"Respingiamo categoricamente la pena di morte”. “Un paese che ha la pena di morte non può essere membro dell'Ue". Sono le dichiarazioni durissime pronunciate dal portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel, Steffen Seibert, che attacca così il presidente turco Erdogan, all’indomani dell'annuncio di una probabile reintroduzione della pena capitale nel Paese contro i golpisti e gli oppositori politici.
La svolta autoritaria di Ankara non piace a Berlino, e neppure a Bruxelles, che in queste ore sarebbe pronta a sacrificare il futuro dei negoziati di adesione di Ankara all'Unione Europea, se venisse introdotto un provvedimento del genere. "Una nazione che ha la pena di morte non può essere membro dell'Ue", ha infatti ribadito il portavoce della cancelliera durante un briefing con la stampa.
“Il popolo chiede la pena di morte per i colpevoli del fallito golpe e noi non possiamo ignorare questa richiesta", aveva infatti annunciato dopo i funerali delle vittime del golpe fallito, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che aveva promesso di voler discutere con l’opposizione la proposta di reintroduzione della pena capitale. "In una democrazia le decisioni sono assunte sulla base di quello che vuole il popolo”, aveva quindi spiegato Erdogan, aggiungendo che una decisione in questo senso deve essere raggiunta in fretta "perché in questo Paese, chi lancia un golpe deve pagarne il prezzo". ''C'è un chiaro reato di tradimento'', ha ribadito Erdoga alla Cnn in un'intervista in cui non esclude il ritorno della pena di morte ''naturalmente da una decisione parlamentare''. "Io come presidente approverò qualsiasi decisione emerga dal Parlamento".
Frasi che non sono piaciute alla Germania, che ha chiesto, inoltre, di “mettere fine alle rivoltanti scene di vendetta e giustizia arbitraria" che si sono verificate nelle ore immediatamente successive al tentativo dei militari di prendere il potere, invitando il governo di Ankara a rispondere in modo “proporzionato” agli eventi in corso nel Paese, in cui continuano gli arresti e la rimozione dall’incarico di migliaia di militari, giudici ed amministratori locali. Compresi 7.850 poliziotti, costretti dal governo, nelle ultime ore, a riconsegnare armi e distintivo.
L’altolà ad Erdogan è arrivato anche da Bruxelles, dove l'Alto rappresentante per gli Affari Esteri e la Sicurezza, dell’Ue, Federica Mogherini, ha affermato in una conferenza stampa con il segretario di Stato degli Usa, John Kerry, che se la Turchia reintrodurrà la pena di morte, l’Unione è pronta a sospendere tutti i negoziati con il Paese. Il tentativo di colpo di Stato in Turchia, ha detto la Mogherini, non deve essere “una scusa per allontanare il Paese dai diritti fondamentali e dallo stato di diritto". "La Turchia”, ha ricordato inoltre l’alto rappresentante, “è un membro importante del Consiglio d'Europa e come tale è vincolata dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che è davvero chiara sulla pena di morte". Il capo della diplomazia europea ha quindi sottolineato la necessità che la Turchia “rispetti la democrazia, i diritti umani e le libertà fondamentali".
Intanto, sui cieli turchi continuano i pattugliamenti dei jet da combattimento che stanno sorvolando lo spazio aereo sopra Ankara ed Istanbul. Erdogan ha, inoltre, vietato agli elicotteri militari di decollare da Istanbul, annunciando che qualsiasi elicottero dell'esercito si alzi in volo sopra Istanbul, verrà abbattuto.
Anche Wikileaks, infine, ha attaccato il governo turco, criticandone la dura reazione al tentativo di colpo di Stato militare, annunciando via Twitter la pubblicazione di una serie di documenti sulla struttura del potere in Turchia. "Preparatevi a combattere, poiché pubblicheremo oltre centomila documenti sulla struttura del potere politico in Turchia", ha twittato l’organizzazione dal proprio account sul social network.
Il segretario di Stato americano, John Kerry, che è a Bruxelles per partecipare alla riunione dei ministri degli Esteri dell'Unione Europea, ha poi affermato che "la Nato richiede il rispetto della democrazia" annunciando che "il livello di vigilanza e attenzione" dell'Alleanza Atlantica, riguardo il rispetto dei principi democratici "sarà ovviamente significativo nei prossimi giorni" e che la Nato "seguirà gli sviluppi della situazione". "Sosteniamo la leadership eletta in Turchia ma invitiamo il governo turco a mantenere la calma e la stabilità nel Paese, e a rispettare le istituzioni democratiche e lo stato di diritto", ha quindi aggiunto il segretario di Stato Usa. Inoltre, se in un primo momento il Washington Post aveva riportato che il capo della diplomazia americana avesse addirittura messo in dubbio la permanenza della Turchia nella Nato dopo l'ondata di arresti seguita al tentato golpe di venerdì notte, l'ambasciata americana ad Ankara ha però smentito le dichiarazioni attribuite a Kerry dal quotidiano statunitense. Un alto funzionario dell’ambasciata avrebbe, infatti, dichiarato al Daily Sabah che il segretario di Stato americano non si sarebbe affatto espresso sulla questione della membership turca nella Nato. Per il quotidiano, che cita lo stesso funzionario diplomatico, “non ci sono state dichiarazioni che indicano che gli Stati Uniti ritengono che la Turchia corra rischi in questo senso”. Il funzionario ha continuato, quindi, affermando che la Turchia resta un alleato chiave degli Stati Uniti, della Nato e dell’Europa.
Il Consolato generale degli Stati Uniti in Turchia ha però fatto sapere che nel pomeriggio sono previste proteste attorno alle proprie sedi diplomatiche, invitando i cittadini statunitensi a stare lontani dall’area. I rapporti tra Ankara e Washington risultano, infatti, tesi, sin dalle ore immediatamente successive al tentativo di colpo di Stato. La Turchia ha chiesto agli Stati Uniti, l’estradizione di Fethullah Gulen, il nemico numero uno del presidente turco ritenuto organizzatore e responsabile del tentato golpe, che attualmente vive in Pennsylvania. Ma Washington ha fatto sapere che non intende concederla, se non a fronte di “prove” legali. Così il premier turco, Binali Yildirim, è arrivato addirittura ad affermare, nelle scorse ore, che se l’estradizione dello studioso e leader islamico non venisse concessa, "potrebbero esserci anche dubbi sull’amicizia tra Usa e Turchia". Poco fa lo stesso Yldirim ha però rettificato, dicendo che gli Usa restano un Paese “amico e un partner strategico".
A chiarire ulteriormente lo stato dei rapporti tra Turchia e Nato è intervenuto nella serata
di lunedì un funzionario turco, il quale ha affermato che, nel corso di una telefonata con il presidente Erdogan, il segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, avrebbe espresso totale sostegno al governo turco.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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