Tribù africane alla Germania: "Paghi per stragi dell'epoca coloniale"

Gli Herero e i Nama rinfacciano al Governo tedesco le stragi perpetrate in Namibia agli inizi del Novecento

Tribù africane alla Germania: "Paghi per stragi dell'epoca coloniale"

Le tribù degli Herero e dei Nama hanno citato in giudizio la Germania davanti a una Corte federale di New York. Obiettivo dei nativi è ottenere dalle autorità di Berlino un risarcimento per le stragi compiute in Namibia dall’esercito coloniale del Kaiser Guglielmo II. Tra il 1904 e il 1908, le truppe di stanza nell’Africa sudoccidentale, all’epoca possedimento tedesco, uccisero oltre 100mila persone di etnia Herero e Nama. Le associazioni nate per preservare la memoria di quell’evento hanno definito tale massacro “il primo genocidio del Ventesimo secolo”.

Vekuii Rukoro, “Grande capo” Herero, Johannes Isaack, leader Nama, e Barnabas Veraa Katuuo, presidente della American Association of the Ovaherero Genocide, hanno avviato, a nome di tutti i discendenti delle vittime, una causa davanti al giudice distrettuale Laura Taylor Swain, diretta a ottenere dalle autorità di Berlino scuse ufficiali e un “equo indennizzo”. La delegazione africana sostiene che la magistratura Usa sia competente a decidere sulla vicenda in virtù delle disposizioni del Foreign Sovereign Immunities Act. Tale normativa attribuisce ai giudici federali il potere di sottoporre a processo Governi stranieri e di condannare questi ultimi a risarcire i soggetti che lamentano lesioni di diritti. Per il momento, le associazioni dei discendenti delle vittime non hanno fornito dettagli sulla somma pretesa quale riparazione per le sofferenze inflitte dalla Germania agli indigeni namibiani. La Corte distrettuale non si è ancora dichiarata competente a decidere sulla vicenda e ha rinviato sine die l’udienza preliminare.

Secondo i promotori della causa, le autorità di Berlino, dopo avere massacrato gli Herero e i Nama, avrebbero espropriato le terre dei nativi africani. I proventi derivanti dalla vendita dei beni delle tribù sarebbero stati impiegati dai funzionari del Kaiser per l’apertura di diversi negozi a New York. I Governi tedeschi del passato avrebbero ricavato profitti anche dal commercio degli scheletri degli indigeni uccisi. Teschi e ossa dei Namibiani, infatti, sarebbero stati venduti da Guglielmo II al Museo americano di Storia naturale. Kenneth McCallion, avvocato della delegazione africana, ha affermato: “Molti esercizi commerciali di New York sono stati aperti dal Governo tedesco grazie al bottino del massacro degli Herero e dei Nama. Il Foreign Sovereign Immunities Act attribuisce alla giustizia americana la competenza a condannare gli Stati che gestiscono attività economiche in violazione dei diritti fondamentali delle persone. I negozi di proprietà tedesca a New York sono il frutto della massima violazione dei diritti umani: il genocidio. È tempo che i discendenti dei nativi sterminati ottengano dalle autorità di Berlino gli stessi risarcimenti disposti in passato a vantaggio dei sopravvissuti all’Olocausto. La Cancelliera Merkel, inoltre, deve rivolgere agli eredi delle vittime scuse ufficiali”.

La Germania ha esortato la magistratura Usa ad attenersi fedelmente al principio dell’immunità processuale degli Stati. Jeffrey Harris, difensore dell’Esecutivo tedesco, accusa i promotori della causa di non essere riusciti a dimostrare “in maniera inequivocabile” il nesso tra le razzie avvenute nell’Africa sudoccidentale e gli esercizi commerciali aperti a New York dai funzionari del Kaiser: “La magistratura americana non è competente a decidere sulla vicenda. Il legame tra le espropriazioni disposte ai danni delle tribù namibiane e gli interessi economici tedeschi a New York non è stato provato in maniera inequivocabile dai discendenti delle vittime. Quanto agli scheletri esposti al Museo americano di Storia naturale, questi non sono stati venduti dal Kaiser, ma sono stati donati all’ente culturale dall’antropologo Felix von Luschan”. Secondo il legale, inoltre, tra il 1904 e il 1906 non si sarebbe verificato alcun “genocidio” in Namibia: “Le stragi ordinate nei confronti delle tribù del Sudovest dell’Africa non possono essere equiparate ai genocidi avvenuti durante la seconda guerra mondiale o durante la dissoluzione della ex Jugoslavia. Non ci sono prove del fatto che le uccisioni facessero parte di un preciso piano di pulizia etnica elaborato dal Governo tedesco dell’epoca”.

Nel 2001, la Corte distrettuale della “Grande mela” aveva rigettato senza indugi le richieste degli attivisti africani, riconoscendo alla Germania l’immunità processuale.

Oggi, lo stesso organo giudiziario ha adottato un atteggiamento possibilista. Il fatto che Laura Taylor Swain non si sia immediatamente dichiarata incompetente alimenta le speranze degli Herero e dei Nama di ottenere giustizia per i propri antenati.

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