Sulle note di un antico Muhu

C’è molto da scoprire nella valle del fiume Nujiang: paesaggi incantevoli, lotta alla povertà, la cultura e la musica della minoranza Nu. Ma si può anche ritrovare se stessi

Sulle note di un antico Muhu

“Nā ne gen, Gē jia Pielo qing” nella lingua della minoranza Nu significa “Ciao, mi chiamo Piero”. E’ una delle semplici frasi che ho appreso soggiornando nella valle del Fiume Nujiang, in una cittadina chiamata Bingzhonglu, ai piedi dell’altipiano tibetano, in una prefettura autonoma della parte nord-occidentale della provincia dello Yunnan, popolata da numerose minoranze etniche come i tibetani, i Lisu, i Derung e, appunto, i Nu. Scendendo a valle dalla parte orientale dell’Himalaya, il Fiume Nujiang solca le montagne boscose che lo fiancheggiano, formando una gola profonda migliaia di metri e disegnando paesaggi di bellezza rara. Sui monti che costeggiano il letto del fiume è possibile scorgere numerosi villaggi di abitazioni tradizionali in legno, con tetti di pietra grigio-azzurra. Ai loro piedi il verde dell’acqua si riflette nei raggi del sole, che di primo mattino scaldano l’aria, avvolgendo la vallata in un mistico manto bianco.

Nel mio viaggio nella valle del Nujiang ho visitato tre villaggi, raccogliendo dagli abitanti confidenze sulla loro cultura e sulle loro condizioni di vita, migliorate in questi ultimi anni
grazie alle misure adottate dal governo locale all’interno del programma nazionale di lotta alla povertà. A Wuli, sull’antica Via del tè e dei cavalli insieme con Wang Lige. Nel villaggio di Wuli ho conosciuto Wang Lige, un ragazzo poco più che trentenne che ancora oggi, così come facevano i suoi antenati, trasporta merci a dorso d’asino. Per accedere a Wuli dalla strada statale che corre parallela al fiume, sulla sponda opposta a quella del villaggio, non ci sono vie asfaltate. La gente del posto si serve ancora degli animali da soma quali principali mezzi di trasporto. Insieme a Wang ho percorso un tratto dell’antica Via del tè e dei cavalli, un sentiero ricco di storia. “Negli ultimi anni le strade sono molto migliorate, adesso ci sono sempre più turisti che vengono a visitare il nostro villaggio” mi ha spiegato Wang durante il tragitto. Grazie al turismo gli abitanti di Wuli hanno visto elevare, di molto, la propria condizione economica e un numero sempre crescente di giovani adesso preferisce rimanere, aprendo strutture ricettive a conduzione familiare, piuttosto che migrare in città maggiori in cerca di lavoro. “Prima però le cose erano ben diverse” ha proseguito Wang. “In passato Wuli, così come gli altri villaggi dell’area, era molto povero”.

Per questo recentemente il governo locale ha investito molto nelle infrastrutture e ha attuato inoltre - come mi ha poi riferito un funzionario locale - una serie di politiche per garantire l’accesso gratuito all’istruzione e abbattere quasi completamente le spese affrontate dagli abitanti per le cure sanitarie, attraverso un sistema assicurativo che copre fino al 95% del costo dei servizi sanitari erogati. Fino a poco tempo fa anche i più giovani del villaggio faticavano per raggiungere fisicamente la scuola, racconta Wang, “dovevamo camminare per ore”. Ora invece dopo la costruzione della meili gonglu (la nuova e più bella strada asfaltata che porta alla cittadina di Bingzhongluo, dove ha sede la scuola più vicina) “ci vuole mezz’ora di macchina”. Lo sguardo di Wang Lige si colora di speranza quando parla dei suoi due figli piccoli. “L’istruzione è la leva che può dare opportunità alle nuove generazioni”, sentenzia, lui che nella vita ha conosciuto la fatica. Per uno come me invece, un “privilegiato” quarantenne di città, il messaggio di Wang significava ben poco prima di incontrarlo, l’avevo emotivamente cancellato, ed è grazie a lui se questa consapevolezza si è riaffacciata all’improvviso, riportandomi alle umili origini che sono state anche mie, alle parole che da bambino ascoltavo da mio padre: “Studia, perchè il lavoro che fa papà è faticoso. Tu studia, mi raccomando...!”. Sono i turisti che combattono la povertà... In questa regione così remota della provincia dello Yunnan, la costruzione di nuove strade permette a chi ci vive di raggiungere più agevolmente i centri abitati più grandi, ma svolge anche un’altra funzione vitale: permette ai turisti di arrivare facilmente. E’ naturale che tra le principali strategie di contrasto alla povertà ci sia la valorizzazione dell’incredibile patrimonio paesaggistico di questi luoghi incontaminati, rendendoli più accessibili con nuove vie di comunicazione e aumentando la quantità e la qualità dei servizi offerti.

Ciò si sta già traducendo in un numero sempre maggiore di posti di lavoro creati grazie all’apertura di piccoli alberghi, bed&breakfast, agriturismi, locande, trattorie, negozi di souvenier e quant’altro, e tutto contribuisce al graduale innalzamento del reddito medio della popolazione autoctona. A Qiunatong, visita alla locanda di A Bai Tra coloro che hanno visto cambiare radicalmente la propria vita grazie all’industria del turismo c’è A Bai, proprietario di una locanda nel villaggio di Qiunatong. A Bai ha cominciato quasi per caso a ricevere turisti a casa sua nel 2005; poi, pian piano, ha trasformato la sua abitazione in una locanda, ampliandola e ristrutturandola più volte. In questi ultimi anni ha potuto far conoscere sempre più la propria struttura ricettiva lavorando così bene in internet da diventare una piccola star tra i turisti che hanno visitato o intendono visitare questi luoghi. Nei giorni trascorsi nella locanda di A Bai, ho assaggiato e capito come si prepara un piatto tipico locale, la “shiban baba”, una sorta di focaccia di grano saraceno cotta su pietra. A Bai mi ha spiegato che “la ricetta è molto antica, c’è chi dice che sia giunta a noi dall’età della pietra”. La gente del posto è solita mangiare la “shiban baba” a colazione insieme alla carne di maiale affumicata o farcita con vari tipi di piante e radici raccolte nei boschi delle vicine montagne. Insieme ad A Bai sono anche salito su una di queste montagne, dove mi ha mostrato come i locali vanno in cerca di tartufi...

“Qui non usiamo i cani per trovarli”, ha detto A Bai stupito quando gli ho raccontato che noi in Italia abbiamo invece i cani da tartufo. I Nu conoscono a menadito le proprie montagne e intercettano i tartufi semplicemente osservando le caratteristiche del terreno, basandosi sul livello di compattezza del suolo. “I punti migliori dove cercare? Quelli dove la terra appare più morbida” mi ha confessato. La raccolta di funghi, tartufi e altri prodotti del bosco è sempre statauna delle principali fonti di redditodei contadini di qui. Nella Valle del Fiume Nujiang la terra coltivabile è piuttosto scarsa e la sola produzione agricola non sarebbe infatti sufficiente alla sussistenza. Con la crescita del turismo anche la domandadei prodotti del sottobosco tipici del posto è cresciuta notevolmente, è un altro volano al generale rilanciodell’economia locale. A Shuangla, il signor Li Hanliang e la musica tradizionale dell’etnia Nu L’ultima tappa del mio viaggio è stato il villaggio di Shuangla, dove ho avuto la fortuna di conoscere il signor Li Hanliang, un sessantacinquenne che è tra gli ultimi eredi della cultura tradizionale della minoranza Nu.

Sin da ragazzo il signor Li ha imparato a suonare gli strumenti musicali della sua minoranza e ha appreso le canzoni tradizionali, che oggi tramanda ai più giovani, insieme alla lingua dei Nu, affinchè il patrimonio culturale della sua etnia non finisca nell’oblio. Il maestro mi ha insegnato a impugnare il muhu, uno strumento tradizionale simile al violino, ma a due corde, e mi ha spiegato come suonare alcune semplici note su un muhu da lui stesso costruito. “La corda interna è il do, quella esterna il sol”, diceva, producendo i diversi suoni. “Muovi l’archetto in questo modo, avanti e indietro”, continuava a spiegare con grande pazienza. “Senti? Do, sol, do, sol, do, sol...”, ripeteva correggendo la posizione delle mie mani. “Non far strusciare l’archetto sul legno - ha aggiunto, come sorridendo affettuosamente con gli occhi - altrimenti le note non escono”.

Mi ha fatto ascoltare alcune canzoni della sua minoranza etnica, e l’ipnotica melodia prodotta dal muhu ha guidato il mio pensiero mentre attraversavo le rughe scolpite sul suo volto, scendevo il fianco della montagna o sorvolavo le acque del Fiume Nujiang fino a raggiungere la vetta dorata del ghiacciaio Meili, nell’immaginazione sospeso in aria tra le note e l’azzurro del cielo.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica