Così il terrorista di Istanbul evitò l'estradizione. E ora comanda nell'Isis

Un terrorista, probabilmente a capo della rete cecena dell'Isis in Europa, non venne fatto estradare in Russia forse anche grazie agli appelli di Amnesty

Così il terrorista di Istanbul evitò l'estradizione. E ora comanda nell'Isis

Sulla testa di Ahmed Redjapovic Chataev, presunto terrorista ceceno, pendeva, e probabilmente pende ancora, un mandato di cattura dell'Interpol richiesto dalla Russia. Egli sarebbe un vero e proprio stratega del terrorismo. Era ancora il 2010 quando in primo grado venne presa la decisione di estradare Chataev, ma una corte d’appello l’annullò. Chatev, infatti, era possessore dello status di rifugiato in Austria, nazione con la quale la Bulgaria avrebbe avuto un accordo di riammissione. Sempre durante lo stesso anno, anche Amnesty International si prodigò affinche Chataev non venisse estradato. Questo il comunicato rilasciato sul sito dell'organizzazione che tanto pare essere stata funzionale alla mancata estradizione.

Chataev, però, è un nome che oggi torna prepotentemente d'attualità. Sì, perchè oltre ad essere considerato la mente dietro l'attentato terrorista che uccise 44 persone ad Istanbul, si è ormai scoperto che Chataev dalla Georgia si è spostato in Siria, a combattere con e per l'Isis. Non estradato nel 2011, dunque, protagonista dell'attentato ad Istanbul del 2016 ed ora fine e stratega, non semplice miliziano, al servizio di Daesh. Ahmed Redjapovic Chataev, scrive l'Agi, è considerato: "un dirigente dell'Isis". E ancora: "Avrebbe al suo comando 130 miliziani militanti al suo comando e secondo le fonti di intelligence russe avrebbe un ruolo di primo piano nella preparazione di cellule terroristiche da inviare in Russia e in Europa. E' conosciuto come "l'uomo con un braccio solo", nome di battaglia che ha due diverse spiegazioni: a suo dire, le torture subite in un carcere russo gli avrebbero provocato l'amputazione dell'arto, ma secondo altre fonti si sarebbe trattato di un incidente". Ovvio che in queste ore successive all'attentato a San Pietroburgo il suo nominativo sia tornato d'attualità sui alcuni media, specie quelli non arrendevoli dinanzi questa presunta tutela.

A bloccare l'estradizione in Russia del terrorista, poi, segnala questo pezzo, fu anche la Corte europea dei diritti dell’uomo. Sulla decisione avrebbero influito proprio gli appelli di Amnesty International. Questa organizzazione comunque, dice l'articolo citato, commentò dichiarando “Vittoria”. Adesso il nome di Chataev è associato al probabile coordinamento "della rete cecena in Europa del califfato". In caso, insomma, si sarebbe evitata l'estradizione di una delle possibili menti dietro l'attentato in metropolitana di qualche giorno fa. Mentre in merito si ricostruiscono dinamiche e si fanno ipotesi, difatti, comincia ad emergere l'ipotesi per cui sia stato proprio l'Isis l'artefice dell'ennesimo atto terroristico. Amnesty, in definitiva, si distinse all'epoca per la protezione del terrorista in questione, ponendo l'accento sul fatto che il reato di tortura dovesse essere perseguito ed il torturato tutelato, prescindendo dal crimine imputato. Qui il comunicato in merito in cui si legge: "Amnesty International continuerà il suo lavoro per una campagna contro l’uso della tortura in ogni circostanza; a prescindere dal presunto crimine".

Oggi potrebbe venire fuori che Chataev è stato responsabile anche dell'attentato a San Pietroburgo. "La principale indiziata per la per gli attentati in Turchia e in Russia", scrive ad esempio Eugenio Palazzini, sarebbe proprio la rete cecena del califfato: "Un network di micidiali terroristi che tra Siria e Iraq conta circa 5000 combattenti e a Mosul sta guidando l’ultima resistenza jihadista contro l’esercito governativo iracheno.

Nel Caucaso lo scorso anno fu sempre una fazione cecena islamista a compiere un attacco contro le postazioni dell’esercito russo, assaltando mezzi militari a suon di bombe". Verrebbe da chiedersi se questa tutela prodigata da Amnesty debba essere proprio estesa a tutti.

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