Monti passa agli americani arruolato da Goldman Sachs

L’ex commissario Ue sarà superconsulente della banca Usa. Con Costamagna e Draghi è il terzo italiano ai vertici dell’istituto

Marcello Zacché

da Milano

Mario Monti ha scelto Goldman Sachs: da ieri l’ex commissario Ue all’Antitrust è stato nominato consulente internazionale della banca d’affari americana. Che così si arricchisce, nelle sue fila, del terzo nome italiano di alto livello, dopo quelli di Claudio Costamagna e Mario Draghi.
Monti entrerà in due comitati: il primo è l’International advisory board europeo, nel quale è chiamato a fornire indicazioni strategiche sulle tematiche legate alla concorrenza. Mentre in Usa Monti sarà membro del Research Advisory Council, il «think tank» politico-economico riservato alle personalità su cui Goldman fa perno per seguire le tendenze. Nessun incarico operativo, dunque, nessun contatto con i clienti. Un ruolo diverso sia da quello di Costamagna, capo della divisione europea di investment banking, sia da quello di Draghi, vicepresidente europeo e membro del management committee, comitato di gestione centrale della banca, a New York.
Va da sé che l’arruolamento di Monti in Broad Street, quartier generale a lower Manhattan della banca fondata da un tedesco, Marcus Goldman, nel 1869, non passa inosservato. E per diversi motivi. Primo fra tutti, a 5 mesi dalle elezioni, il possibile segnale di disimpegno politico: il presidente della Bocconi, economista ed editorialista, è da sempre corteggiato da destra e da sinistra. Non a caso è stato scelto come commissario dal governo Berlusconi nel ’94 e confermato da D’Alema nel ’99. Non ha mai preso posizioni che non fossero dettate, in primis, da una rigorosa logica economica. Ma per la loro criticità nei confronti del governo di centrodestra sono state musica per le orecchie di Prodi. Mentre è noto che Berlusconi rimprovera ai suoi di non aver fatto tutto il possibile per portarlo dalla sua parte fin da tempi non sospetti.
Di recente, con la sua uscita sulle qualità del grande centro, Monti sembrava a un passo dallo scendere in campo. Ora, invece, si tira fuori. Anche se, nello stesso tempo, si «posteggia» nel ruolo più facile da lasciare se il prossimo governo dovesse pensare a lui per una delle due sole possibili chance: ministro dell’Economia (chiuso però a destra da Tremonti, a sinistra da i Ds, che ritengono quella poltrona di loro spettanza) o governatore di Bankitalia. In realtà la scelta di Goldman Sachs ha altre due implicazioni: rischia di spostare Monti definitivamente a sinistra e, nel contempo, di portare il severo sceriffo dell’Antitrust Ue sulla sponda Usa.
Goldman è «un’istituzione storicamente bipartisan» dicono i suoi portavoce: nelle ultime elezioni Usa ha finanziato sia George W. Bush, sia John Kerry. In Italia però, a torto o a ragione, è considerata la grande banca straniera più vicina a Prodi: risale agli anni Novanta il rapporto di consulenza tra la Ase, società della famiglia del leader dell’Unione, e la banca Usa. Il professore entrò poi nello stesso comitato dove ora arriva Monti e i suoi rapporti con Costamagna sarebbero divenuti via via più stretti. Seguì la grande stagione delle privatizzazioni, quando Prodi fu prima presidente bis dell’Iri, poi premier. Come noto si è trattato di una torta da 250mila miliardi di lire che, per le banche d’affari, si è tradotto in commissioni nell’ordine dei 3mila miliardi. Spartite in gran parte tra le maggiori banche Usa (oltre a Goldman, anche Merrill Lynch, Morgan Stanley).
Le stesse banche che poi arruolano alcuni dei protagonisti di quelle operazioni nei loro board: una pratica che lo studioso Vincenzo Ruggiero, nel suo «Delitti dei deboli e dei potenti» (Bollati Boringhieri, 1999) annovera tra le consuetudini del lobbismo anglosassone, più antiche e «sofisticate» di quelle latine.

Così non deve stupire che, proprio in Goldman Sachs, sia andato a lavorare Draghi, potente direttore generale del Tesoro, con ben sei diversi ministri. Ora ci arriva Monti, temuto commissario Ue proprio dagli americani. Ai quali (basta ricordare la vicenda dei sistemi operativi Microsoft in Europa) non ha mai fatto sconti.

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