Montezemolo al governo: agite, ma non cancellate le riforme del Polo

«La legge Biagi va solo completata, la delega ambientale non si tocca e neppure quella fallimentare. La ripresa si coltiva con decisioni coraggiose: il taglio contributivo non può essere selettivo»

Stefano Filippi

nostro inviato a Venezia

Luca di Montezemolo arriva a Venezia all'ora del tè, si aggiusta i capelli scombinati dal vento che soffia forte al porto passeggeri, sorride mentre entra nel salone del terminal 103 dove è riunita l'assemblea dell'Unione industriali della Serenissima. Ma le cicatrici di Vicenza non sono ancora rimarginate e nemmeno la meno «nordestina» delle platee imprenditoriali venete gli tributa un'accoglienza convinta, almeno all’inizio. Due settimane fa l'assemblea degli industriali di Verona segnava il ritorno di Montezemolo nel Nordest dopo le contestazioni vicentine, e il presidente di Confindustria aveva sgridato apertamente il pubblico «freddino» che l'aveva poco applaudito. Qualche giorno dopo toccava all'assemblea degli imprenditori berici, e Montezemolo ha preferito evitare l'appuntamento.
Quello di ieri era un pubblico atipico. Venezia è una città da sempre amministrata dal centrosinistra, dove le grandi imprese (come quelle chimiche) sono più presenti che altrove nel Nordest dominato dalle piccole aziende: ma anche questo è stato un benvenuto tiepido. Niente applausi quando il presidente Fiat scherza annunciando un discorso breve per la partita dell'Italia, «abbiamo bisogno di vincere dappertutto, e in questo momento soprattutto nel calcio». Niente battimani quando critica «qualche esitazione di troppo del governo, più impegnato nello spacchettamento dei ministeri che nell'affrontare di petto i problemi reali». Niente neppure quando torna a rimproverare all'esecutivo Berlusconi «cinque anni di occasioni perdute».
Soltanto alla fine del suo discorso Montezemolo riscalda l'uditorio con un attacco all'ingerenza delle pubbliche amministrazioni nell'economia: «È ora di finirla con le Province che comprano le autostrade perché è un affare», scandisce riferendosi all'operazione del diessino Filippo Penati di un anno fa a Milano. Altri battimani quando auspica il dialogo tra destra e sinistra sulle riforme: «La riforma federalista contiene aspetti positivi come il superamento del bicameralismo perfetto e la riduzione del numero dei parlamentari. Ma qualunque sia l'esito del referendum, i due schieramenti devono prendere l'impegno formale e trasparente ad avviare subito dopo il 25 giugno un processo condiviso di revisione costituzionale».
Gli applausi più forti arrivano quando il presidente di Confindustria esalta il ruolo delle nostre forze armate. «Esprimo tutto il mio affetto per i nostri soldati - esclama - soprattutto ora che abbiamo sentito voci discordanti. Siamo un Paese dalle grandi eccellenze che sa vincere le sue sfide, fa piacere girare il mondo e vedere brillare i nostri marchi, ma siamo orgogliosi anche dei ragazzi che tengono alto l'onore e l'immagine dell'Italia nelle missioni di pace, molti dei quali lasciandoci la vita. A loro va tutta la nostra riconoscenza».
Introdotto da Antonio Favrin, presidente di Unindustria Venezia, e dall'ex cancelliere tedesco Helmut Kohl, Montezemolo ripete i punti elencati sabato a Santa Margherita Ligure, comprese le critiche al governo Prodi sulle «esitazioni nel fare», sulle «assurdità di contrapporre l'interesse delle imprese all'interesse dei lavoratori, come ha fatto qualche nuovo ministro», soprattutto sulla frenesia controriformista: «Con tutto quello che c'è da fare, non tocchiamo quello che di buono è stato fatto soltanto perché l'hanno fatto gli altri. La legge Biagi va soltanto completata e così la legge del risparmio, la delega ambientale non si tocca e neppure la legge fallimentare. Bisogna agire e sbaglia di grosso chi pensa che la ripresa si coltiva senza decisioni coraggiose».
Anche sul cuneo fiscale, cavallo di battaglia della campagna elettorale di Romano Prodi, Montezemolo ripete che «il taglio contributivo non può essere selettivo, la selezione è un compito da lasciare al mercato perché serve ad aumentare la competitività delle imprese. Sulla ripartizione dei benefici, due terzi alle aziende e un terzo ai collaboratori, condivido quanto ha detto il vicepremier D'Alema». Il numero uno di Confindustria insiste sul lavoro di chi ha più di 55 anni e sulla bontà della riforma pensionistica: «Non è giusto togliere persone così presto dal lavoro. Quanta gente in Ferrari ho dovuto richiamare dalla pensione perché insegnassero ai giovani. Occorre lavorare di più e in più persone.
L'ultimo punto che Montezemolo consegna all'agenda del nuovo governo riguarda il turismo, «un core business per l'Italia che richiede una regìa e una strategia.

Nel 1970 eravamo il primo Paese per attrazione turistica, ora non siamo neppure tra i primi quattro. Eppure Colosseo, Canal Grande e Alpi ci sono ancora. Vuol dire che abbiamo lavorato male». Poi i saluti finali e uno squillante augurio: «Forza Italia». Ora sì che piovono applausi.

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