Quelle donne dai corpi tatuati che sfidavano religione e leggi

Per molto tempo in Giappone i tatuaggi sono stati visti come il simbolo del male. Poi qualcosa è cambiato...

Quelle donne dai corpi tatuati che sfidavano religione e leggi

“Kenzo non poteva vedere il viso del tatuatore, che gli dava le spalle, ma riusciva a distinguere il movimento preciso delle mani. Con il pollice e l’indice della mano sinistra tendeva la pelle, mentre nel medio e l’anulare della stessa mano stringeva tre pennelli. Servendosi poi del polpastrello sinistro come di una leva, con la destra faceva penetrare nella pelle uno dopo l’altro, su e giù, gli aghi raccolti in un mazzo, producendo una specie di lievissimo scoppiettio”.

Nel secondo dopo guerra gli irezumi, i tatuaggi tradizionali, sono ancora vietati per legge in tutto il Giappone. Solo gli uomini della yakuza, le donne di malaffare e, più in generale, le classi sociali più basse sono disposti ad arrischiarsi in uno studio illegale per farci incidere tutta la schiena. Ed è in una Tokyo sordida, ancora devastata dai bombardamenti è resa insicura dalla povertà, che viene ritrovato in una stanza chiusa dall’interno il cadavere di una donna bellissima. È stato fatto a pezzi e ne sono rimasti solo gli arti. Il tronco, prima completamente ricoperto da un serpente e da un Orochimaru.

Il drammatico omicidio di Kinue è solo il primo di una lunga scia di sangue che si dipana nel romanzo di Takagi Akimitsu (1920-1995): Il mistero della donna tatuata (Einaudi). “Pochi al mondo conoscono la bellezza dell’irezumi - il tatuaggio. E ancora meno sono coloro che subiscono il fascino insito nel gesto di imprimere una vita segreta su un corpo umano. Quell’ignoranza è probabilmente dovuta a tenaci pregiudizi”. Akimatsu, che dopo la laurea decise di fare lo scrittore seguendo la profezia che gli fece un indovino divenendo uno dei più importanti e famosi autori di gialli giapponesi, ci porta in un mondo in cui questo pregiudizio è violentissimo. La maggior parte delle “persone perbene” dà “per scontato che a farsi tatuare sia soltanto la feccia della società”. Questo perché per i giapponesi educati dal pensiero confuciano credono che il corpo ricevuto dai genitori debba essere preservato intatto. Così accade, nell’immediato dopo guerra, che gli irezumi inizino a “contagiare” gli occidentali che si trovano in Oriente. È l’esercito di occupazione che inizia a portarne disegni e tecnica negli Stati Uniti ed è qui che iniziano a tenersi i primi concorsi per eleggere il disegno più bello a cui partecipano anche le persone più in vista. Al concorso organizzato dal Circolo tatuati di Edo, che Akimatsu descrive nel romanzo pubblicato nel 1948, partecipano solo avanzi di galera. E tra questi pure una ventina di donne, il peggio del peggio. La vincitrice è proprio Kinue, figlia di un grande tatuatore Hori’yasu. Troppo sfrontata, troppo bella, troppo disinibita. Così succede che qualcuno la ammazza con qualche goccia di cianuro nascosto in un bicchiere di birra e le deturpa il corpo nel modo peggiore.

Il caso viene affidato all’ispettore capo Matsushita che finisce per indagare nei bassi fondi di Tokyo. Qui entra in contatto con spietati uomini d’affari, che fanno i soldi nel mercato nero che prolifera sulle macerie del conflitto mondiale, violenti uomini della yakuza, che entrano ed escono dal carcere, maniaci appassionati di irezumi, che sono disposti a pagare per “strappar via” la pelle tatuata da un cadavere, e una maledizione che grava sulla stessa Kinue e sui suoi due fratelli, anche loro completamente disegnati.

Nonostante lo stigma del Confucio e della legge quello che Akimatsu fa emergere in un racconto tanto veloce quanto asciutto è la bellezza di una tecnica e di una una cultura che non può essere relegata nei bassi fondi. Perché soffrire e spendere tanto per poi essere additati da tutti? Nella regione del Kansai l’irezumi viene chiamato anche gaman, ovvero pazienza, perché chi decide di farlo sa che dovrà sopportare sia la spesa sia il dolore. Le sedute dei tatuaggi tradizionali sono molto brevi e l’infezione che ne consegue porta sempre a puntate di febbre a 39 gradi. Eppure molti sono disposti a sfidare tutto questo per avere addosso un disegno che li segnerà per sempre. Tutto questo perché, secondo un noto psicologo, il tatuaggio è un istinto umano primordiale: l’incarnazione perfetta della libido. “Da una parte - spiega - abbiamo un ago acuminato, dall’altra l’epidermide perforata, e il liquido che sgorga.

C’è chi dà e chi riceve: si possono chiaramente vedere, in quest’atto, le due facce di una stessa medaglia”. È forse per questo che, quando in Giappone sembrava che la legge è il sentire comune fossero riusciti a sradicare l’irezumi, ecco che questo è risorto dalle sue stesse ceneri. Come la Fenice.

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