Negli ultimi anni l’industria audiovisiva cinese ha avuto uno sviluppo incredibile. Da una parte l’aumento esponenziale delle sale cinematografiche, molte di esse attrezzate con tecnologie di ultima generazione, la crescita di piattaforme di streaming o di contenuti brevi, l’industria dei video games. Dall’altra la nascita di un’intera nuova generazione di professionisti di ogni settore. Ma, soprattutto, la crescita di un pubblico affamato di contenuti di qualità sempre maggiore. Quando ho cominciato a frequentare la Cina, ricordo che l’attenzione degli investitori era concentrata nel cercare di intercettare sempre e solo le presunte ultime tendenze. “Ora è il momento delle commedie romantiche… ora non più!... Ora è il momento della commedia… Ora dei fantasy film, ecc…”.
Ad un certo punto si è cominciato a capire che in un mercato maturo c’è spazio per tutti i generi, ognuno ovviamente con un suo pubblico specifico di riferimento. Ecco allora i casi incredibili di società come Road Pictures (路画) che ha portato in Cina film come Capernaum e li ha fatti diventare successi al botteghino nonostante fossero prodotti considerati art house. Questi grandi risultati sono stati possibili anche grazie ad un confronto costante con l’industria del resto del mondo. Film market, forum e momenti di apprendimento, scambi di idee, talenti ed opportunità, nuove rotte economiche… Per un decennio il cinema cinese si è confrontato con un flusso di scambio a due direzioni che ha visto anche tanti professionisti internazionali (me compreso) portare la propria attività in Cina. Con questo spirito anni fa è nata la nostra associazione Bridging the dragon, una realtà senza scopo di lucro che ha lo scopo di collegare produttori cinesi ed europei per offrire loro l’opportunità di conoscersi meglio, esplorare le possibilità di collaborazione a tutti i livelli, per un ampliamento del loro business. È stato un ponte incredibile che ci ha aiutato a crescere attraverso la comprensione reciproca.
Collaborazione e cooperazione
L’esempio più recente è il film La ricetta italiana, che io e i miei colleghi abbiamo prodotto insieme a Beijing WD Pictures e una affliata di Kaixin Mahua, una delle maggiori powerhouse di commedia cinesi. È una commedia romantica diretta dalla giovane e talentuosa regista donna Hou Zuxin, interpretata dalla bravissima Huang Yao ma girata in gran parte nella magica città di Roma e con la partecipazione di alcuni dei più bravi talenti tecnici del cinema italiano (fotografia, scenografia, costumi). È stata prodotta utilizzando investimenti cinesi combinati con tutte le possibili risorse pubbliche e private italiane: fondi regionali, incentivi fiscali, preacquisto della televisione (Rai cinema), product placement. Una vera collaborazione artistica e produttiva uscita in Cina in un gran numero di sale e che vuole essere un segnale di incoraggiamento alla possibilità di unire le nostre professionalità per migliorare la qualità e il risultato economico dei film. Ancora oggi l’universo Cina resta sconosciuto a molti operatori occidentali e, viceversa, molte opportunità presenti in Europa non sono pienamente comprese da quelli cinesi. C’è sicuramente ancora molta strada da fare. Due anni di pandemia hanno isolato i nostri paesi. In campo audiovisivo molti di noi hanno cominciato a tornare a rivolgersi solo al mercato interno vedendo le coproduzioni come un impegno eccessivo e poco fruttuoso. Ma è importante, invece, mantenere una visione lungimirante. L’audiovisivo ha un grande potere di suggestione e rappresenta un indotto economico enorme, ben oltre il semplice sfruttamento del singolo film. Bisogna augurarsi che nessuna emergenza sanitaria o tensione geopolitica
mettano a rischio questo processo di scambio.
L'autore, Cristiano Bortone, è regista e produttore cinematografico
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