Tutte le strade del Russiagate e della successiva controinchiesta del Procuratore John Durham portano a Roma. Come riporta La Stampa, proprio a Roma, il 3 ottobre 2016, si era svolto un incontro segreto e cruciale tra gli investigatori dell'Fbi e il loro informatore britannico Christophere Steele, autore del famoso rapporto sulle presunte relazioni pericolose fra Trump e il Cremlino. Un dossier che poi si è rivelato essere in larga parte infondato e falso, come lo stesso ex membro dell’agenzia di spionaggio per l’estero della Gran Bretagna ha ammesso in seguito, finanziato peraltro da Fusion Gps, dal Comitato nazionale democratico, dalla Campagna di Hillary Clinton e dal Washington Free Beacon. In buona sostanza, dai nemici di Trump. L’inchiesta dell’Fbi sulle connessioni tra la campagna di Trump e la Russia portò alla nomina del consigliere speciale Robert Mueller, il quale ha prodotto il dossier conclusivo sull’inchiesta che stabilisce che non c’è alcuna collusione fra Donald Trump e la Russia, come dichiarato anche dal Procuratore generale William Barr.
Steele, ricorda La Stampa, dopo la carriera nell'intelligence, aveva successivamente fondato una sua agenzia investigativa, la Orbis, e in tale vesta aveva conosciuto Michael Gaeta, assistente legale presso l’ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Una volta avviata l'inchiesta Crossfire Hurricane, l' Fbi aveva riaperto il canale con Steele attraverso Gaeta. Quindi il 3 ottobre del 2016 Michael aveva invitato l'ex agente dei servizi segreti a Roma, offrendogli 15.000 dollari per scambiare informazioni con tre agenti impegnati nell'indagine su Trump. La conversazione in un luogo segreto era durata circa tre ore, e Steele se era offerto anche di mettere l'Fbi in contatto col manager dell'hotel di San Pietroburgo che aveva visto Trump con le prostitute. Il tutto è contenuto nel rapporto su Crossfire Hurricane che l'Inspector General del dipartimento alla Giustizia Michael Horowitz ha pubblicato il 9 dicembre scorso, dalla pagina 108 alla pagina 115, e ancora a pagina 386.
L'intreccio sul Russiagate che porta a Roma
Roma è anche il luogo dell'incontro fra George Papadopoulos, ex adivsor della Campagna di Donald Trump, e il docente maltese Joseph Mifsud. È il 12 marzo 2016 quando George Papadopoulos arriva a Roma, alla Link Campus. Un momento cruciale per comprendere le origini del Russiagate e la successiva inchiesta condotta dal procuratore generale William Barr e da John Durham che dovrà stabilire chi e per quale motivo ha fabbricato false prove al fine di incastrare Donald Trump e alimentare la tesi della collusione con il Cremlino. È proprio a Roma che Papadopoulos incontra il docente maltese, l’uomo scomparso nel nulla che, secondo le autorità americane, rappresenta la chiave di tutta questa incredibile spy story che coinvolge anche l’Italia.
È lo stesso Papadopoulos a ricostruire il suo arrivo a Roma e il suo incontro con Mifsud nel suo libro Deep State Target, uscito qualche mese fa negli Stati Uniti. Secondo Papadopoulos, la sera stessa del 12 marzo 2016, l'ex consulente di Donald Trump e Joseph Mifsud cenano in una trattoria romana, per la precisione alla Trattoria al Moro, nei pressi della Fontana di Trevi. La storia, poi, è nota: Secondo la ricostruzione ufficiale, il docente affermò in un successivo incontro dell’aprile 2016 allo stesso Papadopoulos di aver appreso che il governo russo possedeva “materiale compromettente” (dirt) su Hillary Clinton “in forma di e-mail”. A quel punto l’ex consulente del presidente avrebbe ripetuto tali informazioni all’alto Commissario australiano a Londra, Alexander Downer, che a sua volte riferì tutto alle autorità americane.
Da qui, il 31 luglio 2016, partirono le indagini dell’Fbi sui presunti collegamenti fra Trump e la Russia, accuse che in seguito si sono dimostrate inconsistenti. Ma allora, chi ha voluto lanciare questa "polpetta avvelenata" contro Trump? Tocca proprio a Durham scoprirlo e Roma potrebbe essere l'epicentro della (presunta) cospirazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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