Il ceffone rifilato sul palco da Will Smith a Chris Rock durante la consegna dei premi Oscar continua a dividere l'America. Battuta fuori luogo? Reazione esagerata? Dopo il dibattito delle prime ore e le scuse di Smith per la reazione scomposta a una battuta a dir poco infelice, ora la discussione sconfina in un altro ambito, quello "identitario" e razziale che polarizza l'America. "Forse la domanda più grande che dovrebbe essere posta è perché ci si aspettava abitualmente che i neri di Hollywood sorridessero e sopportassero imbarazzo e degrado senza esprimere alcun malcontento o rischiare di essere visti come arrabbiati?" si chiede in un articolo d'opinione su Forbes Maia Niguel Hoskin, secondo la quale la questione è "sistemica", radicata nella "cultura suprematista bianca" pensata per "sorvegliare" il comportamento dei neri.
Secondo Hoskin, esisterebbe, in buona sostanza, uno stereotipo culturale secondo cui le persone di colore dovrebbero comportarsi in un determinato modo che piace e aggrada i bianchi: qualsiasi emozione diversa dall'autocompiacimento o dall'apatia, "squalificherebbero", infatti, le stesse persone di colore. E se la battuta di Chris Rock sulla moglie di Will Smith è stata fuori luogo e inopportuna, perché si critica l'attore e non si "mette in discussione il sistema razzista" che rappresenterebbe la causa di tutti i mali d'America? Un ragionamento a dir poco arzigogolato per affermare che, insomma, la colpa dello schiaffone è da attribuire alla cultura suprematista.
Criticare Will Smith? È razzismo
Della stessa opinione Tayo Bero che, sul britannico Guardian, osserva come vi sia del razzismo nelle critiche che alcuni "bianchi" hanno mosso a Will Smith. Esempi? Se il conduttore radiofonico Howard Stern ha paragonato l'attore all'ex presidente Donald Trump, il regista di Hollywood, Judd Apatow, ha scritto in un tweet - poi rimosso - che Smith "avrebbe potuto uccidere" Rock, definendo lo schiaffone un gesto di "rabbia e violenza pura fuori controllo". È chiaro, spiega Bero, che "molte persone (anche quelle nella comunità che hanno buone intenzioni) trovano l'incidente così discutibile solo perché speravano che Smith si comportasse in modo decoroso per i bianchi in quello spazio". Ma secondo Bero, l'indignazione dei bianchi non è l'unico problema di tutta questa vicenda. Alla radice di tutto c'è una mancanza di cura e rispetto verso le donne di colore che spiegherebbe perché molti hanno reagito negativamente all'immagine di Smith che difendeva sua moglie in quel modo. Il mondo, sottolinea, "è così abituato a vedere le donne nere come indegne di essere protette" che "non riesce a vedere alcun merito nelle azioni di Smith o nelle emozioni che le hanno stimolate".
L'ascesa della politica identitaria
Un dibattito surreale? Non per gli Stati Uniti. Con l'ascesa della politica identitaria, infatti, l'opinione pubblica a stelle e strisce si è polarizzata fra progressisti "woke" ossessionati dalle minoranze e ultra-conservatori. L'omicidio di George Floyd e le violente proteste antirazziste, nonché l'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021 poi, hanno definitivamente sdoganato una guerra culturale che stringe l'America nella morsa di un conflitto pericoloso, sintomo di una società sempre più atomizzata. Secondo Mark Lilla, il modello identitario è un credo professato da un'élite urbana, isolata dal resto del Paese, la quale vede i problemi di ogni giorno attraverso la lente dell'identità.
Il risultato è un "panico morale su razza, genere, identità sessuale che ha distorto il messaggio del liberalismo e impedito che divenisse una forza unificante" e che produce, per reazione, gli estremismi di destra alla "QAnon".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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