Nella serata di sabato le forze di sicurezza daghestane hanno ucciso Khubaev “Abbas” Yunusovich (23-02-1991), a capo di una nota banda jihadista del Daghestan affiliata all’Isis e autoproclamatosi “emiro dei mujahideen”. Il fatto è avvenuto in una zona boscosa nei pressi di Khasavyurt, nella parte interna del Paese.
Tre giorni prima “Abbas” era già stato intercettato dalle forze di sicurezza, ne era nato uno scontro a fuoco ma era riuscito a fuggire nella foresta. Ieri sera però attorno alle 20:10 il jihadista è stato nuovamente intercettato dagli Spetsnaz che da giorni battevano la zona; ne è nato un nuovo scontro a fuoco nel quale “Abbas” è rimasto ucciso.
“Abbas” Yunusovich era nella “lista nera” dei ricercati federali per l’imboscata a una pattuglia di agenti di polizia avvenuta lo scorso 20 luglio sull’autostrada federale “Kavkaz” nei pressi di Kizilyurt quando il mezzo con a bordo gli agenti veniva affiancato da una Lada che viaggiava nella medesima direzione. I terroristi aprivano il fuoco uccidendo sul colpo due agenti e ferendo gravemente un terzo.
L’attacco veniva successivamente rivendicato dall’Isis mentre gli inquirenti daghestani rendevano noto che i responsabili dell’attacco appartenevano alla medesima cellula che lo scorso maggio aveva fatto saltare in aria il mausoleo del maestro sufi shaykh Afandi al-Chirkawi. Pochi giorni dopo le autorità locali avevano compiuto degli arresti nel villaggio di Endirei.
Secondo fonti locali le operazioni di rastrellamento sarebbero tutt’ora in corso per individuare altri membri del gruppo che potrebbero essere ancora nella zona.
Lo scorso 29 agosto a Toturbiyaka, sempre nei pressi di Khasavyurt, due agenti di polizia erano stati feriti a colpi di pistola mentre presidiavano un posto di blocco. L’attentatore era riuscito a far perdere le proprie tracce.
Il Daghestan continua dunque ad essere teatro di scontri, seppur isolati, tra forze di sicurezza e membri di bande jihadiste che si nascondono nelle zone interne e boscose del Paese.
Obiettivo sistematico dei jihadisti sono gli agenti di polizia e delle forze di sicurezza, una strategia collaudata da anni che ha trovato emulazione anche a Mosca quando lo scorso 23 agosto un 31enne della Kabardino-Balkaria, successivamente identificato come Ranet Kunashev, aveva aperto il fuoco
contro alcuni agenti di polizia in una strada non lontana dal Ministero degli Esteri della Federazione Russa, ferendone uno prima di venire a sua volta abbattuto. In quel caso l’attacco non veniva però rivendicato dall’Isis.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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