In Svizzera è emergenza coronavirus, ma senza il lockdown

Le autorità elvetiche hanno chiuso le attività non ritenute essenziali, ma non c'è l'obbligo di rimanere a casa: Berna getta un occhio alla salute ed uno all'economia, mentre si aspetta ancora l'arrivo del picco dei contagi

In Svizzera è emergenza coronavirus, ma senza il lockdown

Al di là delle nostre frontiere la situazione non va meglio: in Svizzera ad esempio, contagiati e vittime crescono ogni giorno di più. Certo, nei cantoni elvetici non si sta vedendo lo stesso disastro maturato in Lombardia, ma più di 18.000 contagiati e 536 morti in un Paese che conta 8.6 milioni di abitanti sono davvero troppi.

Eppure, le autorità di Berna non hanno optato per il lockdown. La vita, seppur con molte restrizioni, va avanti. E basti pensare ad esempio che a Ginevra domenica prossima si terranno le elezioni municipali, un evento che oltre a richiamare decine di persone ai seggi ha anche comportato la prosecuzione dei comizi pure nel momento in cui il coronavirus si faceva largo in città.

Segno del fatto che gli svizzeri non hanno l’obbligo di rimanere a casa, non c’è quindi l’ordine perentorio di vivere all’interno della propria abitazione e di uscire soltanto per motivi improrogabili. Il governo elvetico confida sul senso di responsabilità della popolazione, mandando avanti più che altro delle raccomandazioni volte a non creare assembramenti. Dunque, evitare di passeggiare in gruppo e dare vita a raduni che comportino la presenza di più di cinque persone.

Per il resto però, è possibile ad esempio fare una passeggiata anche poco lontano da casa oppure, come nel caso sopra riportato di Ginevra, partecipare ad una vita sociale seppur modesta e ridimensionata per via delle esigenze legate al Covid-19.

Ed il governo elvetico, come riportato dal Corriere della Sera, sembra in qualche modo apprezzare l’atteggiamento dei propri cittadini in relazione alla guerra al virus. La domanda sorge quindi spontanea: qual è la ratio che ha guidato gli svizzeri ad intraprendere questo percorso? Il modello adottato da Berna sembra un po’ a metà strada tra quello della chiusura totale italiana e quello, al contrario, dell’apertura totale svedese.

Bar, negozi, ristoranti sono chiusi, così come ogni genere di attività ritenuta non essenziale e questo vale per tutti e 26 i cantoni della confederazione. Quindi anche qui l’obiettivo è evitare assembramenti e fare in modo che non vengano avviate manifestazioni, quali concerti ed eventi sportivi, in grado di richiamare migliaia di persone in uno stesso posto. Inoltre, le frontiere l’8 marzo scorso sono state chiuse e la stessa mobilità interna alla Svizzera appare fortemente limitata con cancellazioni di treni e bus in grado di collegare le principali città del Paese.

Dunque le misure stringenti non mancano, in alcuni casi i cantoni le hanno anche inasprite come ad esempio nel Ticino, lì dove gli over 65 non possono assolutamente mettere piede fuori casa. Tuttavia, come detto, la vita sociale agli svizzeri non è stata del tutto preclusa. Secondo il governo di Berna, anche durante l’emergenza occorre dare buttare un occhio anche al dopo, a quando cioè tornerà la normalità.

È quasi come se quella “fase 2” di cui ha parlato Giuseppe Conte nell’ultima sua conferenza stampa, in Svizzera fosse stata applicata già dall’inizio. Impossibile, secondo il governo di Berna, annullare del tutto la vita delle persone e l’economia: al fianco delle restrizioni, occorre tenere acceso, seppur al minimo, il motore della società e delle attività economiche.

Le misure fin qui prese dalla Svizzera, dovrebbero durare fino al 19 aprile ma il governo ha già fatto intendere che verranno prolungate almeno fino a fine mese. Ed il Paese stringe quindi i denti: la curva dei contagi non è ancora in discesa, forse il picco potrebbe arrivare a giorni, ma tutto da questo punto di vista rimane all’interno della categoria delle incognite. Nel frattempo si cerca di vivere in quegli spazi ancora rimasti aperti, le elezioni di Ginevra domenica saranno, secondo la prospettiva del governo, anche un modo per distrarsi.

Ma l’epidemia in Svizzera ha anche alimentato numerosi dibattiti politici sul futuro che deve intraprendere la confederazione. Il fatto che i principali focolai del virus siano presenti nelle città in cui è più alta la presenza di personale straniero, tra tutte la stessa Ginevra e Zurigo, ha posto la questione del massiccio ricorso all’uso di manodopera straniera per mandare avanti le attività principali.

I confini sono ad esempio chiusi, tuttavia è impossibile al momento lasciar fuori i transfrontalieri senza i quali risulterebbero gravemente ridimensionate le stesse attività sanitarie.

E c’è chi punta il dito proprio su questo: dover lasciar passare quei lavoratori che ogni giorno ad esempio arrivano dalla Lombardia, tra le regioni più colpite dal Covid-19 a livello europeo, ha dato un forte senso di insicurezza alla popolazione. In futuro, non è detto che la Svizzera possa non rivedere il suo sistema economico.

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