Al Qaeda celebra la Jihad e Bin Laden in un numero speciale di al-Haqiqa

Dopo due anni Al Qaeda si riprende la scena virtuale surclassando la produzione letteraria Isis

Al Qaeda celebra la Jihad e Bin Laden in un numero speciale di al-Haqiqa

Al Qaeda ha pubblicato questa notte il quarto numero del nuovo magazine al-Haqiqa, La Verità. Si tratta di un numero speciale dedicato al settimo anno di jihad in Siria. 16 pagine (rispetto alle 21 del primo numero) tradotte solo in inglese in cui si incoraggiano i credenti a “combattere senza sosta gli eserciti infedeli”. Oltre alla letteratura convenzionale diffusa sulla rete con istruzioni prevalentemente entry level e dedicata prevalentemente ai terroristi radicalizzati a distanza, ne esiste una parallela. La leadership jihadista si basa oggi su un nutrito numero self-starters e fanatici opportunisti che traggono ispirazione prevalentemente dalle guide disponibili sulla rete. Tuttavia esiste anche un’altra letteratura parallela a quella periodicamente pubblicata. I testi di propaganda sono stati ritenuti spesso fuorvianti, ma dovrebbero essere intesi come veri e propri manuali di formazione per la radicalizzazione a distanza. Parliamo dell’importanza nel discernere i segnali insiti nella propaganda terroristica, cercando così di colmare l’Imagination Gap. È proprio quell’incapacità di immaginare l’inimmaginabile che continua, ancora oggi, a minare gli sforzi nell’elaborare una efficace prevenzione.

Al-Haqiqa: Seven years of Jihad in Syria

Si legge nell'editoriale

“Cari fratelli e sorelle. In questo benedetto mese del Ramadan vi presentiamo un'edizione speciale del magazine al-Haqiqa. Per sette anni abbiamo combattuto la Jihad in Siria contro il taghut (falsa divinità) di Damasco. Sette anni fa un leone della Jihad (Osama bin Laden) è stato ucciso dagli infedeli. Possa Allah benedire la sua anima ed accoglierlo nel Paradiso (Jannah). La nostra battaglia è stata lunga così come gravi le nostre perdite. Cari lettori, probabilmente potreste aver pensato che tutto fosse perduto, ma non abbiate paura: noi siamo qui. Da decenni i Mujahideen combattono con successo le forze del male. Non solo in Afghanistan e Siria, ma anche in altre parti del mondo come Yemen, Mali, Somalia e Myamar. I Mujahideen continuano a combattere gli eserciti nemici che possiedono capacità tecniche superiori. Ma il solo pensiero di affrontare i nostri Mujahideen instilla la paura nei soldati nemici. Soprattutto durante il Ramadan, i leoni della Jihad sono stati ancora più feroci. Il Profeta ed i suoi compagni hanno combattuto le loro più importanti battaglie durante il Ramadan ottenendo gloriose vittorie. Quindi cari fratelli e sorelle, i vostri fratelli hanno ottenuto molte vittorie durante il Ramadan, sacrificando molto. Anche voi potete fare molto”.

Sfruttare i riferimenti storici

Il Profeta Maometto ottenne la prima vittoria musulmana della storia in quella che è nota come la Battaglia di Badr, durante il Ramadan del 624. Contro ogni probabilità, quella vittoria assicurò la sopravvivenza della neonata comunità di credenti. Durante il Ramadan del 630, Maometto conquistò anche la Mecca. I jihadisti sfruttano tali riferimenti storici manipolandoli per fini politici. Abdullah Azzam, il padre della jihad moderna, nei suoi testi affermava che "trascurare la jihad è come abbandonare il digiuno e pregare. Solo con la jihad il musulmano può raggiungere il più alto dei ranghi. Il credente vede la vita terrena come una prigione ed ambisce a raggiungere Allah".

Fatti e cifre

Otto delle sedici pagine del quarto numero di al-Haqiqa sono dedicate al conflitto in Siria ed “ai crimini commessi contro quel popolo”. E’ la visione di Al Qaeda per quello che definisce un “conflitto su larga scala”

“Il conflitto in Siria è sempre stato definito come una guerra civile, ma non è così. Russi, turchi, iraniani, ebrei per non parlare della coalizione guidata dagli Stati Uniti e dalle forze malvagie dello stesso taghut: sono tutti coinvolti in un conflitto su larga scala che si sta svolgendo in Siria da sette anni. I crimini di guerra commessi da tutti questi paesi contro il popolo siriano sono numerosi e orribili. Queste fredde cifre rappresentano la vita di musulmani come te e me che sono morti in questi anni. Questa è la verità di sette anni di una guerra per procura contro fratelli e sorelle innocenti che, non dimentichiamolo, vogliono solo di liberarsi dall’oppressore”.

Tra le “buone notizie”, Al Qaeda asserisce che “grandi parti della Siria sono state liberate, con numerosi mezzi e velivoli nemici abbattuti dai Mujahideen”.

La storia di un determinato Mujahid

Segue poi il breve racconto di un uomo senza nome “infervorato nel cuore dopo un sogno”. Al di là del contenuto “Chiedo che io sia martirizzato come servo sincero”, il testo è un subdolo strumento strategico che racchiude alcuni dei concetti fondamentali della propaganda jihadista e della reinterpretazione delle leggi islamiche.

Dell’uomo sappiamo soltanto che desiderava fare Hijrah dall’Arabia Saudita in Siria

“Dopo aver supplicato Allah di diventare un martire, nell’ultimo giorno del Ramadan ho sentito spalancare le porte del cielo". Subdolo questo passaggio. Il tema della Gloria del Martirio è ricorrente nella propaganda jihadista, tuttavia al martire consacrato nella Notte del Destino sarà assicurata la gloria e la redenzione.

"E 'stata una esperienza profondamente religiosa, qualcosa che non mi era mai accaduto prima. Dovevo solo essere paziente”. Il racconto, simile a molti altri (l’uomo sarà arrestato e torturato in Turchia), si conclude con la sua liberazione grazie alla solita “stupidità” occidentale.

“Gli operatori umanitari fecero visita nella nostra prigione, assicurandosi delle nostre condizioni. Riuscirono a convincere il governo turco che eravamo tutti siriani e fummo rilasciati. Infine, dopo aver subito molte prove e tribolazioni sul sentiero, ho raggiunto la Siria. Adesso non aspetto altro che immolarmi come un leone alla causa di Allah cosi da incontrare presto mio figlio, morto in Arabia Saudita durante la mia prigionia in Turchia”.

Nel racconto del martire i principali canoni della propaganda jihadista

Il concetto di Hijrah

Il secondo numero di al-Haqiqa è stato dedicato alle prigioni fisiche e mentali ed alla rivisitazione della dottrina islamica della migrazione, la Hijrah. Concetto ripreso anche nel quarto numero. Emigrare per predicare la parola di Allah è considerato nell’Islam come uno degli atti più nobili. Il concetto di Hijrah presente nel secondo e quarto numero di al-Haqiqa va inteso come una chiamata alle armi per unirsi alla causa dei mujahedin in Siria. La dottrina islamica della migrazione si trasforma quindi in obbligo per i musulmani così da rinfoltire i ranghi in Siria.

Il leone

Il leone è diventato un motivo chiave nella propaganda jihadista come simbolo di onore o per designare un martire, alla stregua dei messaggi in presenza di uccelli verdi. Il leone è una figura importante per l'arte e la cultura islamica. Evoca doti di coraggio, forza e valore. Secondo la tradizione islamica, la frase “il leone giacerà con l'agnello” è utilizzata per descrivere la pace escatologica che sarà costituita sotto un sovrano giusto e degno nel giorno del giudizio.

La stupidità dei crociati

Ridicolizzare l’apparato di sicurezza dell'Occidente ribadendo che il volere divino non è mai il medesimo e che si realizza tramite azioni semplici ed immediate. Quella definita come stupidità dei crociati è più volte menzionata nei testi jihadisti come ad esempio nel nono numero di Rumiyah o nell’edizione di Dabiq nel novembre del 2015. La letteratura jihadista va interpretata, non semplicemente tradotta in modo letterale. La stupidità va intesa come l’inefficacia dell’occidente nel prevedere e contrastare in modo efficace un’azione violenta isolata. Approfondendo il concetto, la stupidità crociata rappresenta l’occasione favorevole per colpire. Nella reinterpretazione teologica, la finestra temporale utile è sempre di ispirazione divina.

"Ho chiesto ad Allah di diventare un martire"

Non possiamo capire la mentalità jihadista se non studiamo attentamente i testi strategici di riferimento

Il principale testo operativo di al Qaeda si intitola Management of Savagery: The Most Critical Stage Through Which the Umma Will Pass. Scritto da un certo Abu Bakr Naji è stato pubblicato nel 2004. E’ l’unica opera della letteratura pubblica jihadista ad essere stata firmata da Abu Bakr Naji. Si ritiene che fosse l’egiziano Mohammad Hasan Khalil al-Hakim noto anche come Abu Jihad al-Masri (l'egiziano) eliminato in un raid USA il 31 ottobre del 2008. Se Abu Bakr Naji e Mohammad Hasan Khalil al-Hakim fossero la stessa persona, all’autore bisognerebbe accreditare anche il testo strategico Myth of Delusion del 2006 ed il saggio Towards A New Strategy in Resisting the Occupier. Management of Savagery consta di 268 pagine divise in cinque argomenti. E' un lungo e complesso testo retorico che richiede uno studio accurato. L’opera presenta una strategia per creare/ sfruttare il caos o la ferocia dei regimi politici per formare succursali di al Qaeda. Queste si sarebbero poi unite per proclamare un califfato mondiale che sarebbe stato innescato dal crollo della monarchia saudita. Al Qaeda, infine, avrebbe assunto il controllo della capitale religiosa del mondo islamico. Abu Bakr Naji, teorico della strategia “Gestione delle barbarie”, chiede di continuare la lotta jihadista contro l'Occidente, mentre predica pazienza per la creazione di un nuovo califfato.

The Jurisprudence of Blood o Fiqh al-Dima è la bibbia dell'Isis. 579 pagine scritte da Abu Abdullah al-Muhajir, veterano della guerra in Afghanistan. L'uomo dovrebbe essere ancora vivo. Parliamo di un soggetto le cui opere hanno plasmato il pensiero del moderno terrorismo islamico. Fiqh al-Dima espone un subdolo quadro teorico, legale e religioso per giustificare qualsiasi tipo di azione. Alcuni titoli dei 20 capitoli sono: "Decapitazione e mutilazione", "Non esiste la resa", "Rapimento degli infedeli in guerra", "Come uccidere le spie", "Uccisione indiscriminata di infedeli in guerra", "L'utilizzo delle armi di distruzione di massa". Il testo è in qualche modo basato sulle letture tradizionali, ma reinterpreta in modo distorto la teologia islamica. Questi testi sono essenziali per creare posizioni non negoziabili nei jihadisti.

La nuova strategia del suicidio

Abu Abdullah al-Muhajir offre una soluzione teologica che permette a chiunque lo desideri di eludere le ingiunzioni coraniche contro il suicidio. La sua posizione si riduce allo scopo ed all'intento dell'attacco.

“Il suicidio con l'intento di porre fine al dolore personale è vietato perché implica che la persona in questione sia intenzionalmente ignorante della misericordia di Dio. Tuttavia, se l'intento è quello di sostenere la religione, lo stesso atto diventa qualcosa di onorevole”. Molti teorici prima di lui hanno affrontato la liceità di un attacco suicida, ma Muhajir espande il concetto, abbattendo i precedenti limiti teologici.

“L’attentatore suicida non deve essere considerato come l’ultima risorsa in caso di guerra.

L’attacco suicida non deve necessariamente determinare un beneficio per la comunità musulmana o essere concepito esclusivamente per alterare le sorti di un conflitto. Chi vuole morire per la giusta causa, sarà libero di farlo”. Ecco creata la flessibilità necessaria per attivare i martiri utilizzata dall'Isis e da al Qaeda. Le opere di Abu Abdullah al-Muhajir continueranno a plasmare la traiettoria del militarismo salafista per gli anni a venire.

Perchè i terroristi prediligono l'attacco suicida?

L'attentato suicida è impossibile da prevedere e genera pubblicità. L'attenzione dei media è come l'ossigeno per i terroristi. L'attacco suicida riceve un'enorme copertura mediatica a causa della dinamiche e del danno scioccante inflitto indiscriminatamente contro bersagli e civili inermi. Da non dimenticare, infine, che per un attentato suicida di successo è richiesta poca esperienza e scarse risorse. Pertanto l'attacco suicida è molto più conveniente rispetto ad altre tattiche come la presa di ostaggi che richiede un investimento considerevolmente maggiore nelle risorse, nella pianificazione e nella formazione. Indipendentemente dai loro obiettivi a lungo termine, l'attentato suicida è utilizzato in modo razionale e calcolato dai terroristi. Se utilizzato frequentemente e troppo indiscriminatamente, può diventare meno scioccante nel tempo e persino alienare le popolazioni che i militanti hanno bisogno di sostenere per la loro lotta a lungo termine.

A differenza delle tattiche utilizzate dai kamikaze giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, gli attentati suicidi sono deliberatamente impiegati dai terroristi per un effetto politico calcolato. Dal 1983 l'attentato suicida è la tattica preferita dai terroristi dallo Sri Lanka alla Cecenia, dall'Afghanistan alla Siria. Le organizzazioni terroristiche sfruttano l’attacco suicida, meccanicamente semplice e tatticamente efficiente, per generare un supporto alla causa. La cintura esplosiva indossata da un kamikaze è la granata a frammentazione perfetta per il duplice motivo di essere intelligente e mimetizzata. Tatticamente parlando a vantaggio dell’attentatore suicida vi è la sua difficile individuazione e la capacità di colpire bersagli altamente sensibili o poco protetti, ma di enorme impatto emotivo è. Se il lone wolf (che solo non è mai) potrebbe essersi evoluto in branco per massimizzare l’efficacia e coordinare gli attacchi, il terrorismo islamico ha già dimostrato il fine delle sue azioni: spettacolarizzare la morte. La sensazione di insicurezza costante, il modificare il proprio stile di vita, il cedere alcune libertà individuali sacrificandole sull’altare della sicurezza: il terrorismo si pone l’obiettivo di scardinare gli schemi classici, modificando e plasmando lo status quo che la società conosce. Il danno inflitto dagli attentati suicidi è sia fisico che psicologico e si basa sull'elemento sorpresa. La sorpresa viene generata trasformando il quotidiano o l’innocenza dei bambini in armi (raramente senzienti).

Al Qaeda: Sette anni dopo il martirio di Bin Laden la Jihad continua

Il quarto numero di al-Haqiqa inizia e si conclude nel ricordo di Bin Laden

"Sette anni dopo il martirio del nostro amato sceicco Bin Laden, i mujaheddin continuano la Jihad su scala globale. In tutto il mondo i musulmani amanti della pace hanno lasciato la sicurezza delle loro case ed il calore della famiglia per raccogliere le armi e difendere l’Islam. Non accettano più la presenza degli eserciti infedeli. Sono determinati e perseveranti perché credono che un giorno la loro prole vivrà in un Califfato unito e vero. Sette anni dopo il martirio del nostro amato sceicco, le armate del male sono state pesate e trovate mancanti. Potranno vincere una battaglia, ma non vinceranno la guerra. Il morale degli infedeli è basso e si rintanano dentro le loro basi. Sono costretti ad utilizzare armi chimiche compiendo massacri. I leader del mondo dimenticano presto perché le vittime sono soltanto musulmane. I mujhaideen tuttavia non dimenticano. Sono passati sette anni. Forse ce ne vorranno altri sette o più, ma i Mujahideen resisteranno sempre al kuffar. Come lo sceicco Osama bin Laden ha detto: "Jihad continuerà anche se non sarà più tra voi”.

Il quarto numero di al-Haqiqa

al Qaeda si riprende la scena virtuale

Il primo numero della nuova rivista fu pubblicato nel marzo dello scorso. Nei primi tre numeri di al-Haqiqa avevamo identificato uno stile linguistico estremamente semplice ed immediato. La grafica come l’impaginazione erano grossolane e confuse. Scarsi anche i riferimenti religiosi a supporto delle azioni da intraprendere. Avevamo classificato al-Haqiqa come un testo entry level dedicato alla radicalizzazione a distanza di simpatizzanti e fondamentalisti sparsi per il mondo. Un'opera certamente diversa da Inspire, storico magazine di al Qaeda, sia nei contenuti che nella forma. Il quarto numero pubblicato questa notte mantiene un semplice ed immediato stile linguistico, il medesimo che avevamo identificato nei numeri precedenti, ma è un’opera molto più matura e raffinata. E' stato definito dagli stessi autori come un numero speciale ed in effetti si pone tra le opere di propaganda dell'intero panorama jihadista meglio curate degli ultimi mesi. E' certamente opera di uno o più professionisti, probabilmente i medesimi dietro Beituki.

Con il quarto numero, al-Haqiqa raggiunge la maturità. Ancora più importante è il ruolo di al Qaeda nella propaganda digitale pubblica. Dopo due anni passati in secondo piano a discapito della propaganda Isis, al Qaeda si riprende la scena virtuale. Il quarto numero di al-Haqiqa è stato diffuso questa notte, colmando le lacune della letteratura Isis, ormai concentrata sulle infografiche di al-Naba, assente durante il Ramadan. Al-Naba non andrebbe assolutamente confusa con le prime schede diramate dai sostenitori dell'Isis come ad esempio quelle pubblicate da Khattab Media Foundation e Wafa' Media Foundation. Al-Naba resta un'opera settimanale molto semplice da produrre e diversamente dalla defunta Rumiyah, consta di poche pagine.

Al-Haqiqa e Beituki sono due nuovi strumenti di propaganda plasmati sul moderno contesto internazionale e sulle mutate esigenze di al Qaeda. E’ un approccio certamente diverso da quello adottato per Inspire o Rumiya, intesi come veri e propri manuali di guerra. Mutati contesti operativi impongono una diversa letteratura di supporto. Il quarto numero di al-Haqiqa è dedicato alla resistenza dietro il ricordo di Bin Laden, figura che continua ad infervorare nuove e vecchie leve di al Qaeda. Per il jihadista, il territorio fisico in senso stretto è un’idea, mentre le sconfitte sono semplicemente prove per determinare la fede di un vero credente. La realizzazione delle aspirazioni ideologiche sono molto più importanti della gestione permanente di qualsiasi pezzo di terra.

A differenza di quanto avveniva con le precedenti opere jihadiste immesse sulla rete negli ultimi dodici mesi, tutti i file di Beituki e al-Haqiqa non sono stati corrotti dai servizi segreti occidentali e sono disponibili integralmente in diverse piattaforme.

La struttura delle narrazioni strategiche

Aumentare la coesione organizzativa

Caratterizzare i membri del terrorismo come vittime di una società ingiusta ne aumenta la coesione organizzativa, mentre nuove regole di condotta morale si applicano alle iterazione con gli avversari che non si percepiscono come umani. L'identità del gruppo è fondamentale per la formazione, l'assunzione e il funzionamento delle organizzazioni terroristiche. Le narrazioni strategiche impiegate dalle organizzazioni terroristiche seguono una precisa struttura progettata per mostrarsi idealizzata e non contraddittoria. Obiettivo della propaganda è il rafforzamento dell'identificazione negativa di coloro che non sono conformi agli ideali del gruppo. In sintesi, le comunicazioni terroristiche celebrano e definiscono l'identità dei militanti, definendo quali azioni devono essere adottate o evitate per preservare l'integrità dell'appartenenza al gruppo. Uno spiccato senso di vittimismo si traduce in un potente motivatore per giustificare la violenza e l'ideologia estremista. L’obiettivo è quello di scatenare una dissonanza cognitiva per azioni religiosamente, politicamente ed eticamente non giuste, ma idealmente necessarie per raggiungere gli obiettivi del gruppo. Tale giustificazione è essenziale per razionalizzare il coinvolgimento contro i gruppi percepiti come negativi.

Le narrazioni strategiche sono strutturate per giustificare nel terrorista un’azione che si discosta dalla propria identità religiosa, culturale e politica. Le costanti informazioni stereotipate contribuiscono ad una distorta attribuzione dell’errore ed alla de-umanizzazione dell’avversario, inglobato in un’unica categoria.

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