Donald Trump a difesa del drappo a stelle e strisce: “Carcere e perdita della cittadinanza per chi brucia la nostra bandiera”. E, come ormai gli capita da qualche tempo, con un solo tweet riaccende un antico e aspro dibattito tra i democratici e i conservatori, che si trascina dalla seconda metà del secolo scorso e, allo stesso tempo, mette alle corde i liberal.
Il riferimento, nemmeno troppo velato, è a quei manifestanti che sono scesi in piazza all’indomani della vittoria elettorale riportata dal tycoon su Hillary Clinton e che, per protesta, hanno dato alle fiamme lo Stars and Stripes proprio mentre Trump faceva appelli alla concordia nazionale. In un tweet, il presidente eletto ha espresso con chiarezza la sua posizione: “A nessuno dovrebbe essere permesso di bruciare la bandiera, e per chi lo facesse dovrebbero esserci sanzioni come la perdita della cittadinanza o il carcere per un anno”.
Attualmente, dare alla fiamme la bandiera non è più reato negli Usa. Come riporta Politico.com, tra il 1989 e il 1990 la Corte Suprema riconobbe, con diverse sentenze, il diritto di libertà d’espressione anche nell’oltraggio al massimo simbolo nazionale. E già nel 1958 era stato deciso di abolire la pena della perdita della cittadinanza come sanzione penale, in quanto riconosciuta dai giudici di allora come “crudele e inusuale punizione” in palese contrasto con l’ottavo emendamento. Tutti argomenti che vengono utilizzati dai liberal che si scordano, però, come la stessa Hillary Clinton, nel lontano 2005, si fece promotrice di una legge per la reintroduzione del reato di oltraggio alla bandiera, proposta che poi non ebbe seguito anche se provò a sostenerne un'altra analoga appena un anno dopo, nel 2006.
L'ennesima
contraddizione in seno allo schieramento liberal che finisce per essere colpito, ancora, dal maglio di Trump e che spiega così, ancora più plasticamente, perché gli elettori americani hanno deciso di non sostenere più i democratici.
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