"Ponte diplomatico". Cosa vuole Zelensky da Putin per la pace

Zelensky apre alla pace coi russi senza la restituzione della Crimea: "Ponte diplomatico se Mosca si ritira sulle posizioni pre 24 febbraio"

"Ponte diplomatico". Cosa vuole Zelensky da Putin per la pace

Una frase che assomiglia tanto a un'importante apertura diplomatica, un riferimento preciso alla data del 23 febbraio, il giorno cioè precedente allo scoppio della guerra, e un non tanto implicito via libera a un compromesso: in tal modo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha aperto alla Russia sullo status della Crimea.

"L'Ucraina - ha dichiarato il capo dello Stato ucraino - sarebbe disposta ad accettare un accordo di pace di compromesso con la Russia se le forze di Mosca si ritirassero sulle posizioni del 23 febbraio". La frase è stata pronunciata durante un intervento in video alla Chatham House, un think tank britannico con sede a Londra che ha invitato Zelensky a parlare a una vasta platea di analisti presenti nella capitale britannica.

Pur non pronunciando mai la Crimea, appare chiaro come il riferimento al 23 febbraio fa intuire un'apertura da parte del governo di Kiev alla possibilità di un compromesso con Mosca sullo status della penisola annessa de facto alla federazione russa nel 2014. Nessun cenno invece sullo status delle Repubbliche del Donbass di Donetsk e Lugansk.

Tuttavia la posizione ucraina sembra adesso maggiormente delineata. Kiev potrebbe "sacrificare" la Crimea, oramai pienamente integrata al territorio russo, in cambio però dell'integrità del resto dei suoi territori. Lo ha ribadito lo stesso Zelensky, affermando come "nel 2019 io sono stato eletto presidente dell'Ucraina, non di una mini Ucraina". In poche parole, niente ridimensionamento territoriale e niente cessioni, in cambio di un nuovo atteggiamento del suo governo sulla Crimea.

Poche ore prima il capo dell'ufficio della presidenza ucraina, Andriy Yermak, ha confermato la possibilità di un dialogo incentrato sullo status della penisola annessa alla Russia otto anni fa dopo le rivolte di Euromaidan a Kiev. "La priorità di Kiev - ha dichiarato in un'intervista rilasciata all'emittente Rbc Ukraine - è finire la guerra e far ritirare i russi almeno alla situazione precedente all'invasione del 24 febbraio".

"Donbass e Crimea sono due questioni impegnative - ha poi aggiunto - che devono essere discusse dai due presidenti. Il presidente dell'Ucraina è pronto a farlo". Lo stesso Zelensky ha parlato di un "canale di dialogo sempre aperto". "Da parte nostra - ha aggiunto il presidente ucraino parlando alla Chatham House - non tutti i ponti diplomatici sono stati bruciati".

La questione dei confini dell'Ucraina

Il punto toccato da Zelensky ha a che fare con il discorso relativo alla composizione delle future mappe della regione. Kiev non ha mai riconosciuto, assieme a buona parte della comunità internazionale, il referendum con cui nel marzo 2014 la Crimea ha scelto la secessione dall'Ucraina e l'annessione poi alla Russia. Una posizione mai cambiata nel corso degli anni e ovviamente al centro degli attuali negoziati tra Mosca e Kiev.

Il Cremlino ha sempre chiesto il definitivo riconoscimento del cambio di status della penisola affacciata tra il Mar d'Azov e il Mar Nero, lì dove vive una popolazione in maggioranza russofona e dove la Russia ha la più importante base navale per l'appunto del Mar Nero. A questa richiesta è stata aggiunta anche quella del riconoscimento dell'indipendenza delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, nell'est dell'Ucraina.

Attualmente l'esercito russo, con l'operazione partita il 24 febbraio, ha esteso il proprio controllo su Kherson, su Mariupol (eccezion fatta per l'acciaieria Azovstal) e su tutta la costa ucraina del Mar d'Azov. Da qui la possibilità di un compromesso che aleggia nelle cancellerie internazionali: ossia la spaccatura dell'attuale territorio ucraino, la cessione di porzioni di esso alla Russia, in cambio del mantenimento dello Stato ucraino nelle zone dove Kiev ha respinto i russi (l'area della capitale e le regioni settentrionali) e nelle regioni occidentali.

Come detto, per il momento Zelensky potrebbe essere disposto a trattare solo sulla Crimea. Il riferimento a una "mini Ucraina" da lui stesso paventato, non è stato casuale.

Per Kiev potrebbe essere accettabile la perdita della sola penisola, ma non delle altre aree. Sotto il profilo politico, l'apertura del presidente ucraino potrebbe comunque rappresentare un primo punto di accordo con i russi. Ma è ancora presto per parlare di svolta diplomatica.

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