Vladimir chiede aiuto all’amico Erdogan per iniziare (anche) la guerra del grano

Il Cremlino annuncia restrizioni sulle esportazioni ucraine, il Sultano usa l’assist per regolare altri conti

Vladimir chiede aiuto all’amico Erdogan per iniziare (anche) la guerra del grano

Atene Uno e trino, tra grano, gas e geopolitica. Questo il ruolo sempre più prismatico di Recep Tayyip Erdogan che punta forte sui tre tavoli internazionali dove si sta giocando tutte le sue fiches a partire dal grano, dossier dove incassa un altro dividendo da Mosca. Il presidente russo, Vladimir Putin, annuncia di voler applicare alcune restrizioni sull'esportazione di grano e sementi ucraini verso l'Europa e di volerne discutere con il presidente turco: «Forse dovremmo pensare di limitare l'export di grano e altri alimenti lungo questa rotta ha detto al forum economico di Vladivostok - . Credo proprio che ne parlerò con il presidente turco Erdogan. Dopotutto, siano stati noi a elaborare il processo di esportazione dei cereali ucraini».


Ha osservato che la Russia e il mondo in via di sviluppo sono stati ingannati dall'accordo Onu sul grano, quello mediato dalla Turchia: «Hanno imbrogliato il pubblico e i partner in Africa e in altre regioni che hanno un estremo bisogno di cibo. Affermavano di agire nell'interesse dei paesi in via di sviluppo, ma agivano interamente nel proprio interesse». Per cui, è il ragionamento putiniano, se si punta ad escludere Ankara come paese intermediario, allora quasi tutto il grano esportato dall'Ucraina non viene inviato ai paesi in via di sviluppo più poveri, ma ai paesi dell'Unione europea, ha sottolineato.
Il rinvigorito Erdogan, dunque, usa l'assist russo per regolare gli altri conti in cui è coinvolto, come il dossier energetico. Poco dopo ha detto che la Turchia sarebbe stata libera dai problemi del gas naturale legati al prossimo inverno, se l'Ue non avesse imposto le sanzioni alla Russia per l'invasione dell'Ucraina. «Le nazioni europee stanno raccogliendo ciò che hanno seminato», ha attaccato, aggiungendo che il presidente russo stava solo reagendo alle azioni dell'Europa.


«L'atteggiamento dell'Europa nei confronti di Putin, le sue sanzioni, hanno portato Putin, volente o nolente, al punto di dire: Se fai questo, io farò quello. Sta usando tutti i suoi mezzi e le sue armi. Il gas naturale, sfortunatamente, è uno di questi».


Parole al vetriolo che non abbassano la tensione in una settimana altamente critica, dopo che il Cremlino ha affermato che le forniture di gas russo all'Europa non riprenderanno fino alla revoca delle sanzioni.
Ma non è tutto, perché questo attivismo diplomatico compulsivo ha portato Erdogan prima nei Balcani, a Sarajevo, per investire sul rafforzamento dei legami bilaterali e sul rilancio della cooperazione economica e in seguito a minacciare apertamente la Grecia per l'ennesima volta.

«Potremmo arrivare nella notte all'improvviso» ha incredibilmente dichiarato il presidente turco, scatenando le reazioni di Atene che come è noto, oltre ad essere un membro della Nato, ha un memorandum di intesa con Usa e Francia che prevede l'intervento di Washington e Parigi in caso di attacco esterno. Tre lettere ufficiali di protesta sono state invoate dal Ministero degli esteri greco ai massimi rappresentanti di Ue, Nato e Onu, Josep Borel e Jens Stoltenberg.

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