Sono scesi in piazza in migliaia, marciano per le strade delle città in Colombia e chiedendo con forza che l'accordo raggiunto con i guerriglieri delle Farc non diventi carta straccia, dopo che un referendum segnato da una grande astensione ha fatto vincere il "no" a una pace che avrebbe chiuso un conflitto che dura da oltre 50 anni.
Un avversione che non è alla pace in sé, ma piuttosto al contenuto dell'accordo con la guerriglia marxista, che a chi ha votato contro ha fatto dire che il governo avrebbe dovuto essere meno conciliante e più duro con le Farc. Sono 220mila le vittime dello scontro che dura da cinque decenni.
#AcuerdoYa, "sì all'accordo". Era questo lo slogan sotto cui le manifestazioni sono state convocate e lo saranno fino a venerdì. Proteste che si sono svolte in un silenzio irreale. A Bogotà i giovani hanno marciato verso Plaza de Bolivar. Quarantamila persone, mute di fronte a un "no" che mette a rischio la pace, hanno acceso qui una candela, un gesto simbolico per chiedere che si faccia in fretta, perché il cessate il fuoco scadrà.
Il presidente Juan Manuel Santos lo ha ribadito più volte: non ha intenzione di lasciare il suo posto in un Paese ancora in guerra. E se c'è chi ha chiesto alla gente di votare "no", come il suo predecessore Alvaro Uribe, un incontro tra i due fa ben sperare per la sorte della Colombia.
Il presidente e il suo precedessore, il cui padre fu ucciso proprio dalle Farc, si sono parlati per quasi quattro ore, alla circa di una base comune
da cui ripartire. La delegazione guidata da Uribe ha proposto una serie di aggiustamenti che ritiene necessari per tornare a traghettare il Paese verso la pace con un accordo il cui testo - sostiene - deve essere cambiato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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