Sanzioni europee «di terzo livello» in arrivo per la Russia dal vertice di Bruxelles. Lo ha annunciato ieri sera in conferenza stampa il presidente ucraino Petro Poroshenko, anticipando le dichiarazioni ufficiali che probabilmente arriveranno solo oggi, riflesso della divisione dei Ventotto tra un gruppo di Paesi (in testa quelli orientali guidati dalla Polonia) che premeva per un annuncio immediato di sanzioni severe, mentre molti altri (vuoi perché così facendo ritengono di tutelare i propri interessi economici, vuoi perché giudicano più saggio un approccio prudente alla questione) hanno insistito per un rinvio.
Poroshenko ha denunciato il rischio che l'invasione russa del territorio del suo Paese possa sfociare in un conflitto di più ampie dimensioni e ha chiesto all'Ue un indiretto sostegno militare. La sua presenza al vertice indica con chiarezza la scelta di fondo che l'Unione Europea, pur fra mille cautele e distinguo, ha fatto in merito a quella che è la più grave crisi europea degli ultimi decenni: la posizione assunta da Mosca viene considerata ormai ingiustificabile e un avvicinamento concreto dell'Ucraina sotto attacco russo all'Ue e più in generale all'Occidente è nell'ordine delle cose quale che sia la dose di cautele diplomatiche che si vorranno adottare.
Anche perché il gioco che Vladimir Putin va conducendo in Ucraina è talmente scoperto nella sua tipica ipocrisia in stile Kgb da risultare imbarazzante. Nessuna invasione è in atto - sostiene il leader del Cremlino pensando evidentemente che i servizi segreti occidentali siano tutti composti da dilettanti o da mentitori motivati a devastare i rapporti con la Russia -, noi stiamo solo procurando aiuti umanitari ai russofoni dell'Ucraina dell'est che il governo «fascista» di Kiev tratta da par suo, ovvero utilizzando (parole del presidente russo) gli stessi metodi che usavano i nazisti in Unione Sovietica durante la seconda guerra mondiale. E quindi - ecco il classico riflesso da Kgb - avanti con l'aiuto fraterno in base alla richiesta di aiuto della «repubblica di Donetsk» che non possiamo rifiutare: ieri a Mosca è stata quindi annunciata l'intenzione di organizzare «un ponte aereo umanitario regolare» dalla Russia verso i territori ucraini in mano alle milizie russofone sostenute da migliaia di militari russi. E chiunque pensi che si tratti di un metodo piuttosto rozzo per coprire un'invasione non merita che il disprezzo e le contumelie del Cremlino.
C'è chi si è meritato, per completezza d'informazione, anche di più in questi giorni. Come i comitati delle madri dei soldati russi spediti in Ucraina con l'inganno e lì caduti, che sono stati accusati di essere «agenti stranieri» e come tali saranno processati.
O come il manifestante solitario che venerdì mattina è stato fermato sulla piazza del Maneggio a Mosca perché accusava Putin di «intraprendere una guerra»: si chiama Dmitry Monakhov, qualcuno spenderà una parola in sua difesa? O come, molto peggio ancora, il deputato regionale russo del partito di opposizione Yabloko, che dopo aver reso noto di aver intrapreso indagini sull'invio in Ucraina di parà russi della base di Pskov è rimasto vittima di una brutale aggressione da parte di tre «sconosciuti»: si chiama Lev Schlosberg, ha 51 anni e attualmente è in ospedale con una commozione cerebrale. Dubitare delle intenzioni umanitarie della Russia di Putin in Ucraina può costare caro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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