili fenomeni che sta vivendo questa isola del sud est asiatico, che si trova a vivere un aumento del numero dei morti a causa della grande diffusione della droghe, delle violenze che si verificano sulle strade, con la distruzione del fiore della gioventù cingalese, visto che tanti diventano tossicodipendenti in età adolescenziale e sono esposti alle droghe anche nelle loro scuole.

Nello Sri Lanka i cartelli della droga spesso sono gestiti all’interno delle prigioni ed era questa, a quanto pare, la preoccupazione e il contesto delle affermazioni di Ranjith. "Centinaia di genitori si sono avvicinati al nostro clero e hanno espresso il loro orrore per quello che è successo ad alcuni dei loro figli. Ci sono stati segnalati diversi casi di suicidio commessi da giovani che consumano droghe. L'arcidiocesi ha organizzato infatti due marce di protesta contro i venditori ambulanti di droga a Ragama e Negombo, con migliaia di fedeli partecipanti e ho ascoltato i racconti di tante madri, in lacrime, le cui famiglie sono state rese indigenti dalla minaccia della droga. Dovremmo lavarci le mani come Pilato e aspettare che i nostri figli siano distrutti?", ha denunciato Ranjith.

Il cardinale, nel suo chiarimento, ha voluto ricordare anche le parole di Gesù Cristo riportare in Luca 17,2, in merito a chi causa lo scandalo "e inganna i nostri bambini e giovani al fine di ottenere uno sporco lucro: ‘meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli’".

C’è da ricordare che la pena di morte è stata praticata per secoli dallo stato pontificio. Papa Paolo VI l'ha rimossa dalla legge vaticana solo nel 1969.

Se la Chiesa insegna ancora ufficialmente che la pena di morte è un'opzione legittima per gli Stati, già san Giovanni Paolo II, in un discorso negli Stati Uniti del 1999, aveva invitato i cristiani ad essere "incondizionatamente a favore della vita", affermando che "la dignità della vita umana non deve mai essere portata via, anche nel caso di qualcuno che ha fatto un grande male".

Si tratta della stessa posizione sostenuta in seguito da Benedetto XVI e da Papa Francesco, che ha denunciato la pena capitale come "contraria al Vangelo".

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