Le domande erano emerse fin da subito. Perché la polizia ci aveva messo così tanto ad arrivare sul luogo dove si stava consumando la strage? Cosa facevano gli agenti tunisini quel giorno, mentre un uomo legato all'Isis prendeva di mira i turisti sulla spiaggia di Sousse, in un massacro che avrebbe portato a 39 morti. Ora che le risposte cominciano ad affiorare, non sono per nulla confortanti.
Ci sono sei uomini sotto accusa per quanto accadde quel giorno, accusati di non avere agito con tempestività e comunque non nel modo che una situazione del genere avrebbe richiesto. Tra le persone al momento detenute c'è il capo della brigata responsabile della sicurezza della spiaggia di Sousse, ma anche altri cinque uomini della polizia.
Sotto accusa c'è anche l'uomo che sparò a Seifeddine Rezgui, in precedenza premiato dal presidente tunisino Beji Caid Essebsi. Il fratello ha rilasciato ieri un'intervista, ricordando come inizialmente le autorità si fossero congratulate "per un lavoro svolto bene". Ma dicendo anche come quel ritardo per arrivare sulla scena, quei 40 minuti senza una risposta, furono la conseguenza di una impreparazione degli agenti, che dovettero tornare a prendere proiettili e giubbotti anti-proiettile.
E il problema non è forse cosa accadde, ma piuttosto le ragioni che stanno dietro.
Il sindacato di polizia ha indetto una protesta contro gli arresti dei colleghi e se la prende con il ministero. Gli uomini che dovrebbero proteggere i tunisini, dicono, sono sottopagati, mal equipaggiati e non ricevono un addestramento adeguato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.