I tamburi della propaganda jihadista battono all'unisono contro Israele

Una campagna mediatica chiede il massacro degli ebrei. Più di dieci i video pubblicati dall'Isis in pochi giorni

I tamburi della propaganda jihadista battono all'unisono contro Israele

Procede a un ritmo di un paio di video al giorno la campagna mediatica che il sedicente Stato islamico ha scatenato contro Israele, chiedendo di "massacrare gli ebrei" e mettendosi di traverso rispetto a una nuova ondata di violenze che va avanti ormai da settimane e che in molti hanno già ribattezzato come una nuova Intifada.

I tamburi della propaganda jihadista battono all'unisono, dalla Siria e dall'Iraq, territori dove si sono ricavati una parvenza di Stato e hanno dichiarato un Califfato a giugno dello scorso anno, ma anche dallo Yemen, dove la loro presenza è di tutt'altro spessore e un'altra guerra è in atto, su cui l'attenzione della stampa internazionale si concentra molto meno di frequente.

La strategia messa in campo dall'Isis non è una novità. In più occasione i jihadisti hanno fatto quadrato già nei mesi scorsi, concentrandosi su un unico tema e pubblicando una raffica di video in pochi giorni. È successo quando a occupare le prime pagine era il flusso di profughi dalla Siria, una fuga generale in netto contrasto con quella immagine di uno Stato funzionante e forte contro i "Crociati" che l'Isis vorrebbe dare di sé.

È successo ancora quando le voci su un'alleanza con gli Shabaab somali si sono fatte più insistenti, così come i video che chiedevano loro di dichiarare fedeltà ad Abu Bakr al-Baghdadi, seguendo quella stessa trafila che ha portato gruppi come gli egiziani di Ansar Bayt al-Maqdis e i nigeriani di Boko Haram a far causa comune con il "Califfo".

Un fotogramma di un video dell'Isis con una veduta di Gerusalemme dall'alto
Un fotogramma di un video dell'Isis con una veduta di Gerusalemme dall'alto

Oggi a occupare le bacheche dei sostenitori dell'Isis è quanto succede in Israele e in Palestina. Che a realizzare i video siano gruppi legati all'Isis ad Aleppo, sull'Eufrate o nella regione yemenita dell'Hadramawt, il messaggio è il medesimo: si devono attaccare gli israeliani. Non solo. Non ci si deve fidare delle autorità palestinesi, siano esse la leadership islamista di Gaza o Abu Mazen in Cisgiordania.

Già in passato i jihadisti dell'Isis non sono stati teneri neppure come Hamas, come non lo sono con altre organizzazioni islamiste che non condividano in pieno la loro visione del "jihad" e il cocktail di iper-violenza che ormai ne è un tratto distintivo.

E se in Palestina non esiste una fazione che sia apertamente schierata con il sedicente Stato islamico e riconosciuta da al-Baghdadi, allora la campagna in atto sembra servire a un duplice scopo: fomentare l'odio contro Israele e attrarre consensi per gli estremisti di Raqqa.

@ACortellari

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