Nell’era di internet e dei social media la censura è più difficile di quel che si pensi e questo Erdogan lo sa bene visto che si è trovato in più occasioni a dover fronteggiarla e senza i risultati sperati, almeno a livello internazionale.
È proprio dai social network che emerge un particolare agghiacciante che, se confermato, rischia di aggravare ulteriormente la posizione di Erdogan e del suo entourage, visto che la Turchia è già stata presa in castagna in più occasioni mentre spalleggiava i jihadisti.
Infatti uno degli inquietanti personaggi barbuti immortalati mentre massacravano i soldati turchi sul Bosforo venerdì notte, era stato segnalato tempo addietro anche a Bakur, nel nord del Kurdistan. Il profilo che ha rilasciato le foto mostra lo stesso elemento mentre imbraccia una mitragliatrice davanti a una bandiera turca e in un’altra immagine vicino a un truck assieme a un altro jihadista attualmente in fase di identificazione. La foto era già stata segnalata da altri utenti, facendo riferimento al soggetto come membro dell’Isis. Cosa ci faceva dunque un macellaio jihadista sul Bosforo venerdì sera? Era lì a massacrare soldati, perché? Sono questi i personaggi che Erdogan ha chiamato per strada in “difesa della democrazia”?
Ennesimo grave elemento all’interno di una Turchia che è nel caos più totale. Se inizialmente si parlava di un golpe organizzato dai militari contro Erdogan, col passare del tempo l’azione di venerdì notte appare sempre più come una sceneggiata e nel frattempo il dossier sulle atrocità commesse dai seguaci islamisti di Erdogan si gonfia sempre di più, mettendo in serio imbarazzo Nato, Unione Europea e Washington.
Ma vediamo alcuni punti che fanno ne dubitare l’autenticità:
- Il golpe viene messo in atto venerdì sera, in pieno luglio, con la gente in strada invece che di notte o alle prime ore del mattino, quando sarebbe decisamente più logico.
- Non viene preso alcun provvedimento restrittivo da parte dei golpisti nei confronti dei vertici dello Stato e di Erdogan che resta libero di rilasciare dichiarazioni col telefonino mentre il suo aereo sorvola ripetutamente lo spazio aereo turco. Alcune fonti affermavano che sarebbe stata bombardata la sua casa dove si trovava in vacanza, ma nessun jet ha pensato di attaccare l’aereo dal quale comunicava e incitava muezzin e seguaci a scendere in strada. Un errore da dilettanti.
- I tre corpi militari (Esercito, Marina e Aeronautica) erano scoordinati e disuniti. La Marina si è subito dissociata, così come la prima linea dell’esercito, mentre aerei ed elicotteri pro e contro Erdogan si sparavano tra loro. L’unione delle forze armate è essenziale per la riuscita di un golpe, anche questo un errore da dilettanti.
- Il presunto tentativo di golpe è durato troppo. O si risolve in poche ore o non è un golpe.
- I soldati hanno mostrato di non sapere cosa fare. Non hanno affrontato adeguatamente i sostenitori di Erdogan e sono apparsi timorosi. Se paragoniamo questo con precedenti colpi di stato in Turchia o con quelli in Cile e Argentina negli anni ’70, ci rendiamo conto che qualcosa non quadra. Del resto sono stati gli stessi soldati a dichiarare che non sapevano di essere coinvolti in un golpe perché era stato loro comunicato che si trattava di un’esercitazione militare.
Andiamo ora a vedere gli ulteriori provvedimenti presi da Erdogan nei confronti degli oppositori e diciamo “ulteriori” perché in Turchia era già da tempo in corso una feroce repressione contro i media, i quotidiani con i rispettivi giornalisti tra cui Can Dundar, direttore del quotidiano di opposizione Cumhuriyet, e il collega Erdem Gul, a processo a Istanbul per lo scoop sul traffico di armi in Siria, condannati a 5 anni e 10 mesi lo scorso maggio. Lo scorso gennaio erano invece stati incarcerati 21 accademici per aver sostenuto il dialogo con i curdi.
La repressione del Sultano
Subito dopo il golpe Erdogan ha intrapreso le seguenti azioni:
- Ha fatto arrestare circa 3000 militari, molti dei quali ammassati all’interno di uno stadio, come ai “tempi d’oro” del Cile golpista. Ha fatto destituire 5 generali e 30 colonnelli.
- Ha fatto arrestare 2745 magistrati non allineati, tra cui 9 della Corte Suprema.
- Ha chiesto l’estradizione dagli Usa di Fetullah Gulen, accusato di essere il regista del golpe ed ha puntato il dito contro Washington che non lo consegna.
- Ha immediatamente fatto rendere inattiva la base aerea di Incirlik, arrestandone l’ufficiale responsabile, accusato di “tradimento”. Curiosamente è proprio da quella base che partivano i jet che andavano a bombardare le postazioni dell’Isis in Siria. Se consideriamo che la Turchia di Erdogan è stata più volte presa in castagna mentre mandava armi ai jihadisti e curava comandanti dell’Isis nei propri ospedali in territorio turco, la faccenda si fa interessante.
- Ha chiesto di ripristinare subito la pena di morte.
I numeri di arrestati, feriti e morti sono plausibilmente destinati a crescere. Nel frattempo nelle strade i seguaci di Erdogan, molti dei quali in tunica e barba lunga, guidavano facinorosi che massacravano i militari al grido “allahu akbar”. Scene raccapriccianti, con militari inermi riversi in un lago di sangue. Uno di loro, secondo fonti britanniche, sarebbe anche stato decapitato. Il video è apparso in rete ed è stato rilanciato su diversi siti.
Le foto sono agghiaccianti, personaggi che brandiscono coltelli, mazze, cinghie e machete, altri che si fanno fotografare tronfi vicino a corpi di soldati insanguinati. Ovviamente tutto nel rispetto dell’ordine democratico.
Chi ha beneficiato di questo tentato golpe che appare più come una grande sceneggiata? La situazione è paradossale perché sono proprio i provvedimenti di Erdogan a sembrare golpisti, assieme alle atrocità commesse dai suoi seguaci.
Ora vediamo per quanto ancora l’Unione Europea e l’amministrazione Obama potranno continuare a far finta di niente e a citare un “rispetto dell’ordine democratico” che in Turchia è andato a “farsi benedire” da un bel pezzo.
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