È uno dei maggiori esperti mondiali di terrorismo e di islam. Le sue analisi sullIrak, lAfghanistan e gli attentati di Al Qaida sono lette con grande attenzione nelle cancellerie non solo occidentali ma anche mediorientali. Olivier Roy, docente allInstitut dHaute Etudes politiques di Parigi e studioso di punta del Cnrs, il centro francese per la ricerca scientifica, commenta con il Giornale lesecuzione di Saddam Hussein.
Olivier Roy, lAmministrazione Bush è convinta che limpiccagione sia stata un «male necessario» per far nascere un nuovo Irak. Lei è daccordo?
«Dietro il plauso di Bush allimpiccagione ci sono tre ragioni. La prima, la Casa Bianca aveva fretta di finirla con lex dittatore, considerati i trascorsi con lui. La seconda: gli americani temevano che se Saddam fosse rimasto in vita sarebbe diventato un eroe tra i sunniti; daltronde lui stesso in tribunale tendeva a presentarsi come una vittima, come linterprete delle sofferenze e delle frustrazioni del suo popolo. La terza: non volevano interferire con la giustizia irachena. Se avesse voluto, Bush avrebbe potuto premere per rinviare lesecuzione, ma ha preferito che fosse il Tribunale di Bagdad a decidere. Tuttavia temo che il presidente americano, che negli ultimi mesi in Irak è sembrato in balia degli eventi, possa avere sbagliato i conti, almeno in parte».
Perché? Lei teme un peggioramento della guerra civile?
«Il rischio è che Saddam Hussein possa provocare più danni da morto che da vivo. Ora è diventato un martire. La gente tenderà a dimenticare i suoi numerosi crimini e a ricordarlo come il leader ucciso dagli sciiti e dagli americani. Verrà esaltato e rimpianto, diventerà un simbolo per i sunniti, fornendo loro una ragione in più per combattere».
Le altre etnie dellIrak escono rafforzate?
«Gli sciiti senza dubbio, ma i curdi non credo. Anzi, Saddam è stato condannato solo per luccisione di 148 sciiti nel 1982, ma il processo per la strage di migliaia di persone nel Kurdistan, iniziato in agosto, non verrà concluso: dunque la verità non verrà mai appurata, perlomeno in unaula di tribunale. Questo alimenterà lindignazione della minoranza curda, che si sente defraudata di un suo diritto».
Quali saranno le conseguenze per il governo iracheno?
«Da un punto di vista giuridico il processo non è stato certo esemplare. Colpisce la rapidità con cui tutto è avvenuto. Limpressione è che il governo iracheno avesse fretta di sbarazzarsi del problema Saddam; ma in tal modo ha proiettato unimmagine di debolezza».
Limpiccagione ha turbato noi europei, ma non gli americani. E gli arabi, e in generale lopinione pubblica musulmana?
«La pena capitale è prevista in tutti i Paesi musulmani e nella maggior parte dei quelli laici. La gente non è scioccata che un uomo possa finire sul patibolo. A turbare non è la pena di morte in sé ma, semmai, il suo significato politico. Per molti arabi Saddam è stato ucciso da un regime sotto occupazione militare, dunque dallinvasore americano. E ciò li indigna più dellimmagine dellex dittatore con la corda al collo».
LIran ha esultato alla notizia. Sono loro i maggiori beneficiari della scomparsa dellex raìs?
«Temo di sì. Saddam era il loro nemico mortale e il simbolo di un Irak dominato dai sunniti. Con la sua morte scompare anche quellIrak. E siccome gli sciiti sono maggioritari nel Paese, ora Teheran ha un margine di manovra molto più ampio. È sempre più influente e può sognare di imporre un Irak sciita».
Il peso crescente di Teheran nella regione preoccupa sempre di più i sauditi.
«Per lArabia, che è sunnita, la morte di Saddam Hussein ha una valenza simbolica molto negativa, proprio in relazione allIran. La prospettiva di un rafforzamento degli sciiti in Irak è catastrofica e probabilmente indurrà il regime di Riad a svolgere un ruolo più attivo nella regione».
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